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Furore – anche se trovo così affasciante il titolo originale The Grapes of Wrath – è un romanzo del 1939. Steinbeck ci racconta una delle più brutte pagine della storia d’America. Ambientato durante la Grande Depressione, il romanzo ci descrive gli effetti provocati non solo dalla siccità, ma anche dal lavoro dell’uomo che ha sfruttato così tanto la terra da renderla incoltivabile, arida, morta. Ci descrive gli effetti del capitalismo che annienta i piccoli proprietari terrieri costringendoli a vendere tutto per pochi spiccioli e a cercare fortuna altrove. Emblema di queste centinaia di migliaia di famiglie, un popolo intero spregiativamente definito col termine Okie dai californiani, è la famiglia Joad. Scacciati dalla loro terra si avviano sulla Mother Road, la Route 66 tanto mitizzata dalla letteratura beatnik, in cerca di lavoro per tentare di sopravvivere ad ogni costo. E non sarà una sfida semplice.

Un romanzo sempre attuale in quest’epoca di migrazioni per terra e per mare. Migrazioni scatenate oggi dalle stesse cause di allora, dall’ingordigia di noi occidentali che deprediamo e saccheggiamo le terre altrui e ci stupiamo dello stuolo di profughi che poi si riversa sulle nostre coste.