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De universitate

Battuta:

Gli studenti assediano il Senato al grido di “Dimissioni” e“Vergogna”. I senatori lamentano l’incomprensibilità del gergo giovanile.

Altra battuta:

Gli studenti hanno occupato il Colosseo, la Mole e la torre di Pisa. Non hanno ottenuto un cazzo, ma ora sono famosissimi in Giappone.

E dopo le risate qualcosa di serio…

Tutti siamo abituati a prenderci molto sul serio e, di conseguenza, a ritenere che solo il nostro punto di vista sia quello giusto. Ecco allora che le piazze delle città italiane sono state invase da torme di studenti e ricercatori pronti a difendere lo status quo. Ho provato ad isolare le principali preoccupazioni di questa folla e mi sono sembrate queste: con la riforma ci saranno meno fondi per la ricerca, la differenza economica tra regioni o famiglie non permetterà l’accesso all’università ai poveri, il finanziamento dei privati lascia perplessi.

Ora, prima di dire la mia sull’argomento, volevo fare qualche considerazione di massima.

Intanto và sottolineato come l’attuale università italiana sia completamente fallimentare. In Italia una laurea non si nega a nessuno. E se vuoi fare ricerca, prego, accomodarsi: gratis o a 1200 euro mensili da precario a vita, c’è posto per tutti. Si è frainteso inoltre quale deve essere il fine ultimo di una università. Sento sempre raccontare di come i laureati italiani all’estero – all’estero appunto, non quì – risultino apprezzatissimi e come la loro vasta cultura li faccia svettare su tutti gli altri. Considerando però che parliamo di pochissime persone sulla massa di laureati sfornata ogni anno dall’università italiana, forse dovremmo chiederci che ne è della moltitudine che rimane quà, in Italia, ad agonizzare nel cercare di trovare un lavoro soddisfacente. Compito dell’università, a mio parere, non è quello di creare pochi super dottori, ma tanti professionisti che, grazie a quegli studi, riescano a trovare lavoro senza essere obbligati nè a costosi master post laurea, nè ad umiliarsi in lavori dequalificati per i loro titoli.

L’università va quindi cambiata e la riforma, proprio perchè la cambia, non potrà certo essere peggiore dello status quo. Senza contare che l’attuale università è strutturata per essere gestita con risorse economiche che non sono più disponibili e quindi, se non adeguata, morirebbe comunque – altro discorso è quello relativo a quanto questo paese vuole investire in innovazione e sviluppo!

Come la vedo io allora?

Da sempre sono un sostenitore di un modello di università che ha sempre dimostrato di funzionare, cioè di far laureare i migliori e di riuscire ad inserirli efficacemente nel mondo del lavoro: il modello anglosassone.

Si basa su pochi assunti: assenza di valore legale della laurea, totale libertà dei rettori di gestire programmi, corsi ed assunzioni, un valido sistema di finanziamento da parte dei privati alle borse di studio.

Togliendo il valore legale alla laurea ciò che conterebbe non sarebbe più il titolo stesso, ma il come ed il chi ci ha rilasciato il titolo. Un’università che funzionasse a dovere, con insegnanti motivati, con programmi moderni darebbe lustro al proprio titolo, più di un’università dove si preferisce dare spazio ad amici e nipoti. Già questo metterebbe spalle al muro i traffichini ed i baroni che infestano l’attuale università. Io, rettore, se vedo che i miei laureati non li vuole nessuno, te lo faccio vedere a te, barone, chi comanda e cosa vuol dire lavorare!

Ma l’accesso agli studi va garantito a tutti, compresi i poveri ma meritevoli. Come fare? Trasformando in un investimento da parte delle aziende private il finanziamento degli studi. Una volta laureatosi, l’ex studente lavorerebbe i primi anni per queste aziende per restituire il prestito. E l’azienda si garantirebbe delle nuove leve formate a dovere, senza dover fare un salto nel buio per assumere il personale.

In America ed Inghilterra questo sistema funziona efficacemente e, salvo il momento attuale di crisi economica, ha sempre garantito un’occupazione ed un reddito superiori al nostro, che siamo e restiamo il fanalino di coda delle economie occidentali. E pace se poi i loro laureati in medicina non sapranno discettare di Kant ed Hegel. Quando i nostri avranno trovato lavoro, vivendo ancora da mamma e papà, i loro da tempo avranno messo su famiglia e si saranno già affermati come professionisti!

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