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2009

Fiji

Casio Exilim

1-2 Agosto

l’itinerario del viaggio

Bisogna pure arrivarci dall’altra parte del mondo, no? Roma-Praga, Praga-Seoul, Seoul-Nadi. Che ammazzata… Almeno le due tratte lunghe le facciamo con Korean ✈️

3 Agosto

Atterriamo la mattina e restiamo in aeroporto per organizzare le varie tappe del viaggio. Ci assiste la Margaret Travel Service (mail qui). Ci vuole qualche ora per organizzare i vari spostamenti e pernottamenti, ma in effetti poi tutto funzionerà come un orologio. Siamo a Nadi (si pronuncia Nandi) la seconda città dell’isola principale dell’arcipelago delle Fiji: Viti Levu. Finita la programmazione l’organizzazione di Margaret ci porta a fare un giro veloce di Nadi. Vediamo templi indù, chiese cattoliche e protestanti e moschee. Il nostro autista ci spiega che alle Fiji sono abbastanza tolleranti in fatto di religione. Ci dice anche che il saluto locale è bulaaa e va bene per ogni occasione.

4 Agosto

Si parteeee Col nostro pulmino percorriamo la via meridionale di Viti Levu, la Queen’s Road. Così chiamata per distinguerla da quella settentrionale, la King’s Road.

Fiji

Prima tappa: Natadola Beach. Una lunga spiaggia di sabbia bianca. Sul lato meridionale, dove sorge un resort turistico, è presente una spettacolare piscina naturale dove è un piacere farsi il bagno. Ragazzi: è il nostro primo bagno alle Fiji 😄 Per chi ama i cavalli c’è anche la possibilità di cavalcare lungo la spiaggia.

Seconda tappa: il Sigatoka Sand Dunes National Park. Questo è l’unico parco naturale delle Fiji (così almeno ci dicono) ed è l’unica località del Pacifico con dune sabbiose. Le dune, che vanno dai 20 ai 60 metri di altezza, si sono formate nel corso di milioni di anni e qui gli scavi archeologici hanno portato alla luce ceramiche risalenti a oltre 2600 anni fa, nonché uno dei più grandi siti di sepoltura nel Pacifico. Per evitare che le dune possano spostarsi nell’interno dell’isola, alle loro spalle è stato fatto crescere una Mahogany Forest, una foresta di alberi di mogano. Le Fiji sono una ex colonia inglese e qui sono stati spostati molte popolazioni di origine indiana – almeno il 40% della popolazione locale ha origine dal subcontinente. Con loro hanno portato anche le loro tradizioni, tra cui una di origine nepalese che campeggia di frequente in questa foresta. Per indicare gli alberi da non abbattere, si lega loro una fascina che rappresenta, stilizzato, un uomo che abbraccia l’albero stesso. Bello, no?

La sera arriviamo a Pacific Harbour e dormiamo al Tiri Villas. Dopo cena iniziamo a fraternizzare con le usanze locali. Cioè proviamo a bere la kava. La kava è una bevanda, di colore verde, amara, realizzata a partire dalle radici della omonima pianta. E’ molto importante per la cultura locale – normalmente ci si riunisce la sera a cantare e ci si passa una ciotola da cui tutti man mano bevono. E’ una specie di droga leggera, dovrebbe avere un effetto rilassante. A noi da un iniziale sensazione di anestesia al palato o alla lingua. Ma ne beviamo poca perchè il suo gusto non ci aggrada.

5 Agosto

Lasciamo Pacific Harbour e raggiungiamo Suva, la capitale. Una città più “europea”: condomini, scuole, baracche e sporcizia quante ne volete. Da notizie reperibili in Italia qui qualche mese prima del nostro arrivo ci sarebbe stato un colpo di stato. Ma né a Nadi, né a Suva ne sa niente nessuno. Come spesso accade in questi paese la gestione del potere è interesse di pochi, mentre la massa non viene né consultata né informata di quello che succede. Lasciata Suva raggiungiamo Natovi, nei cui pressi scorre un fiumiciattolo al cui imbarcadero lasciamo il nostro pulmino.

Fiji

Dopo un po’ di attesa arrivano delle lance fluviali. In legno, lunghe e colorate. Saliamo, carichiamo i nostri bagagli e con quelle raggiungiamo la foce del fiume per uscire in mare aperto. Se fossimo in un reale mare aperto quelle barchette non avrebbero possibilità di reggere l’onda, ma siamo in una zona tappezzata da banchi di barriera corallina ed in qualche modo raggiungiamo la nostra meta.

