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2019

Giappone

Nikon D750, Nikkor 24-70 e Nikkor 70-200

Ho trascorso due settimane in Giappone, nella mitica Terra del Sol Levante. Quando si affronta una cultura millenaria non si può mai pensare di abbracciarla tutta con un solo viaggio e quindi si fanno sempre delle scelte, decidendo di vedere alcune cose e di tralasciarne altre.
Non ero a digiuno di cultura giapponese. Filmografia, cartoons, manga, libri, fotografia fanno si che quasi nessuno in Italia non abbia un’idea seppur minima della cultura nipponica. Ma entrarvi a contatto direttamente è sempre una esperienza stimolante. Se dovessi riassumere in poche parole il mio viaggio in Giappone, più che dei paesaggi mozzafiato o della bellezza dei templi e dei castelli, parlerei solo di loro: i giapponesi! Un popolo sospinto dalla propria cultura inesorabilmente verso gli eccessi. Dall’eccesso nella gentilezza e nella raffinatezza all’eccesso nel vizio e nella dedizione al lavoro.

Prima di partire ho letto un libro leggero ma interessante: Autostop con Buddha (link qui) di Will Ferguson. Un viaggio attraverso il Giappone dall’estremo sud all’estremo nord intrapreso un po’ per gioco ed un po’ per sfida per tentare di penetrare l’anima profonda di quel paese. Io molto più semplicemente mi sono limitato a salire sulle spalle di Ferguson per avere un’idea di cosa ci fosse dietro le apparenze.

Ma bando alle ciance ed iniziamo il viaggio!

L’itinerario del viaggio

19 e 20 aprile

Si vola con Korean. Un Roma-Seul da undici ore e mezza ed un Seul-Tokyo da due ore e mezza. Arriviamo nella capitale giapponese per ora di cena e prendiamo le nostre stanze allo Stayto Hotel (link qui), nel quartiere di Ueno. Tokyo è una megalopoli molto ben organizzata ma, come ogni megalopoli, è caratterizzata da spazi vitali ristretti. Un eufemismo questo per farvi intendere quanto siano piiiiiccole non solo le stanze del nostro albergo, ma quelle di qualunque casa privata. Comunque sia ci sistemiamo nelle stanze ed usciamo per cena. E’ tardi e troviamo un posto vicino l’hotel dove ceno con un ramen.

21 aprile

Bene. Siamo a Tokyo finalmente. Affrontiamo subito la sua famosa – o famigerata – metropolitana. Ogni volta che avevo iniziato a leggere qualche notizia su Tokyo ecco che si veniva messi in guardia! Pareva fosse più intricata del Labirinto di Cnosso e che perdervisi fosse un’esperienza ineludibile per molti turisti! Esagerazioni. A parte l’incertezza iniziale dovuta ad interpretare alcuni segnali, la metropolitana di Tokyo è ben organizzata e riporta tutte le indicazioni in giapponese ed inglese. Ogni linea è caratterizzata da un colore ed un nome, ogni fermata da un nome ed un numero ed ogni direzione è indicata dal capolinea e dalla progressione numerica delle fermate. Rapida, precisa ed efficiente. Sulle banchine sono evidenziati i tratti dove si apriranno le porte delle carrozze. Sono presenti sagomature a terra dove mettersi ordinatamente in fila per salire. Nonostante il quantitativo di persone trasportate – impressionante – tutto funziona a meraviglia. L’unica criticità è limitata all’affollamento delle carrozze nelle ore di punta.
I giapponesi rifuggono finché possono il contatto fisico con gli altri. Quando si attraversa la strada oppure quando ci si trova nei corridoi affollati delle stazioni è praticamente impossibile che un giapponese vi urti. L’unica eccezione è la carrozza della metro all’ora di punta dove invece i passeggeri entrano fino ad occupare letteralmente qualunque spazio libero. E sono quasi tutti intenti a fare qualcosa con il loro cellulare. Un po’ come da noi… 😈
Prima meta della giornata: il quartiere di Asakusa ed il Tempio Sensō-ji. E’ il tempio più antico della città ed è circondato da un vasto giardino (ovviamente un giardino giapponese come pleonasticamente riportano tutte le guide 😃). Dalla strada lo si raggiunge passando prima sotto il Kaminarimon, “la porta del tuono”, un vasto cancello adornato da una enoooorme lanterna di carta. Che poi non è nemmeno l’unica lanterna enooooorme presente nel complesso… Poi si passa per una strada, la Nakamise-dori, che è un bazar all’aperto, nei cui negozietti vendono di tutto, dal cibo ai souvenir. E quindi finalmente dal cancello successivo, l’Hōzōmon, inizia la zona sacra. Le caratteristiche dei templi buddisti giapponesi si presentano subito: la zona della fontana con i mestoli con cui lavarsi bocca e mani per purificarsi prima di entrare nel tempio. Ed il braciere per l’incenso, il cui fumo va diretto con le mani sulla nuca sempre con intento purificatore.
Il tempio ed il suo giardino sono anche meta di molti giapponesi che approfittano dell’occasione per indossare i kimono e fotografarsi (nel senso sia di farsi fotografie l’un l’altro sia di ammazzarsi di selfie). Le persone “inkimonate” sono veramente tante. Questo un po’ perché è domenica e non si lavora. Un po’ perchè è l’inizio della “golden week”, la settimana di ferie stabilita per legge in occasione dell’abdicazione dell’imperatore Akihito a favore del figlio Naruhito.

