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2013

Alaska

Nikon D5300 e Nikkor 18-200

Il motto dello stato dell’Alaska è The Last Frontier, l’ultima frontiera. E’ un modo molto evocativo di descrivere l’inospitale terra che ha attirato cacciatori di pellicce, cercatori d’oro, trivellatori di petrolio. Ma anche tanta gente che ama la solitudine e gli spazi sconfinati.

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Anche quest’anno sono partito con Avventure nel Mondo. Si è creato un bel gruppo di dodici persone più o meno coetanee. Un gruppo che si è rivelato affiatato e coeso.

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L’estate in Alaska è piovosa, ma noi siamo stati molto fortunati trovando quasi sempre bel tempo. Personalmente avevo messo in conto di non riuscire a fare almeno un terzo delle escursioni programmate. Invece l’unica cosa a cui abbiamo dovuto rinunciare è stato un volo da Talkeetna per atterrare su uno dei ghiacciai del McKinley. Diciannove giorni, tremila chilometri percorsi in auto. Un’esperienza fantastica in un continuo crescendo di emozioni.

Come sempre troverete man mano le foto su Flickr – ma anche su 500px e su 1x.com. Al momento le ho pubblicate su Facebook con la risoluzione che permette il social network. Però sono visibili da chiunque, senza la necessità di avere un account. Magari caricherò anche qualche video su Vimeo. Stay tuned. Per ora il diario di viaggio.

Il piano voli prevedeva un’alzataccia all’alba per un volo Lufthansa alle sei e mezza del mattino – quindi alle quattro in aeroporto per il check-in! E qui ho odiato Lufthansa. Non so quale mente geniale ha partorito l’improvvida idea di obbligare i passeggeri a farsi da se il check-in tramite dei terminali posti davanti il ritiro bagagli. Ovviamente i passeggeri erano timorosi e perplessi, non sapendo cosa fare. Quale sarà il codice da immettere? Avrò fatto tutto bene? Ricontrollo? I tempi di attesa si sono inutilmente prolungati, con non si è capito quali vantaggi da parte di Lufthansa. Gli addetti al peso del bagaglio c’erano sempre, con in più una povera signorina che doveva fare da supporto ai passeggeri sulle varie postazioni. E visto che i tedeschi si vantano della loro efficenza al ritorno ho scritto una educata mail al loro servizio clienti facendo presente quanto sia stata una pessima idea questa del self check-in. M’hanno pure telefonato due giorni dopo per ringraziarmi della segnalazione!

Comunque, superato questo scoglio tutto è filato liscio: da Fiumicino a Francoforte, da Francoforte a Seattle e finalmente da Seattle ad Anchorage.

Da subito ci siamo resi conto che l’Alaska è una meta molto gettonata per il turismo interno americano. Orde di pescatori attirati dai salmoni.

Arrivati ad Anchorage andiamo all’Artic Hostel e la sera subito notiamo la caratteristica che ci accompagnerà per tutto il viaggio. Difficilmente scende la notte! Da una lieve luminosità alla latitudine di Anchorage ad un cielo chiaro tanto da non veder le stelle nemmeno alle 2 del mattino a Fairbanks, sul sessantaquattresimo parallelo. La cosa può sembrare divertente all’inizio. Ammetto però che alla lunga è seccante. Una volta alle 21,30 guidando verso casa ho pensato di mettermi gli occhiali da sole!!!

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Giudicate voi dalla foto su se non era il caso!

Comunque il viaggio ci ha portati al Denali National Park, a Fairbanks, al Wrangler-St.Elias Park, a Valdez, a Seward e ad Homer.

 

Denali National Park

Anchorage-Denali

Nella zona del Denali NP dormiamo al Denali Mountain Morning. Mi toccano due notti in tenda – tutto già attrezzato. Un po’ umida la situazione ma sopravvivo senza problemi 🙂

Da qui verso nord non se ne parla di dormire senza mascherina. La luce la notte è tanta.