La nostra meta è un’isoletta piccina che si chiama Caqalai (ma si pronuncia tanghelai). L’isola è così piccola che in dieci minuti ne si può percorrere la circonferenza. Qui lo stile di vita per i prossimi giorni sarà volto alla estrema semplicità: sole e mare. Dormiamo nelle capanne tipiche delle Fiji, le bura (che al singolare fa bure). A me in sorte tocca una capanna dal letto singolo – e dalle mura sbilenche che sembrano stare per cadere. Altri finiscono in capanne dalla capienza sempre diversa. Sulla mia testa un tetto in paglia e sul letto una zanzariera. Tutt’intorno palme da cocco. POM… ogni tanto si sente pure un cocco cadere. E’ un attimo passare dal paradiso al coma! 🤕 La corrente elettrica è erogata da un generatore. Orario 18,00-24,00. Docce e bagni sono in comune.

Chi dorme qui è a pensione completa. Una donna barbuta suona in una conchiglia per annunciare la cena. Pasto unico, si mangia quello che c’è. Poi i nostri ospiti armati di chitarra ci suonano qualche canzone locale mentre gira la ciotola della kava.

Fiji

Piccola digressione su fijani. Intanto non sono di stirpe polinesiana. Basta vederli e si capisce che hanno più origini africane. Poi affrontiamo questa storia delle donne barbute. Ecco… è dal nostro arrivo che notiamo questa peculiarità locale 🤷🏻‍♂️ particolarità tutta fijana.

6 Agosto

Passiamo tutto il giorno in spiaggia a Caquelai. Il tempo è bello e ci godiamo la giornata di relax al mare. Snorkeling, sonnellino sull’amaca, cose così 🌞

Fiji

La bassa marea nel pomeriggio è notevole e permette di raggiungere a piedi gli atolli vicini.

La sera piove che Dio la manda. Ma giuro che fino al tramonto c’era un sole spettacolare 🤷🏻‍♂️ Il tempo è molto variabile in questa stagione ma alla fine saremo sempre fortunati. Ieri sera i nostri ospiti erano poco organizzati, cibo scarso e niente alcol. Però oggi abbiamo parlato con loro e stasera la cena è abbondante ed hanno comprato anche le birre a Viti Levu delle birre. Loro ovviamente preferiscono la kava 🍻

7 Agosto

La mattina il tempo è molto variabile, si passa dal plumbeo alla pioggerellina. Qualcuno stà in spiaggia ma la maggior parte di noi passa il tempo giocando a carte al coperto. Lasciamo Caquelai dopo pranzo e, sempre sulle barchette con cui eravamo arrivati lì, raggiungiamo Levuka, la vecchia capitale dell’arcipelago, sull’isola di Ovalau. Il tempo peggiora rapidamente ed inizia a diluviare. Faccio comunque in tempo a farmi un giro per la città.

Levuka è molto piccola e sulla via principale, di fronte al mare, si aprono le attività commerciali. Lo stile degli edifici ha un che di western, con queste facciate alte. Ceniamo al Whale’s Tale Resturant, che seconda la guida è anche il ristorante più rinomato della città. Le porzioni non sono abbondanti ma la forza dell’euro sul dollaro fijano ci rendono euforici. Sia il pesce che il dessert sono molto buoni.

Una piccola digressione la merita il rudere che vedete qui sopra. La costruzione con timpano e colonne era la sede della loggia massonica di Levuka. L’edificio fu costruito nel 1913 ed apparteneva alla Massoneria di Rito Scozzese. Poi durante dei tumulti nel 2000 fu dato alle fiamme da esagitati che sostenevano fosse in collegamento diretto con la sede in Irlanda tramite un tunnel che passava per il centro della Terra 🤷🏻‍♂️

Dormiamo al Royal Hotel (link qui), un albergo storico che risale al 1860. Le stanze della struttura principale fronteggiano il porto. Nel periodo in cui fu fondato l’albergo, Levuka era una base per le baleniere – al tempo il commercio dell’olio di balena generava introiti favolosi. L’albergo fu fondato proprio da due capitani, Volk e Robbie. Successivamente il capitano Robbie rilevò la quota di Volk e l’albergo divenne la base per i suoi commerci sull’export del the. L’albergo passò poi di mano ad un socio d’affari di Robbie ed è proprietà della famiglia Ashley, discendente di costui.