Piccola digressione culturale. In Giappone il calendario è suddiviso in ere. Ogni era inizia con l'ascesa al trono di un imperatore e termina con la sua morte. Quindi il passaggio del trono coincide anche con un cambio di era, nello specifico a fine mese si passerà dall'era Heisei dell'imperatore Akihito all'era Reiwa di suo figlio Naruhito. Vista l'eccezionalità dell'evento e per combattere la sindrome di dipendenza dal lavoro dei giapponesi, il governo di Shinzo Abe ha varato una legge ad hoc per concedere una settimana di ferie ai cittadini, settimana che è stata ribattezzata dai media "golden week". Conseguenza pratica per noi: moltissimi turisti giapponesi in giro ad allungare le file di ingresso nei monumenti ma anche molte più persone in giro che indossano abiti tradizionali. 

Dopo aver visitato i templi ed il parco abbiamo attraversato il fiume a piedi per raggiungere la Tokyo Sky Tree, una torre per telecomunicazioni con vista panoramica, uno degli edifici più alti al mondo. La perla del panorama della Sky Tree è il Monte Fuji. Per chi non lo conoscesse è un monte, anzi un vulcano, molto timido e nei giorni della mia permanenza a Tokyo ha sempre ed inesorabilmente preferito restare nascosto sotto un velo di foschia 🤪 Ai piedi della torre c’era un simpatico spazio di street food dove è stato un piacere pranzare.

Dopo pranzo di nuovo in metro per andare a Rappongi. Rappongi è un quartiere famoso per il triangolo dell’arte con il National Art Center, il Mori Art Museum ed il Suntory Museum of Art raccordati da un bellissimo parco. Parco per l’occasione pieno di gente che faceva picnic. Rappongi è anche un quartiere famoso per i locali che animano la sua vita notturna. Noi siamo andati a Rappongi Hills, la zona dove sorge la Mori Tower. Siamo saliti fino in cima. All’ultimo piano era possibile visitare una mostra dedicata alla Pixar. Siamo anche saliti sul tetto da dove si vede bene la celeberrima Tokyo Tower… quella buttata giù in tutti i film di Godzilla 🦖

In serata siamo andati a Shibuya, il quartiere del famoso incrocio. L’incrocio di Shibuya è famoso per le sue folle ordinate che, al comando dei semafori, attraversano in contemporanea le strade sia in senso ortogonale che diagonale. La cosa è abbastanza comune in Giappone, ma qui è facile osservarlo dalle vetrate dei locali nei palazzi intorno. Come ho già accennato parlando della metropolitana, i giapponesi sono molto attenti ad evitare il contatto fisico finché possibile. L’incrocio di Shibuya ne è una prova lampante. La massa di gente che si accumula sui marciapiedi prima dello scattare del semaforo verde è notevole. Ma anche attraversando più volte è quasi impossibile venire urtati dai giapponesi.

Nella piazza dietro l’incrocio c’è la statua dedicata al cane Hachikō, protagonista di una commovente storia di fedeltà nei confronti del suo padrone, il professore Hidesaburō Ueno. Il professore morì improvvisamente durante una lezione all’università, stroncato da un ictus. Hachikō, come ogni giorno, si presentò alla stazione di Shibuya alle cinque del pomeriggio, l’orario in cui il suo padrone solitamente arrivava. Ma attese invano. Ciononostante, tornò alla stazione tutti i giorni. Con il passare del tempo, il capostazione di Shibuya e le persone che prendevano quotidianamente il treno iniziarono ad accorgersi di lui e cercarono di accudirlo, offrendogli cibo e riparo. Con il passare del tempo la vicenda ebbe un enorme risalto sui media e molte persone cominciarono ad andare a Shibuya solo per vederlo e poterlo accarezzare, mentre attendeva invano il padrone. Gli fu dedicata la statua e quando morì, dopo dieci anni di vana attesa, fu dichiarato un giorno di lutto nazionale.

