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Deserto Rosso

deserto_rossoDeserto Rosso era nella mia lista dei libri da leggere da molto tempo. Ne avevo sentito parlare sul podcast Fantascientificast. Deserto Rosso nasce come un romanzo in quattro parti. La prima gratuita e le altre tre a pagamento. La Monticelli tra l’altro al momento della presentazione sul podcast di fantascienza non aveva ancora finito di scrivere le ultime due parti ed invitava i lettori ad avanzare suggerimenti e proposte per meglio definire personaggi ed eventi. La cosa era stimolante ma al tempo non seguii il progetto. Poi ultimamente mi è caduto l’occhio sulla pubblicazione in un’unico volume della storia e allora mi sono deciso a leggerla.

Il fulcro della storia è la colonizzazione permanente di Marte. Una missione di sola andata per vivere e morire sul pianeta rosso. Ambienti claustrofobici, isolamento, paranoia crescente dei personaggi rendono la prima parte del romanzo interessante. Lo svolgimento successivo della trama in cui vengono a mancare questi elementi causa un calo della tensione narrativa che – a mio parere – non riesce ad essere recuperato. Non voglio però anticipare nulla della trama per non rovinare la lettura agli amanti del genere.

Comunque a titolo di merito della Monticelli va detto che si è sforzata – riuscendoci – di non lasciare interrogativi irrisolti nella storia. I vari misteri che costellano la trama vengono man mano spiegati. Anche con soluzioni scientificamente interessanti. La preparazione scientifica dell’autrice – anche lei, come me, è una biologa – sicuramente l’hanno sorretta nel farle evitare facili strafalcioni e nel trovare soluzioni veramente originali.

Quello però che mi ha lasciato il romanzo sono state le considerazioni tutte mie su come le relazioni in un gruppo ristretto di individui isolato possano degenerare. Il tema non è nuovo e mentre leggevo Deserto Rosso pensavo al Signore delle Mosche di William Golding, romanzo che lessi da ragazzo e che merita di essere riletto. Nel Signore delle Mosche un aereo precipita in mare e l’unica salvezza è l’isola disabitata che si trova nei pressi. I sopravvissuti sono un gruppo di ragazzini inglesi, tutti di buona famiglia borghese nell’età della preadolescenza, assieme ad altri molto più piccoli. Insieme si mettono subito all’opera nel tentativo di auto-organizzarsi ma, molto presto, qualcosa comincia a non funzionare più come dovrebbe. Emergono difatti paure ancestrali del tutto irrazionali e comportamenti antisociali.

Ma nel Signore delle Mosche è il caso ad isolare i protagonisti. Diverso è quando questo isolamento è una scelta. Una scelta molto simile a quella immaginata dalla Monticelli. La scelta che la società Mars One ha chiesto di compiere ad un gruppo di volontari.

Mars One è il progetto privato di una società no profit olandese che si propone la colonizzazione permanente di Marte. Il progetto prevede una prima missione automatizzata nel 2020 per preparare la base marziana. E dal 2026 sono previste le partenze di uomini e donne per delle missioni di sola andata! C’è anche un bel documentario su alcuni di questi volontari. Si chiama Mars One Way e racconta pensieri ed opinioni di cinque speranzosi candidati astronauti.

Non parliamo di un viaggio alla Star Wars. Parliamo di un’impresa lunga, pericolosa e noiosa. E quattromila persone (all’inizio Mars One parlava di duecentomila ma velocemente il numero si è ristretto) hanno chiesto di affrontarla pur di lasciare questo pianeta. Cody, l’apicoltore intervistato in apertura del documentario: Una volta partito, qui sulla Terra sei tecnicamente morto. E mi va bene così. Will: Non ho un motivo per rimanere sulla Terra. E così via… Tutte storie che parlano di solitudini profonde.

Dubito che un progetto del genere sia realizzabile. Non solo per gli elevati rischi di tenuta psicologica derivanti dall’isolare un animale fondamentalmente bisognoso di rapporti sociali variegati come l’uomo. Ma anche per le problematiche che una vita forzatamente al chiuso porterebbe con se a livello sociale. Come gestire il dissenso in una società dove chi controlla la produzione di ossigeno detiene il potere di vita o di morte su tutti? Ricordate Atto di Forza?

Comunque per chiudere in leggerezza questo articolo c’è chi si è portato avanti proponendo la bandiera della Terra da piantare su Marte. Oskar Pernefeldt ha immaginato sette anelli concatenati a formare un fiore stilizzato. Fiore che simboleggia la vita. Anelli concatenati a ricordare come tutte le cose sulla Terra sono collegate tra loro.

bandiera_terra