8 Agosto

Oggi è programmata un’escursione a Levoni. E’ un villaggio sito nell’interno che sorge nella caldera di un vulcano spento. Lo raggiungiamo a bordo del cassone di un camion. I mezzi di trasporto questi sono… 🤷🏻‍♂️

Tra la colazione e l’attesa del trasporto abbiamo un’ennesima dimostrazione di quello che abbiamo battezzato fiji time. Tutto viene fatto con sufficiente calma. Ci danno appuntamento alle 9 e si presentano col camion alle 11. E nel frattempo continuiamo a vedere ragazzi che vanno a scuola a tutte le ore 😅

A parte l’asfalto raffazzonato di Levuka, anzi della sua via principale, tutte le altre strade sono in terra battuta. Comunque per ora di pranzo arriviamo a Levoni. Lì ci accoglie Api, la nostra guida. Il suo è un eco-tour perchè prima di visitare il villaggio ci porta nella foresta lì intorno, illustrandoci alcune piante commestibili o dalle proprietà terapeutiche lungo la via. Vediamo l’albero del pane (pianta africana portata quì dal Bounty, proprio quello dell’ammutinamento), papaya, taro e tante altre ancora.

Finito il tour torniamo a casa di Api, dove la moglie inglese ci prepara da mangiare utilizzando le piante ala base della loro alimentazione. Foglie e radici di taro, latte di cocco, tonno, zucca, melanzane. Il sapore dei piatti è eccezionale e, seduti a terra in veranda, mangiamo tutto entusiasti.Il villaggio è molto semplice e povero. Reddito medio 15 dollari fijani a settimana, meno di 6 euro.

Poi la nostra guida ci racconta la storia delle Fiji. Si parte dal mito per percorrere la storia.

La legenda narra che dal Tanganika, in Africa, partirono due barche che attraversarono l’Atlantico, doppiarono Capo Horn e si inoltrarono nel Pacifico. Era un mare zeppo di uragani e tempeste e, per affrontarlo, gli equipaggi legarono assieme le due barche e, sospinti dai venti, approdarono a Viti Levu. Da lì colonizzarono il resto dell’arcipelago. Un abitante di Suva, fuggito dal suo villaggio, nuotò fino all’isola dove siamo, Ovalau. Ne prese possesso, mise su famiglia ed ebbe 7 figli e 16 nipoti, da cui discendono le 7 tribù ed i 16 clan di Ovalau. I clan si spartirono il territorio dell’isola come le fette di una torta, con al centro il villaggio di Levoni, che era l’insediamento principale. I guai iniziarono con l’arrivo dei balenieri occidentali. Tra il cannibalismo diffuso alle Fiji ed il terreno già spartito, a questi ultimi riusciva difficile insediare basi commerciali stabili. Levuka stessa fu distrutta 8 volte dai fijani nel tentativo di espellere i bianchi. I bianchi allora provarono a spostarsi a Tonga, ma il re di Tonga li dirottò nuovamente verso le Fiji. Sua figlia infatti era andata in sposa al capotribù dell’isola di Bau. Il re di Tonga consigliò gli occidentali di presentarsi a Bau a nome suo e, forti di doni per il capotribù, chiedere ospitalità a lui. Così fu fatto ed, in cambio di tabacco, whisky e specchi, il signore di Bau donò varie isole dell’arcipelago ai bianchi. Gli occidentali allora iniziarono a stabilire basi commerciali e piantagioni di canna da zucchero sui loro nuovi possedimenti. Ma i nativi poco gradirono l’occupazione delle loro terre e li attaccarono. E sì, perchè il capotribù di Bau s’era spacciato per essere il re delle Fiji, mentre aveva autorità solo sulla sua isola. I bianchi allora chiesero indietro i loro doni od un equivalente in denaro. Ma il signore di Bau aveva già consumato tabacco e whisky e non possedeva denaro. Chiese allora consiglio al re di Tonga. L’illuminato sovrano lo rifornì di armi da fuoco con cui sottomettere le popolazioni ostili ai bianchi e così risolvere la diatriba. Fù così che Bau assoggettò l’arcipelago, eccetto Ovalau. Nella foga della conquista però quelli di Bau si allargarono e occuparono anche delle isole fijane parte del regno di Tonga! Per bloccare l’ex alleato allora il re di Tonga armò segretamente Ovalau. Siamo circa nel 1830. Gli abitanti di Ovalau costruirono un forte all’interno dell’isola e respinsero i ripetuti attacchi di Bau. In 45 guerrieri ebbero ragione di 500 attaccanti. Il forte infatti era accessibile solo tramite uno stretto sentiero, su cui i difensori facevano precipitare grosse pietre. Sconfitti militarmente, gli uomini di Bau chiesero l’aiuto dei bianchi. Questi inviarono un missionario, che invitò i guerrieri di Ovalau ad una festa di riconciliazione con quelli di Bau a Levuka. Il classico tranello. Dopo averli fatti bere ed averli privati delle armi, li fecero prigionieri. Per due giorni li torturarono. Li fecero percorrere le strade di Levuka in ginocchio con la schiena carica di grosse pietre, giorno e notte. Dopodichè li richiusero per 5 giorni in un recinto. In 20 riuscirono a fuggire, mentre gli altri furono venduti come schiavi ai bianchi nelle Fiji, salvo tre che finirono al Circo Barnum in America. Vendendo i guerrieri ed il terreno su cui sorgeva Levuka, il capotribù di Bau guadagnò 5000 sterline, denaro con cui fondò il Regno delle Fiji. Esistendo ora un’autorità statale, ecco sorgere per Fiji un imprevisto. Gli Stati Uniti avanzarono un’ingente richiesta di risarcimento per i danni causati dalle tribù di Ovalau alle loro proprietà in Levuka – ricordate? Era stata distrutta 8 volte prima dell’intervento di Bau. Non potendo pagare gli statunitensi, il re delle Fiji preferì stringere un accordo con gli Inglesi. La corona britannica avrebbe ripianato il debito e le Fiji sarebbero diventate per un secolo una colonia inglese. Così nel 1860 a Levuka fù firmato lo storico accordo. A questo punto la regina Vittoria viene a conoscenza della storia di Ovalau e della vendita degli schiavi. In Europa la schiavitù era già stata abolita da tempo, così la regina dichiarò illegale la compravendita, stabilendo che i guerrieri di Ovalau dovessero tornare liberi. Alcuni decisero di rimanere, liberi, dove ormai vivevano. Molti ritornarono e rintracciarono i 20 fuggiti dal campo di prigionia. Questi infatti vivevano nascosti in delle grotte sui monti intorno Levono. I 20 ripopolarono Levono, mentre i rientrati fondarono i villaggi lungo la costa. Tutto tornò come prima, salvo che ormai il terreno dove sorgeva levuka era proprietà degli inglesi.