Shibuya è anche una dei quartieri dedicati alla vita notturna a Tokyo. Abbiamo quindi cenato in un locale di zona e ci siamo trattenuti per la serata. Una parte del quartiere ospita un red light district. E’ una zona abbastanza piccola, fatta di stradine dense di localini che promuovono spettacoli e di sexy shop. La cosa più divertente è proprio l’ingresso di questi ultimi, dove fanno bella mostra di se le mise da regalare alla propria fidanzata per rendere intrigante la serata: chi di noi non si ecciterebbe ammirando la propria ragazza vestita come un manga o con la divisa delle scolarette?!? 🤪

22 aprile

Si va la mattina al mercato del pesce di Tsukiji. Innanzitutto un chiarimento. Fino al 2018 a Tsukiji convivevano sia il mercato dedicato a rivenditori, supermercati e ristoratori per la compravendita, sia la zona di street food e sushi bar per i turisti. Adesso, per l’insufficiente capienza della sede storica, il settore della compravendita è stato spostato a Toyosu in una nuova struttura più adeguata alla bisogna. Anche qui si potrà seguire l’asta dei tonni, sebbene non più direttamente nei locali in cui si svolge, ma da un ambiente a parte, isolato da una grande vetrata. Noi siamo andati solamente a Tsukiji (bisogna fare delle scelte quando c’è troppo da vedere… anche se mi sarebbe piaciuto assistere ad un’asta). Un dedalo di vialetti saturi di folla assiepata lungo i banchi dei negozietti che vendono pesce cotto in qualunque maniera venga in mente ad un giapponese. Numerosi anche i sushi bar dove consiglio fortemente una sosta 😉

Piccola nota sul cibo e sul suo costo. Prima di partire tutte le persone che erano state in Giappone mi avevano detto che mangiare sarebbe stato caro. La mia prima impressione appena arrivato invece era stata diametralmente opposta. Consultando i menu e convertendo il prezzo dallo yen all'euro i costi sembravano contenuti. Ovviamente c'era il trucco. E non parlo delle tasse che spesso all'estero non sono contemplate nei prezzi esposti al pubblico. Parlo delle porzioni! Miserrimeeeeee 😬

Dopo Tsukiji siamo andati a Akihabara, il quartiere tempio dell’elettronica e dei manga. Qui ci sono negozi multipiano dedicati agli anime o ai manga con scaffali e scaffali di fumetti o merchandise: dai pupazzi alle action figures, dalle calamite ai vestiti da cosplayer. Ad Akihabara abbiamo approfittato per effettuare due incursioni nelle fantasie malate dei giapponesi: il pachinko ed i maid cafè.

La prima follia è il pachinko. Il pachinko è un gioco d’azzardo estremamente diffuso in Giappone. E quando dico estremamente diffuso intendo che le sale di pachinko le si vedono proprio ovunque. Le sale pachinko ricordano le vecchie sale giochi. Il pachinko infatti è una sorta di flipper, che si sviluppa però in verticale. Si acquistano delle sfere che il giocatore inserisce nella macchina. Le sfere quindi sono rilasciate in cima al campo di gioco, su cui si trovano pioli, barriere e così via. Le sfere, cadendo, iniziano a rimbalzare su di essi. Nel campo di gioco sono presenti anche dei fori d’uscita: se una sfera li raggiunge, si vincono ulteriori sfere, che danno diritto ad altre partite. Se invece la sfera cade sul fondo della parete, essa viene persa. Ogni macchina di pachinko emette suoni e luci, e l’ambiente è ulteriormente inondato di musica a tutto volume. Serve meno di un minuto per essere instupiditi!!! E c’è gente che passa ore ed ore a giocare a pachinko…

La seconda follia sono i maid cafè, nati proprio qui ad Akihabara. Immaginate di entrare in un locale dove le cameriere, le maid appunto, sono ragazze vestite con un particolare tipo di divisa di foggia vittoriana o francese, riccamente decorata con pizzi e l’immancabile grembiule. Bene… questo è il minimo, perchè le cameriere hanno atteggiamenti infantili e coccolano i clienti con canzoncine ed atteggiamenti da bambine. Da quello che ho capito un giapponese che lavora quelle 13 ore al giorno che sono il minimo sindacale da queste parti, prima di rientrare a casa per svenire nel letto, gradirebbe intrattenersi in questi posti per godere di qualche coccola… 🤷🏻‍♂️ Quindi esistono vari tipi di maid cafè, di varie fasce di prezzo, in cui bersi un drink venendo trattato in maniera dolce e giocosa… ma comunque sempre con questa modalità infantile 🤦🏻‍♂️ Personalmente ho inteso questi maid cafè come la versione economica e popolare – e comunque nei contenuti diametralmente opposta – dei locali dove sono invece le geishe a gestire un intrattenimento culturalmente elevato e raffinato.

