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Compenso né equo né solidale

Franceschini, Ministro della Cultura, passerà alla storia per due motivi: essere artefice di una tassazione odiosa e aver dimostrato di non aver capito come il mondo sia cambiato. Parlo dell’aggiornamento della tassazione sull’equo compenso. Soldi che vengono dati alla SIAE come quota forfettaria per i diritti d’autore sulle copie private di canzoni regolarmente acquistate. La quota si paga sul prezzo d’acquisto del supporto digitale INDIPENDENTEMENTE dall’uso che se ne farà – cioè si paga anche su una chiavetta usb dove metto le foto che ho scattato io o dei file di testo!

Al di là della palese ingiustizia insita in questa tassazione, tornando al caso della musica chiunque non sia il Ministro Franceschini sa bene che la musica è ormai digitale – con buona pace dei nostalgici del vinile. Download digitale – iTunes –  o streaming su abbonamento – Spotify – per dirla con i nomi dei principali player del settore. Non la si possiede fisicamente ma se ne fruisce. Il Ministro Franceschini invece sembra non sapere nulla di tutto ciò e preferisce far pagare più volte agli utenti i diritti SIAE. Li ha addirittura adeguati alle nuove tecnologie messe in commercio. Una smart tv con hard disk li pagherà due volte: una perché è smart tv ed un’altra sul disco rigido! Oltre l’abbonamento RAI ovviamente…

Nel goffo tentativo di placare le polemiche il Ministro Franceschini confronta le nuove tariffe italiane con altre europee. Cita Francia e Germania, dimenticando che in Inghilterra non si paga nulla. Chissà se in cuor suo si meravigli pure di constatare come proprio a causa di tutte queste tasse l’Italia sia campione di download illegale di musica e film o come il canone RAI sia evaso così abbondantemente?!? Chissà…

Fuor di polemica, quello che a cui non arriva il Ministro Franceschini è un concetto ben espresso da Brian Eno in un’intervista del 2010:

I think records were just a little bubble through time and those who made a living from them for a while were lucky. There is no reason why anyone should have made so much money from selling records except that everything was right for this period of time. I always knew it would run out sooner or later. It couldn’t last, and now it’s running out. I don’t particularly care that it is and like the way things are going. The record age was just a blip. It was a bit like if you had a source of whale blubber in the 1840s and it could be used as fuel. Before gas came along, if you traded in whale blubber, you were the richest man on Earth. Then gas came along and you’d be stuck with your whale blubber. Sorry mate – history’s moving along. Recorded music equals whale blubber. Eventually, something else will replace it.

Il vecchio concetto di diritti che ha reso ricche le major del settore negli anni ’80 e ’90 è morto e sepolto. Con buona pace di Gino Paoli che ad ottant’anni dovrebbe fare cose più in linea con la sua età anziché presiedere la SIAE e rilasciare interviste equivoche. Il bello – o il tragico – è che le multinazionali stanno investendo sui nuovi trend, puntando sui concerti live e sul merchandising. Franceschini e Paoli preferiscono fare come gli struzzi, mettendo la testa sotto la sabbia. Col rischio di restarci sepolti per intero…