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Il monte McKinley – o Denali come viene chiamato adesso – è il terzo più alto del pianeta. Mentre però l’Everest ed il K2 si ergono al di sopra degli altipiani tibetani, il Denali offre agli occhi tutta la sua maestà. Questo però quando non è avvolto dalle nebbie. E il Denali è quasi sempre avvolto dalle nebbie! Noi però siamo stati fortunati. L’abbiamo potuto ammirare.

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Abbiamo speso due giorni nel Denali National Park. Troppi. Il primo giorno abbiamo percorso un sentiero lungo 15 km, il Triple Lakes Trail. Sentiero che appunto porta a vedere tre laghetti e che viene descritto come quello dal paesaggio più variegato. Vista la monotonia del paesaggio stesso, non oso immaginare gli altri…

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Meglio l’escursione in autobus che porta al Wonder Lake e al McKinley. Gli animali normalmente si vedono in lontananza: alci, caribù, orsi grigi, aquile. Certo non aiuta questo misero fotografo la presenza in autobus di altri turisti armati di Nikon D800 o Canon 5D Mark III, magari con teleobiettivi da 500 mm 🙁 Ah, mettete in conto che l’autista non smetterà di parlare per tutto il viaggio!!! Ero instupidito alla fine della giornata…

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Se volete un consiglio enogastronomico andate a cenare al 49th State Brewery. L’Alaska è piena di birrifici artigianali. Qui la birra ed il cibo sono buoni. E all’esterno potete allenarvi in alcuni degli sport in voga in Alaska, come per esempio il lancio del ferro di cavallo.

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All’esterno del locale c’è anche una riproduzione del magic van dove dormiva il protagonista di Into the Wild.

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Siamo stati anche a Talkeetna, una cittadina piena di figli dei fiori, per tentare di prendere un aereo che ci avrebbe dovuto far atterrare su un ghiacciaio del McKinley. Ma nonostante la giornata fosse stata bella, nel pomeriggio quando avevamo la nostra prenotazione le nuvole si erano posate sui monti rendendo vana la nostra speranza. Addio volo 🙁

 

Fairbanks

Denali-Fairbanks

Mai stato così a nord – record personale. Dei viaggi di Avventure nel Mondo dovremmo essere gli unici ad essere arrivati a Fairbanks – questo era un viaggio modificato, durava tre giorni in più rispetto agli altri. Siamo arrivati e abbiamo alloggiato al Billie’s Backpackers Hostel. Il giorno dopo a Fairbanks abbiamo beccato una giornata calda e assolata e ci siamo concessi una remata in kayak sul Chena River.

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Tecnicamente ci sarebbe stata l’aurora boreale in quei giorni su Fairbanks. Peccato che la costante forte luminosità notturna impediva di scorgere alcunché.

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Dopo Fairbanks torniamo indietro per percorrere la Denali Highway, un lungo sterrato da cui si ammirano foreste e ghiacciai. Da lì facciamo sosta a Glennallen, dove dormiamo al Caribou Hotel. Delle stanze che sembrano delle piazze d’armi per quanto sono vaste!!! Il giorno dopo partiamo per Chitina e finalmente arriviamo al Wrangler – St. Elias Park.

 

McCarthy

 

Fairbanks-Denali-Glennallen

Il parco, nella zona di McCarthy ospita un ghiacciaio, una miniera di rame esaurita e la cittadina di McCarthy appunto, dove i minatori andavano a svagarsi al saloon o nei bordelli. La miniera è esaurita da tempo e a McCarthy è rimasto solo il saloon.

Non avendo trovato posto per la prima notte all’interno del parco abbiamo dormito a Chitina nel Chitina Guest Cabins o più semplicemente da Mike.