Nel pomeriggio andiamo al Parco di Ueno, un enorme parco pieno di verde, sede del Museo Nazionale di Tokyo, del Museo d’arte occidentale, di vari templi e pagode.

Ceniamo in un locale chiamato Asakusa Okonomiyaki Sometaro (link qui) dove si mangia una caratteristica frittata che ci si cucina da soli al tavolo (si è seduti a terra davanti il classico tavolo basso) su una piastra bollente.

Dopo cena siamo andati nella zona delle torri di Shinjuku. Era troppo tardi per salire in cima a quelle specifiche torri ma ne era aperta un’altra lì vicino con ristorante panoramico. Sono stati gentili e ci hanno permesso di gettare un altro sguardo alle luci della città dalle loro vetrate.

23 aprile

Inauguriamo la mattina con la visita ai giardini del palazzo imperiale. Guardando la città dal cielo, i giardini del palazzo sono una enorme macchia verde circondati da un mare di cemento. Un vero polmone al centro della megalopoli. Siamo stati fortunati e ci siamo accaparrati gli ultimi posti per la visita gratuita della fascia oraria in cui eravamo arrivati. I giardini sono molto vasti e belli. Il palazzo imperiale non è visitabile, sebbene lo si osservi dall’esterno. Non aspettatevi nulla di particolare perchè qui entra in gioco il minimalismo giapponese. Esso è infatti composto da più padiglioni bassi e lunghi, abbastanza anonimi. Molto diverso dal concetto europeo di “palazzo reale”.

Trovandoci in zona abbiamo approfittato per visitare la hall del Tokyo International Forum. Parliamo di un centro congressi con una hall spettacolare che ricorda la chiglia di una nave. Progetto dell’architetto uruguaiano Rafael Vinoly, fu inaugurato nel 1996 e spettacolare esempio di architettura moderna.

Restando sempre in zona siamo andati a pranzo alla Ramen Street. La Ramen Street è presso la Tokyo Station. Anzi, sotto la Tokyo Station. Sotto la stazione, ai livelli della metropolitana, esiste un grande centro commerciale dove si può trovare la minuscola Ramen Street. Pochi locali dove si fa la fila ad una pulsantiera. Si inseriscono gli yen, si ordina il ramen desiderato – si va dai classici a ricette originali – e le bevande e ci si fa accompagnare al tavolino dalla cameriera.

Dopo pranzo andiamo nel quartiere di Onarimon, dove sorge la Tokyo Tower (è vero, sembra proprio la Torre Eiffel dipinta di rosso e bianco!) ed il tempio Zojo-ji. Questo tempio è la culla del buddismo Jodo Shu, una dottrina che nacque in Cina e fu poi introdotta in Giappone dal monaco Honen Shonin.

Stanchi dei grattacieli ci spostiamo per la serata a Kagurazaka, un quartiere caratterizzato da casine basse e piccine. Alcune ospitano negozietti di artigianato assolutamente originali e che vale la pena scoprire, nonché vari localini per cenare. La cosa bella di Tokyo è che i giapponesi, che hanno un culto particolare per il verde, non vi rinunciano nemmeno quando sono costretti a vivere in ambienti angusti come a Tokyo. Spesso le case non hanno giardini o balconi ma lungo il bordo strada che rasenta il portone di ingresso ci sono sempre dei vasi con qualche piantina e qualche alberello. Ceniamo al Torijaya (link qui), un ristorante che ricostruisce un ambiente tradizionale con tanto di porte di legno e carta ad isolare i vari ambienti.

24 aprile

Prima escursione fuori Tokyo. Sfruttiamo il nostro abbonamento alla Japan Rail. Ci costa circa 240 euro per una settimana ma permette di sfruttare sia le linee regolari che quelle veloci (lo Shinkansen). Forse non sarà economico come prezzo ma il servizio e la puntualità delle ferrovie giapponesi lo rende impagabile.

da Tokyo a Kamakura

Andiamo a Kamakura, 50 km a sud di Tokyo. A Kamakura si possono visitare vari templi. Noi abbiamo visitato il tempio Engaku-ji ed il tempio Kencho-ji, entrambi buddisti. In quest’ultimo è possibile salire fin sulla collina alle sue spalle per vedere il panorama ed il Monte Fuji. Anche in questa giornata il Fuji si conferma molto timido e preferisce restare sotto una coltre di foschia… 🙅🏻‍♂️

In uno dei templi abbiamo anche la fortuna di imbatterci in un gruppo di signori che si allenavano nel kyūdō, il tiro con l’arco giapponese.