Fine della storia. Ah si… avete letto bene. Gli antichi abitanti delle Fiji erano guerrieri e cannibali. Macellavano i nemici uccisi in battaglia e ne mangiavano le carni. Praticamente adornavano le capanne di striscione di carne essiccata da mangiare a mo’ di snack ☠️

Torniamo a Levuka, ceniamo e decidiamo di passare la serata tutti insieme a bere birra in una delle dependance dell’albergo. Siamo divisi infatti tra alcuni che hanno le stanze nella struttura principale dell’albergo – senza acqua calda ma con vista oceano –  ed altri, come me, che stanno nei lodge esterni – senza vista mare ma con scaldabagni elettrici DENTRO la doccia ⚡️ Mentre noi passiamo la serata insieme dei ladri entrano in una delle stanze dell’albergo e portano via soldi e bagaglio di due delle ragazze del gruppo!

9 Agosto

Fatta la denuncia alla stazione di polizia di Levuka, rientriamo in barca a Viti Levu. Con un pulmino veramente sottodimensionato per noi completiamo il periplo di Viti Levu percorrendo la strada a nord, la King’s Road.

Fiji

La strada è pessima, sia per le condizioni del manto stradale, sia perchè passa lontano dalla costa. Questa è la zona di Viti Levu abitata per lo più dalla parte indiana della popolazione. Facciamo sosta per pranzo in un villaggio dove trionfano ovviamente la cucina indiana nei locali e le pellicole di Bollywood alle bancarelle che vendono film. Arriviamo a Nadi la sera e chiamiamo la polizia di Levuka. Il sergente Penny, che segue le indagini, ci dice che il ladro era stato visto da un altro ospite dell’albergo. Dalla descrizione è stato subito riconosciuto, in quanto uscito da poco dalla galera. Sono andati direttamente a casa sua ed hanno recuperato il bagaglio trafugato e tutti gli euro (aveva avuto solo il tempo di spendere i pochi dollari fijani). Il sergente penny ci dice anche che il Ladrone di Levuka (così lo abbiamo ribattezzato noi) verrà processato il martedì successivo. Appena possibile rispediranno la refurtiva a Nadi da Margaret così da poterla recuperare.

