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Il collasso della Grecia e le fantasie sulle sue cause

Quando si rompe un matrimonio le colpe vanno sempre attribuite ad entrambi i coniugi. Così è e così è sempre stato. Anche nel caso della Grexit, dell’uscita della Grecia dall’Euro (che si verifichi o meno) le colpe vanno ripartite tra l’Unione Europea ed i governi greci degli ultimi anni, nessuno escluso. Il problema con la Grecia però è più complesso. Perché siamo di fronte ad un atteggiamento schizofrenico dove Atene dice di non voler uscire dall’euro, ma chiede anche di essere mantenuta neanche fosse una femme fatale di cui l’Europa dovrebbe essersi invaghita.

piazza_syntagma

Esiste infatti una distanza enorme tra le credenze diffuse in Italia e la realtà, una realtà così chiara e documentata (sono stati gli stessi greci a rendere pubblici i documenti delle ultime trattative con i loro creditori) che appare impossibile si possa distorcere la realtà. Eppure partiti politici come SEL ed il M5S tentano di cavalcare l’onda mediatica per cercare una visibilità che, a ben vedere, sarebbe meglio evitare.

La prima domanda che dobbiamo porci è perché la Grecia sia sull’orlo della bancarotta. Facile. Per più di dieci anni la Grecia ha espanso la propria spesa pubblica indebitandosi. Ha utilizzato la Pubblica Amministrazione come un ammortizzatore sociale (se sei disoccupato ti assumo nel pubblico impiego anche se non ho bisogno di personale). Ha elargito baby pensioni a pioggia (barbieri che vanno in pensione a poco più di cinquant’anni perché maneggiano sostanze pericolose!). Ha mantenuto un apparato militare imponente solo per un confronto muscolare con la Turchia. E, ciliegina sulla torta, ha consentito una evasione ed una elusione fiscale superiore perfino a quella italiana (per esempio gli armatori non pagano tasse sugli utili).

A voler leggere i documenti, sono anni che la Troika chiede alla Grecia di affrontare questi problemi. Per esempio già dall’inizio del programma di aiuto, la Troika sottolineò come i privilegi dei parlamentari non potessero essere estesi ai dirigenti regionali, men che meno a quelli provinciali. Parole al vento. I governi greci hanno preferito invece tagliare stipendi e pensioni o innalzare l’IVA. Insomma hanno sempre preferito fare cassa con misure immediate e recessive, anziché riformare il proprio modello di stato.

Il fondo si è toccato col governo Tsipras e con il suo Ministro delle Finanze Varoufakis. Tsipras ha vinto la campagna elettorale promettendo la fine dell’austerità. Arrivato al governo ha deciso di fare marcia indietro sulle misure recessive dei governi precedenti (una mossa non deprecabile, sia chiaro) senza però non solo toccare i tanti privilegi e sperperi dello stato, ma nemmeno programmando di farlo. A questa operazione suicida ha affiancato il tentativo di allestire una partita a poker con la Troika, basando la partita stessa non su delle buone carte ma sul bluff. Quindi anziché dire per esempio: voglio dei soldi per poter evitare la recessione e nel frattempo voglio eliminare le baby pensioni e far pagare le tasse a tutti, si è presentato dicendo: voglio dei soldi per evitare la recessione ma non voglio fare nulla per risolvere i problemi della Grecia. E’ rimasta alle cronache l’agghiacciante proposta di Varoufakis di assoldare i turisti per segnalare gli esercizi commerciali che non emettevano scontrini. Lo ripeto, con una Pubblica Amministrazione nutritissima di personale, ha proposto di combattere l’evasione grazie alla buona volontà di qualche turista!