Poi è il turno di un tempio scintoista, il tempio Tsurugaoka Hachiman-gu. Visitato il tempio raggiungiamo a piedi la piazza della stazione percorrendo la Komachi Dori, una strada fitta di ogni tipo di negozietto. Capirete che già a questo punto del viaggio tra souvenir e regali il peso del vostro bagaglio sarà più che raddoppiato 😎 Comunque sia in piazza prendiamo un bus che in breve ci porta al Daibutsu, una statua di Buddha alta 13 metri.

Torniamo a Tokyo per andare a vedere la baia della città. Prendiamo la Yurikamome Line (una monorotaia che attraversa in maniera spettacolare la baia passando all’interno del Rainbow Bridge) per Obaida. Le cose da vedere fondamentalmente sono due. Una rivisitazione di New York City con una Statua della Libertà che si staglia davanti il Brooklyn Bridge… ehm no, scusate! Intendevo il Rainbow Bridge. Voi direte: e che senso ha?!? Boh?!? 🤷🏻‍♂️ Sembra sia un posto trendy per le coppiette giapponesi che trovano il panorama romantico. Senza contare le scolaresche – almeno tre quando eravamo presenti noi – che vengono apposta a farsi delle foto di gruppo qui!

E poi c’è il Gundam. Una statua in scala uno ad uno di uno dei più famosi robottoni della cultura giapponese. Per gli appassionati sappiate che al momento fa bella mostra di se la versione unicorn, al posto di quella classica.

Una chicca. Sempre ad Obaida c’è un centro commerciale – in realtà ce ne sono più di uno – il Venus Fort. In uno spazio è ricavato un bel museo, il Toyota Megaweb History Garage (link qui), con auto storiche prodotte tra il 1950 ed il 1970 ed una ricostruzione degli ambienti della Tokyo del 1960.

25 aprile

da Tokyo a Nikko

Oggi si va a Nikko, un centinaio di chilometri a nord di Tokyo. Altra zona di santuari molto, molto belli che si dipanano sulle pendici di un colle. Imponente il Santuario Toshogu, dove riposano i resti mortali di Tokugawa Ieyasu, fondatore della dinastia shogun Tokugawa che governò il Giappone per 250 anni.

Visitiamo anche il Santuario Futarasan Jinja e qualche tempio minore scendendo man mano la collina fino al ponte rosso Shin-Kyo – uno dei più iconici ponti giapponesi. Di lì abbiamo raggiunto lo Kanmangafuchi Abyss, una gola percorrendo la quale si sfila davanti 70 statue di Jizo, un Bodhisattva che si prende cura dei defunti.

26 aprile

Finalmente lasciamo Tokyo per Takayama. Takayama è un piccolo borgo di montagna caratterizzato da antiche casette in legno, da una serie di locande storiche, di botteghe d’artigianato e di antiquariato, nonché da fabbriche centenarie dove si produce il sakè. Insomma uno di quei posti dove il connubio tipicamente giapponese tra antico e moderno trova la sua sintesi.
Il viaggio ci impegna per buona parte della giornata – Shinkansen fino a Nagoya e treno locale fino a Takayama. La parte in treno si rivela molto bella perchè ci permette di ammirare il paesaggio montano circostante.

da Tokyo a Takayama


Al nostro arrivo, nel tardo pomeriggio, non perdiamo tempo ed andiamo a visitare il “villaggio tradizionale” di Hida: Hida no Sato. E’ un museo a cielo aperto consistente di una trentina di case risalenti al periodo Edo. Le case sono state recuperate da vari villaggi e riunite qui per dare vita a questa struttura. Sono visitabili anche all’interno e rendono bene l’idea della durezza della vita contadina nel periodo feudale, soprattutto in una zona di montagna come questa dove l’inverno cadono abbondanti nevicate.