La sera la sistemazione è pessima, siamo in due camerate. Margaret ci dice che questo può offrirci per la cifra che abbiamo deciso di spendere. Però se vogliamo per 50 euro in più a testa nella prossima isola può farci pernottare inuma resort di lusso. Soldi raccolti in un attimo!

10 Agosto

Altro aereo. Tappa del giorno: l’isola di Taveuni. Detta anche l’isola giardino. L’areo ha un po’ di spifferi ma tant’è. Atterriamo su una striscia di erba con l’oceano da ambo i lati 😅

Alloggiamo al Maravu Plantation, un resort che rispecchia tutte le nostre aspettative: belle stanze, amaca in veranda, vasca idromassaggio, spiaggia privata. Relax time 😎

11 Agosto

Oggi escursione al Lavena Coastal Walk. Si parte dal villaggio di Lavena, dove si paga l’entry fee che va a sostegno degli abitanti del luogo. E’ un sentiero lungo la costa molto panoramico e ombroso, perchè si snoda ai bordi della foresta. Vi sono un paio di corsi d’acqua da attraversare saltando su delle pietre ed infine con una piccola salita attraverso la foresta lussureggiante si arriva ad una pozza di acqua trasparentissima da dove, immergendosi e superando alcune rocce, si giunge ad un’altra pozza più grande dove si tuffano due bellissime cascate. Poi si torna sulla costa dove ci si può godere la spiaggia di sabbia bianca.

12 Agosto

Telefonata di rito al sergente Penny per aggiornarci sul Ladrone di Levuka. Recidivo è stato condannato a due anni e mezzo di prigione 👮🏻‍♀️ La giornata inizia nel migliore dei modi! Fuori piove ma confidando sulla estrema mutevolezza del clima usciamo per la nostra escursione. Infatti dopo un po’ smette di piovere.

Fiji

La nostra meta è un campo da rugby nei pressi della cittadina di Waiyevo. Ora, qui tutti giocano a rugby, non facciamo altro che vedere campi da rugby e ragazzi che si allenano. Ma non è questo il motivo.Un pezzo di questo campo infatti è attraversato dalla International Date Line, il 180mo meridiano, la linea del cambio di data! Praticamente il tuo piede destro può essere in un giorno mentre il sinistro nel giorno dopo! Ovviamente per evitare che la gente impazzisca e non riesca nemmeno a darsi un appuntamento la linea del cambio di data ha un andamento a zig zag che la fa passare in pieno oceano lungo i confini tra Fiji e Samoa.

Visitiamo un’antica chiesa, andiamo su una costa lavica a vedere infrangersi le onde e passiamo il pomeriggio su una spiaggia di sabbia nera. La sera al resort ci preparano una cena col metodo tradizionale detto lovo, cioè cuocendo il cibo in un buco nel terreno.

13 Agosto

Rientriamo in aereo a Nadi. Facciamo un po’ di shopping in centro e cerchiamo un taxi per tornare in albergo. Il tassista ci chiede l’agenzia che ci gestisce e ci dice che lui purtroppo non lavora con Margareth e non può portarci. Però telefona ad un collega che può farlo. Comprendiamo che in un’economia così fragile la gestione del ricco piatto dei turisti deve essere un affare che viene gestito con metodi non proprio cristallini. In serata conosciamo Tim, il proprietario della barca su cui passeremo la settimana successiva. Tim è australiano e possiede un catamarano di 14 metri, il Moale (che in lingua locale vuol dire onda). Con lo skipper Sai ed Ann, una ragazza con le funzioni di mozzo, formeranno la nostra ciurma.

14 Agosto

Il tempo stavolta non ci assiste. Il 13 ha diluviato e oggi c’è vento e mare mosso e non è possibile prendere il mare. Ci spostiamo comunque al Port Denarau Marina (link qui) e nel pomeriggio ci imbarchiamo per dormire a bordo e partire non appena possibile.