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Micheal, Mike per tutti, è stato una scoperta. Mike è un indiano della Nazione Apache. Il suo nome indiano è Due Piume. Mike è un Apache purosangue che era andato vent’anni fa in Alaska a commerciare legname. Mike ha rotto la purezza della linea di sangue della sua famiglia per sposare una bianca, una ragazza di Minneapolis di origini svedesi. I genitori di Mike, quando lui era piccolo, cambiavano spesso città per evitare che il figlio gli venisse tolto e dato in adozione. Mike ha ancora un conto aperto con il Governo Americano. Non beve birra americana, Bud o Miller, ma Alaskan. Alaska’s not America ci dice. Mike e la moglie hanno due figli ormai grandi e pensano di trasferirsi in Europa, Svizzera. Ma Mike ha sempre il suo conto aperto con il Governo: my war’s not over. Immagino continuerà anche in Europa a boicottare ciò che è made in USA.

Mike ci racconta che lui e la moglie sono gli unici sposati a Chitina. Gli altri – la popolazione ammonta a 60 persone di cui 30 bambini – sono nativi Tabaska. A Mike i Tabaska non piacciono. Sono indolenti. Quando i bianchi arrivarono a Chitina videro che i nativi mangiavano in piatti di rame. Chiesero dell’origine del rame ed i Tabaska gli mostrarono la miniera. Non conoscevano il denaro e vendettero la montagna per qualche regalo. I loro discendenti vivono dei sussidi statali – soldi e case. Per Mike i Tabaska non hanno orgoglio. Not proud.

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Mike ha pescato per noi due salmoni. Sul fiume ci sono delle fish wheel. Le pale girano spinte dalla corrente e catturano i salmoni. Mike li ha presi, uccisi e sfilettati. Il salmone è consistente e non odora di pesce. Anzi, non ha odore.

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La sera a cena Mike ce li ha cucinati, fritti nel burro o cotti alla griglia. Uno spettacolo!

Alaska_2013_925Al fiume abbiamo anche conosciuto un amico di Mike. Di origine algerina vive in Alaska da una ventina d’anni anche lui. Vive ad Anchorage, dove l’inverno è più mite e sale qui solo d’estate. La famiglia è tornato a vederla un paio di volte. C’è Skype, ci dice. E poi la sua little sister vive a Los Angeles. C’ha vissuto anche lui. Troppa gente. Meglio qui.

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Lasciato Mike siamo andati a McCarthy, alla miniera di rame e sul Root Glacier. Avevo un menisco infiammato dal trekking nel Denali NP, ma ho messo i ramponi da ghiaccio e sono andato. Qualche difficoltà al ritorno… ma ne è valsa la pena!

Alaska_2013_1166 Sul ghiacciaio siamo stati accompagnati da Anna e Ben, guide del St. Elias Alpine Guides.

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Abbiamo dormito nel Kennicot River Lodge. Alzarsi la mattina e guardare dalla finestra il ghiaccio è qualcosa di unico!

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La sera al Golden Saloon si è tenuto l’evento dell’anno: il Wild Wild Wes. Una specie di festa in maschera in cui tutti ballano e bevono. Partecipano tutti i 30 abitanti di McCarthy più i lavoratori stagionali. D’altronde nel periodo classico di carnevale qui ci sono -30 gradi e qualche metro di neve…

 

Valdez

 

McCarthy-Valdez

Ed eccoci finalmente a Valdez. Valdez è il terminale dell’oleodotto TAPS (Trans Alaskan Pipeline System). Valdez è spesso avvolta dalle nebbie. Ci diceva il capogruppo che spesso chi dorme qui nemmeno esce dall’albergo per tanta nebbia che c’è. In effetti la sera che arriviamo c’è una bruma molto romantica…

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Dormiamo al Keystone Hotel, nome ironico. Immaginate un hotel che sembra un agglomerato di container. Entrate e la signora della reception ti avverte che le serrature di tutte le stanze sono difettose: se tenti di chiuderle con la chiave, la chiave si spezza. Key-butter più che key-stone diciamo noi!

Il giorno dopo c’è un sole che spacca le pietre!!! L’ho detto che siamo stati fortunati col tempo, no? 😛 Decidiamo di fare un trail consigliato dal National Geographic: il Solomon Gulch Trail. Un certo Bear Grylls dice che c’ha lasciato il cuore. Io avevo il menisco infiammato che mi faceva proprio male. Ma che fai? Non te la fai una camminata pubblicizzata così? Ecco appunto: non fidatevi troppo e se siete a Valdez evitate di perderci tempo con questo sentiero. Senza menisco infiammato ci vuole poco, si vede il golfo di Valdez – che non è eccezionale o almeno non abbastanza per entrare nella top 20 del National Geographic – e più su si arriva ad una diga con laghetto.

