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Le aspettative sbagliate della prima generazione di musulmani in Europa

Stavo leggendo un interessante articolo intitolato “NOI MUSULMANI DELLE PERIFERIE D’EUROPA, VI SPIEGHIAMO LA NOSTRA VOGLIA DI ISIS” e sono rimasto colpito da questo passaggio:

I sogni di chi è nato in Gran Bretagna, ma scopre che anche se suo padre si è spezzato la schiena per anni, dicendo sempre sì, non alzando mai la testa per protestare, non è riuscito a rendere suo figlio uguale agli altri

Il succo del problema è questo. Le attese della prima generazione degli immigrati provenienti dal Medio Oriente sono troppo elevate. Se prendiamo a modello la nostra emigrazione negli Stati Uniti, sono dovute passare molte generazioni perché i figli ed i nipoti degli italiani smettessero di essere considerati “figli di immigrati” per trasformarsi in americani. Da questa intervista invece traspare il desiderio di applicare ad una categoria così complessa, quella della assimilazione culturale, canoni che non le appartengono, come la velocità.

Non capirete mai quel che succede se non riuscite a immaginare, se non vi immedesimate in questa War on terror generation. Bisogna comprendere il trauma profondo generato in chi ha vissuto la sua formazione negli ultimi tredici anni. Immaginate: un quotidiano vilipendio, una costante demonizzazione dei musulmani, che scorre su un nastro di storie che raccontano di morti, distruzioni, violenza pornografica, assenza di speranza. Immaginate che questa sia la vostra adolescenza

Anche qui emerge un limite di questa generazione di giovani, che viene trascurato dall’intervistato. L’identificarsi prima come musulmano e poi come cittadino di una nazione. Quando l’assimilazione culturale consiste nell’esatto opposto: essere in primis un cittadino, libero di professare la propria religione.

Sono riflessioni che i nostri governi dovrebbero porre attenzione per gestire diversamente un problema emergente nel mondo occidentale: immigrati integrati i cui figli seguono la deriva fondamentalista andando a morire in Siria ed in Iraq per una errata interpretazione del senso di appartenenza.

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