Fiji

Dopo cena passiamo la serata in uno dei locali del porto: Cardo’s. Lì conosciamo il proprietario, il signor Cardo appunto, che ci offre da bere e ci invita a divertirci. C’è una band che suona dal vivo cover di disco music. Ci scateniamo insieme a neozelandesi ed australiani 🕺🏻💃🏼 E’ il delirio! Che serata 🎶

Sul tardi inizia di nuovo a piovere e passiamo la notte di tempesta all’ancora.

15 Agosto

Oggi il tempo migliora e salpiamo. Raggiungiamo le isole Mamanuca e gettiamo l’ancora all’isola di Beachcomber. Il gruppo si divide perchè tre ragazze soffrono il mal di mare e si sono organizzate per stare in dei resort, anziché in barca con noi. Le rincontreremo più in là nell’arcipelago delle Yasawa.

Snorkeling, spiaggia, sole. Beachcomber è il classico resort per turisti con animazione in spiaggia ed una magnifica barriera corallina. Nel pomeriggio ci spostiamo nella parte meridionale dell’arcipelago delle Yasawa. Gettiamo l’ancora davanti l’isola di Navadra in tempo per l’ultimo bagno.

Abbiamo chiesto a Tim di portarci in posti non turistici, lontano dai resort. E lui, che conosce bene la zona, ci accontenta. L’isola è tutto quello che si sogna di trovare alle Fiji. Una spiaggia bianca di difficile accesso – la barriera corallina non lascia spazio per uno sbarco facile e solo la conoscenza che ne ha Tim ci permette di toccare terra passando col gommone a filo sui coralli. Lo scenario sott’acqua è da favola: una rigogliosa barriera corallina popolata da grossi pesci colorati ed enormi stelle di mare.

L’isola è sacra e Ann ci prega di non inoltrarci nell’interno. La sera il vento inizia a pulire il cielo dalla nuvolaglia e dopo un po’ siamo sotto un tetto di stelle.

16 Agosto

Buongiorno! Ci svegliamo che in questa baia ci siamo solo noi ed un’altra barca battente bandiera canadese. Il tempo è perfetto: cielo limpido e sole splendente. Il tempo di fare colazione e poi di nuovo in acqua per un poi di snorkeling 🐠

Poi di nuovo in navigazione. Alla sera raggiungiamo Blue Lagoon, di fronte l’isola di Tavewa.

17 Agosto

Fiji

Siamo all’isola di Taweva quindi, in un posto chiamato Blue Lagoon, Laguna Blu. Se avete reminiscenze cinematografiche, bene, sono esatte. E’ proprio qui che è stato girato quel film: Laguna Blu. Ci godiamo una noiosa giornata di mare 😂

18 Agosto

Gita alle grotte di Sawa-i-Lau. Le grotte sono considerate dai figiani grotte sacre: qui infatti era il luogo di riposo dell’antico dio figiano a dieci teste, Ulutini. Inutile dirvi che anche intorno questa isola lo snorkeling è magnifico.

La sera si torna all’ancora a Blue Lagoon e ceniamo a terra, nel resort omonimo dove rincontriamo le tre ragazze sbarcate a Beachcomber. La cucina è in stile lovo: pollo, pesce, foglie di taro imbevute di latte di cocco. Molto buono, anche meglio del resort di Taveuni.

19 Agosto

Ci spostiamo a Manta Rey Bay. Il nome è legato a delle mante che ormai sono stanziali in zona. Ne incrociamo un paio e facciamo il bagno con loro. Sott’acqua sembrano volare come farfalle. Sono veramente leggiadre e bellissime.

20 Agosto

Il meteo volge di nuovo al brutto ma per noi ormai non è più un problema. Siamo di rientro a Nadi. Sbarchiamo e ci prepariamo al gran rientro.

21 Agosto

Abbiamo un lungo scalo a Seoul e siamo ospiti della Korean per la serata. Un autobus che sembra risalire alla guerra di Korea ci porta dall’aeroporto di Incheon fino a Seoul. Ci sistemano al Royal Hotel Seoul (link qui) in comode stanze doppie dove la nostra attenzione viene completamente catturata dal bagno e dalla sua tazza ipertecnologica: seduta riscaldata, bidet integrato uomo/donna ed altre cose che non capiamo 🤪

L’albergo è vicino una chiesa cattolica ed è immerso in una fitta fila di violetti zeppi di friggitorie e negozietti di abbigliamento e make up. Il senso estetico coreano è quanto di più lontano dal nostro. Dopo cena ci facciamo un giro e finiamo la serata in un pub a bere birra annacquata serviti da coreane in abiti tirolesi 😂