Il nostro alloggio è l’Oyado Hachibei (link qui), un ryokan ossia un albergo tradizionale giapponese. Un vasto edificio a due piani dove girare vestiti in kimono, rilassarsi la sera nell’onsen e cenare seduti a terra ai classici tavolini bassi gustando una tipica cena nipponica per poi dormire a terra sui futon.
E quindi immergiamoci nella spettacolare serata trascorsa dai nostri eroi nel ryokan.
Come quasi ovunque in Giappone anche e soprattutto qui le scarpe vengono lasciate rigorosamente in una scarpiera all’ingresso della struttura, dove vengono fatte trovare delle ciabatte. Portati i bagagli nelle stanze, abbiamo preso i kimono – forse non l’ho detto prima, ma per tutto il viaggio non ho mai utilizzato il pigiama che avevo portato perchè tutte le strutture ci hanno fatto sempre trovare kimono e calzini – e ci siamo diretti all’onsen.
Cos’è l’onsen? Questo termine identifica una stazione termale che può essere gestita dalla comunità – quindi una struttura pubblica – o da un albergo, quasi sempre un ryokan, come nel nostro caso. Non è prevista promiscuità: ogni onsen quindi è composto di una zona maschile separata da quella femminile. I giapponesi tengono molto alla loro igiene e prima di entrare nelle vasche di acqua calda si passa nella zona delle docce, dove ci si insapona accuratamente e ci si sciacqua abbondantemente. Le vasche di acqua calda possono essere all’interno della struttura o all’esterno. Nel nostro caso ne avevamo due, una interna ed una esterna. E quindi… cosa c’è di meglio dopo una giornata in giro di un bel bagno rilassante?
Dopo l’onsen ci siamo riuniti per la cena. Tutti puliti e addobbati con i nostri kimono, abbiamo consumato una cena tradizionale seduti a terra ai tavolini bassi. I pasti non prevedono mai pietanze abbondanti (premuratevi quindi di comprare durante la giornata biscotti o altre vettovaglie casomai il cibo non fosse sufficiente a saziarvi) ma la presentazione delle pietanze è sempre molto curata ed è una gioia per gli occhi. Si mangia rigorosamente con le bacchette. Ma tranquilli. Anche se non siete predisposti, non essendoci alternative, grazie ad un innato istinto di autoconservazione le utilizzerete senza problemi 😉 Alla peggio potrete comunque implorare per delle occidentalissime posate 😎
Le stanze sono spaziose ma si dorme a terra sui futon – materassi composti da diverse falde di cotone rivestite con una fodera e stesi su una stuoia, il tatami. Che alla fine non sono neanche scomodi… se non fosse per la difficoltà ad alzarsi. I bagni sono comuni al piano. Visto che si gira in calzini o pantofole da camera, all’ingresso dei bagni sono disponibili pantofole più spesse o zoccoli di legno. Le tazze sono le tipiche tazze giapponesi, con seduta riscaldata, bidet maschile e femminile incorporato e forse altri optional su cui non ho indagato.

27 aprile

Visitiamo Takayama. Le vie centrali sono costituite da queste antiche abitazioni risalenti al periodo Edo spesso trasformate in negozi o in locande. Visitiamo la Takayama Jinya, la antica residenza del governatore. Questa è composta da numerose stanze dal pavimento ricoperto di tatami che erano adibite ad uffici, sale conferenze, camere per gli ospiti e spazi residenziali. La struttura ospita anche un museo con attrezzi d’epoca e testi letterari.

Ci sono molti templi che si snodano lungo l’Higashiyama Walk – ne visitiamo qualcuno – e ad un certo punto scopriamo una casa trasformata in un cafè. Un posto spettacolare, dalla armatura di un samurai conservata all’ingresso al piccolo giardino interno intorno al quale si aprono le sale dove degustare il the.

da takayama a Kyoto

Nel pomeriggio riprendiamo il treno per raggiungere Kyoto. Andando nella carrozza di testa passo un po’ di tempo ad apprezzare l’organizzazione giapponese atta a mantenere i treni in perfetto orario. Le ferrovie dotano i macchinisti di un orologio da tasca, il classico cipollone dei nostri nonni. Nella plancia di comando del treno c’è una sagomatura predisposta per accogliere l’orologio. Ogni volta che si passa un checkpoint, un passaggio a livello per esempio, il macchinista controlla da una tabella appesa nella cabina la puntualità della corsa.

In serata siamo a Kyoto, prendiamo le stanze al Kyoto Travellers Inn (link qui) e facciamo un giro a Gion, il quartiere delle gheise, prima di andare a cena. Gion è un quartiere caratterizzato dalle tipiche case in legno dette Machiya che ospitano negozi, ristoranti e le famose (e carissime) sale da the dove le geishe svolgono funzioni di intrattenimento. Occorre sottolineare come quello della geisha non sia un lavoro che abbia a che fare con il sesso come spesso viene frainteso in occidente. La geisha è una artista che intrattiene con canti, musica e danza i propri ospiti.

28 aprile

Prima tappa della giornata: Nara. Nara divenne la prima capitale stabile del Giappone nel 710. Prima di allora era usanza che le capitali cambiassero sede all’ascesa di un nuovo imperatore. Il sito ospita alcuni dei più grandi e più antichi templi giapponesi. Varcato il Nandaimon Gate, un enorme cancello in legno, visitiamo il Tempio Todaiji, uno dei templi buddisti più famosi del Giappone – si tramanda che la capitale fu trasferita da Nara a Nagaoka nel 784 proprio per limitare l’influenza dei monaci sul governo centrale! La caratteristica principale del tempio è il Daibutsuden, la struttura in legno più grande del mondo che ospita una delle più grandi statue in bronzo del Buddha. Visitiamo anche il Tempio Kofukuji ed il Nigatsu-dō, sede dell’Omizutori, una festa buddista molto scenografica.