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Mi sono rifatto nel pomeriggio con un bel viaggio in elicottero sul Worthington Glacier. Volare lungo le lingue del ghiacciaio è stata un’esperienza mozzafiato 😀

 

Seward

Whittier-Seward

Da Valdez prendiamo un traghetto per Whittier – 150 abitanti che vivono tutti nello stesso stabile – e di lì andiamo a Seward. Lungo la strada ci fermiamo ad Hope, dove in teoria è possibile ancora trovare qualche grammo d’oro setacciando il fiume. Ci fermiamo anche al museo dedicato alla corsa all’oro. A Seward pernottiamo al Moby Dick Hostel: troppi letti in troppo poco spazio. Ma è stata l’unica sistemazione che abbiamo trovato.

HIT

Primo giorno: Harding Icefield Trail: 6 km in salita, con 1000 m di dislivello da colmare! Ma ne vale veramente la pena 😀

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In discesa il ginocchio si fa sentire eccome nonostante i rabbocchi di Voltaren Gel. Arrivo stremato dal dolore. In compenso dal giorno dopo l’infiammazione è passata!

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Secondo giorno: gita in barca al Northwestern Galcier. Vedere da pochi metri i pezzi di ghiaccio che si spaccano e cadono in acqua è spettacolare!

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Ma anche balene, orche, leoni marini non sono da meno.

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Homer

Seward-Homer

Lungo la strada per Homer ci fermiamo per un the presso il Samovar Cafè. Nina, la proprietaria, vestita in abiti tradizionali russi, appartiene ad una setta ortodossa che lasciò l’URSS per stabilirsi in America. Nina ci fa gustare un classico the russo. Dopo la pausa proseguiamo per Homer.

Homer è la città più turistica che troviamo. Qui restiamo tre giorni: una notte nel Beluga Lake Lodge e due nel Spruce Acre Cabins, che ci è piaciuto molto.

Primo giorno: trek nella Penisola del Kenai per raggiungere il Glacier Lake. Carino ma non capisco perchè mettano i cartelli “attenti agli orsi”. Ti evitano come la peste!

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Secondo giorno: tripudio! Gita in idrovolante nel Katmai Park. Orsi come se piovessero!

Alaska_2013_2758Fiumi pieni zeppi di salmoni e orsi che beatamente se li pescano. Fantastica fine per il viaggio 😀 Gli orsi sono interessati solo a dormire e pescare. Restando in gruppo (non distinguono le persone) siamo scesi nel fiume e siamo stati a pochi metri da loro. Sarò sincero: ammetto che avevo una certa inquietudine. Soprattutto quando è arrivato il grosso maschio della foto qui sopra. Ma in effetti c’hanno bellamente ignorato.

 

Back to Anchorage

Homer-Anchorage

E alla fine torniamo al nostro Artic Hostel ad Anchorage. In città visitiamo il museo dedicato all’Alaska e facciamo una passeggiata su un sentiero lungo il mare.

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Al ritorno facciamo scalo a Seattle e abbiamo il tempo per un giro in centro. Come da tradizione il sole splende anche qui. Avremmo beccato uno dei due giorni di sole di una città piovosa per definizione!

E così il mio viaggio estivo è finito. Ripeto: siamo stati fortunatissimi col tempo. Abbiamo incrociato vari turisti che avevano avuto giornate di pioggia negli stessi posti dove noi avevamo trovato un sole splendente. Se pensate di andare in Alaska non fidatevi della nostra buona sorte e portatevi un abbigliamento consono anche alla pioggia.

In generale il viaggio è stato splendido e sono tornato molto stanco – abbiamo veramente camminato tanto – ma anche molto soddisfatto.