A peggiorare la sua situazione, Tsipras ha provato a fare ancora di più il furbo andando a chiedere alla Russia e alla Cina di ripianare il debito greco. Entrambe le potenze, sebbene allettate dall’avere uno stato vassallo nel Mediterraneo, hanno declinato di fatto la proposta, visto che la Grecia in queste condizioni è un pozzo senza fondo. La mossa finale poi è stata eclatante: indire un referendum per non assumersi la responsabilità di prendere una decisione. Che in questo caso non è un atto di democrazia, come qualcuno vorrebbe spacciarlo, ma una chiara ammissione da parte di Tsipras del proprio fallimento politico. Un politico infatti per definizione assume il suo mandato per rappresentare e per assumersi della responsabilità. La completa rinuncia alla propria leadership, Tsipras l’ha sottolineata definendo il referendum non contro l’euro, ma contro l’austerità. L’austerità è stata una chiara scelta dei governi greci, non ultimo quello di Syriza. E’ bene ricordare nuovamente infatti che nei sei mesi di governo, Tsipras e soci non hanno neanche progettato una sola riforma nei vari settori colabrodo dello stato greco. Non una!

Ho trovato veramente devastante questo specchietto di qualche giorno fa che mette a confronto le posizioni della Troika e del governo Tsipras al 27 Giugno 2015.

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Atene si è tirata indietro non certo per le piccole differenze percentuali su IVA e tasse o per l’adeguamento del sistema pensionistico ma per non aver voluto tagliare gli ingenti finanziamenti alla difesa e per non aver voluto essere vincolata all’attuazione delle riforme promesse.

Tutto ciò si sarebbe sicuramente evitato se la controparte europea avesse fin da subito agito in maniera più decisa e politicamente determinata. Così non è stato e lo ripeto: anche l’Europa ha le sue colpe.

La cosa sconcertante in Italia è il tentativo di alcuni giornalisti, politici o semplici cittadini di ribaltare la realtà presentando la Grecia come una vittima sacrificale. Un innocente agnello destinato ad essere sbranato per i motivi più assurdi.

Ci sono per esempio quelli che hanno in antipatia la Germania tout-court. Costoro ci ricordano – non che lo sapessero per conto loro, è una delle argomentazioni che Tsipras ha utilizzato per sviare l’attenzione dalle responsabilità del suo governo – come dopo entrambe le Guerre Mondiali i vincitori abbiano abbonato i debiti di guerra della Germania. Non considerando però che la Germania è una nazione dove appunto le tasse si pagano, si va in pensione ad un’età in linea con quella degli stati occidentali, dove lo stato è efficiente ed i privilegi sono contenuti alle alte cariche istituzionali. E’ una nazione che genera fiducia e a cui si può dare fiducia. L’esatto opposto della Grecia.

Poi ci sono i No Euro che berciano su come l’Europa – o spesso la sola Germania – stia affamando la Grecia per vari fantasiosi motivi. E che inneggiano all’uscita dall’euro come panacea e soluzione dei problemi greci – ed in prospettiva nostri. Che i problemi della Grecia siano causati dalla Grecia in primis è ben evidente e l’ho riassunto più su. Come l’uscita dall’euro sia una soluzione è un mistero. Con uno stato che incassa due e spende dieci, che siano euro o dracme, la sostanza non cambia. I conti continueranno a non tornare. Con l’aggravante che con queste premesse nessuno vorrebbe la dracma in pagamento e tutte le importazioni andrebbero pagate in valuta straniera (euro o dollaro) con ulteriori effetti recessivi – a meno che i Greci non rinuncino ad andare in automobile, a curarsi con dei farmaci o non diventino autosufficienti a livello alimentare. In una situazione del genere, in mancanza di riforme strutturali, stampare moneta farebbe solo crescere l’inflazione. E si sarebbe punto e daccapo.

Insomma, appare evidente che costoro sono o disinformati – ma più che altro hanno serie difficoltà ad informarsi – o parlano del tutto in malafede.

Personalmente reputo auspicabile che Atene decida una buona volta di comportarsi seriamente e di affrontare le tante criticità dello stato greco. Una Grexit sarebbe poco auspicabile, creerebbe problemi a tutta l’Europa e non risolverebbe i problemi greci, anzi li eleverebbe all’ennesima potenza. Penso anche che sia arrivata l’ora di modificare alcune regole europee, concretizzando un percorso di uscita dall’euro per quelle nazioni che lo volessero. Questo renderebbe meno traumatico situazioni del genere e caricherebbe solo su queste nazioni i costi della loro uscita, anziché gravarne l’intera comunità.