Nara è anche famosa per i suoi cervi che sono considerati messaggeri degli dei e quindi sacri e che si muovono liberamente nei parchi cittadini. Tutti sono entusiasti di nutrirli con biscotti e di scattarsi selfie con loro. La scena è carina e se avete dei bambini impazziranno dalla gioia per accarezzare i cervi. A me che invece preferisco vedere gli animali vivere liberi e soprattutto indisturbati in natura, i cervi dei parchi di Nara hanno entusiasmato molto meno.

da Kyoto a Nara

Seconda tappa: il tempio Fushimi Inari. Fushimi Inari è sede di templi scintoisti dedicati appunto ad Inari, il dio del riso, i cui messaggeri sono le volpi. Il sito è caratterizzato da lunghe gallerie di torii dipinti di rosso vermiglio che collegano le varie zone sacre.

La giornata vedeva una densa presenza di “inkimonati”, ragazzi e ragazze da immortalare nei loro bellissimi abiti tradizionali in una scenografia fantastica.

29 aprile

da Kyoto ad Himeji

La mattina lasciamo Kyoto per Himeji ed il suo castello. E’ il più spettacolare dei dodici castelli medioevali rimasti in Giappone. Elegante nelle linee, bianchissimo ed imponente merita tutta la sua fama. Se voleste visitarlo sappiate però che all’interno le sue stanze sono assolutamente vuote. Se aveste poco tempo allora sarebbe meglio restare nel sottostante parco Kokoen per assistere ad una cerimonia del the.

In Giappone, nazione dalla lunga tradizione feudale, sono rimasti, come accennavo, ben pochi castelli. E questo non tanto per la seconda guerra mondiale e le distruzioni legate ad essa. I castelli erano il centro del potere dei vari signori della guerra che governavano in Giappone durante i due secoli del periodo Sengoku o degli stati belligeranti. Un periodo in cui i vari signori feudali avevano tolto potere all'imperatore ed i feudi erano sempre in guerra tra loro. Con il restaurarsi del potere centrale furono gli imperatori a distruggere man mano i castelli per costringere alla sottomissione le famiglie nobiliari. Detto ciò, i pochi rimasti sono stati tutti ricostruiti più volte. I castelli infatti sono costruiti in legno e posti sempre in zone elevate - la difesa era spesso affidata più alle torri di guardia e alle mura che non alla struttura centrale. Il castello doveva magnificare la potenza del suo signore. Ma attirava sovente i fulmini che generavano vasti incendi.

Dopo Himeji andiamo ad Arashiyama. E’ una zona molto suggestiva che da un po’ l’idea di come doveva essere un tempo il Giappone. Attraversiamo una bella foresta di bambù per raggiungere la stazione dove prendiamo un trenino panoramico, il Sagano Scenic Railway (link qui), che costeggia i profondi canyon solcati dalle acque impetuose del fiume Hozugawa. Arashiyama ospita anche vari templi, tra cui il tempio Tenryuji, un importante tempio zen, e la Katsura Rikyū, uno dei più raffinati esempi di palazzo con giardino giapponese.

30 aprile

Stamane termina l’era Heisei con l’abdicazione dell’Imperatore Akihito. Una cerimonia di dieci minuti da quel che ci dicono. Sono esposte bandiere giapponesi ovunque, alle finestre dei palazzi e sul cofano delle auto. Ovunque.

da Kyoto ad Hiroshima

A Kyoto diluvia. Ma noi prendiamo lo Shinkansen ed andiamo ad Hiroshima dove il tempo è più clemente.
Hiroshima è una meta particolare il cui nome è passato alla storia per l’esplosione della prima bomba atomica. La devastazione lascia traccia di se nell’unico edificio non ricostruito, l’A-Bomb Dome, sventrato dall’esplosione e rimasto qui a monito per tutti noi. Più lo guardi, più resti attonito al pensiero di tante vite spente in una frazione di secondo. Ci giro intorno e non riesco a staccare gli occhi da questo rudere così carico di significato.
Poi una passeggiata nel Peace Memorial Park. Con la fiamma destinata a restare sempre accesa finché esisteranno bombe atomiche e l’arco che coincide con l’epicentro dell’esplosione dove si può esprimere una preghiera.

Dopo il Memorial Park andiamo a vedere il castello della città che, al contrario di molti altri costruiti su un colle, è in una piana nel centro della città. Nel primo pomeriggio torniamo a Kyoto. A Kyoto ha smesso di piovere e andiamo a vedere il Kinkaku-ji o Tempio del Padiglione d’Oro. Un famoso tempio zen i cui ultimi due piani sono ricoperti all’esterno da lamine d’oro. Costruito sulle sponde di uno stagno su cui si riflette è circondato da un vasto parco.

Facciamo un giro al Nishiki Market – zona commerciale e di street food – per poi cenare sul lungofiume.

1 maggio

Oggi inizia l’era Reiwa con l’ascesa dell’Imperatore Naruhito. Anche in questo caso una breve cerimonia avvenuta in mattinata per completare il simbolico passaggio delle insegne imperiali.

da Kyoto a Koyasan

Si va sul monte Koya, una montagna sacra perchè qui Kobo Daishi ha scelto di costruire il proprio monastero e farne la sede del Buddismo Shingon (o “buddismo esoterico”). Una lunga tratta su due treni ed una cremagliera per abbandonare le luci ed il frastuono della città ed immergersi in un ambiente mistico.

Nel villaggio di Koyasan pernottiamo nel monastero Sekishoin (link qui). Ci sono vari monasteri-albergo a Koyasan che permettono una sistemazione simile al ryokan. C’è un onsen, un giardino giapponese (non sono ridondante, è proprio indicato come “japan garden”), una vasta sala per il pasto. Una nota: la cena è servita alle 17,30 e alle 17 tutte le attività commerciali del villaggio chiudono. Rammentandovi della esiguità delle porzioni del cibo, onde essere sicuri di saziarvi avete due possibilità. O come noi mangiare una tempura verso le 17 in uno dei ristorantini lungo la strada. Oppure comprare qualche biscotto o della frutta per integrare in serata il pasto.


Al nostro arrivo piove ma, muniti di ombrello, andiamo in serata a visitare il cimitero Okunoin. Parliamo del più importante cimitero buddista del Giappone. Percorriamo un sentiero che si snoda per quasi due chilometri attraverso una foresta di alberi ad alto fusto e circa duecentomila lapidi spesso ricoperte di muschio per finire al Mausoleo di Kobo Daishi, le cui pagode sono illuminate da centinaia di laterne.


La magia ed il misticismo di questo posto è indescrivibile, tanto che la mattina torno per una seconda passeggiata.

2 maggio

Alle 6,30 del mattino abbiamo l’occasione di partecipare alle preghiere dei monaci. La cerimonia è molto semplice ma ipnotica. I monaci sono seduti ai lati del monaco più anziano e ripetono ossessivamente le preghiere. E’ un’esperienza mistica che ci cattura.

Visitiamo Koyasan – oltre al cimitero, dove ritorno, ci sono il Tempio Garan ed il Tempio di Kongobu-ji.

da Koyasan ad Osaka


Nel pomeriggio di nuovo cremagliera e treni per Osaka. Ad Osaka prendiamo un paio di appartamenti vicino la stazione della metro di Ebisucho, nella zona commerciale di Shinsekai. Caratterizzato dalla Tsutenkaku Tower il quartiere è sede della movida notturna al pari di Dotombori Zaza. Inutile dire che facciamo la spola tra l’uno e l’altro 😎

3 maggio

Osaka è una città moderna la cui economia si basa sul suo grande porto. Normalmente è una città dove si pernotta la sera prima di prendere l’aereo per il ritorno. Noi invece abbiamo a disposizione una giornata piena per visitarla e la sfruttiamo. Andiamo al tempio Isshunji ed al tempio Shitenniji. Ma l’attrazione principale della città è il suo castello. Il castello di Osaka per bellezza è secondo solo a quello di Himeji ma, rispetto a quest’ultimo, è circondato da un formidabile parco cittadino. Un parco aperto di giorno e di notte, sede di spettacoli e divertimenti. Il castello occupa un posto importante nella storia del Giappone perchè porta con se un retaggio di sangue e morte. Il castello di Osaka fu infatti protagonista dell’ultima resistenza al potere dello shogun Tokugawa da parte del clan Hideyoshi. Fu con la sconfitta e lo sterminio di questi ultimi potenti signori feudali che Tokugawa riunificò il Giappone sotto il potere imperiale.

Dormiamo in un capsule hotel, quelle soluzioni abitative così particolari nate proprio qui ad Osaka. Quello dove andiamo, il Capsule Hotel Valie Ebisucho (link qui) è moderno e asettico. E’ suddiviso in piani, maschili e femminili. C’è un armadietto per le scarpe, uno per lo zaino, la capsula è alta e non da sensazione di soffocamento come temevo (aiuta anche una ventola che una volta attivata muove l’aria). Ci sono docce e bagni e all’arrivo si viene riforniti di asciugamani e kimono. Insomma per una sera è un’esperienza fattibile.

4 Maggio

Si ritorna a casa per la stessa via dell’andata: Osaka-Seul e Seul-Fiumicino sempre con Korean.