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2016

Perù e Bolivia

Nikon D5300, Nikkor 18-200 e Sigma 50mm f/1.4

Questo è stato il mio terzo viaggio sulle Ande. Anche questa volta ho viaggiato con Avventure nel Mondo. Gruppo di quindici persone, di cui per metà ci conosciamo già per aver fatto altri viaggi insieme. Avventure chiama questo viaggio Camino Real, nome che porta in sé un suggestivo richiamo al Camino Inca, il trek di quattro giorni nella Valle Sagrada di Cuzco. Le tappe del Camino Real comprendono il sud del Perù, il nord ed il sud-ovest della Bolivia (da La Paz a Tupiza e da Uyuni a La Paz ci si sposta dormendo sui bus).

L’itinerario del viaggio

Nel sud-ovest boliviano (il Salar de Uyuni e le lagune d’alta quota) ero già stato cinque anni fa – qui potete leggere il diario di quel viaggio – ma ci sono tornato con piacere. Sebbene siano posti non facili da visitare – temperature che spaziano dai 18 gradi diurni ai -10 notturni, notti passate nei sacchi a pelo in rifugi poco confortevoli – la loro bellezza ed unicità merita il disagio di qualche giorno. Gli spostamenti sono sempre avvenuti su bus e pulmini privati con autista o su autobus pubblici – che comunque sono utilizzati quasi solo dai turisti. Le monete locali – il Sol in Perù ed il Boliviano in Bolivia – hanno un cambio favorevole con l’euro, ragion per cui la vita costa poco a noi turisti.

30 luglio

Il piano voli non è proprio dei migliori. Da Roma siamo in cinque a partire e dobbiamo spostarci a Milano Malpensa per uno scalo di varie ore! Atterrati a Malpensa approfittiamo per visitare il museo di Volandia, raggiungibile a piedi dall’aeroporto. Volandia nasce dal recupero delle Officine Aeronautiche Caproni e permette un tuffo nella storia dell’aeronautica. Abbiamo tutto il tempo di visitare i vari padiglioni – anche se nel periodo estivo la mancanza di aria condizionata rende alcuni di essi soffocanti. Della serie che li abbiamo percorsi di fretta pur di uscire a respirare 😁

All’orario convenuto ci riuniamo col resto del gruppo e finalmente si parte per la grande avventura. Nessun ritardo per il volo intercontinentale: dodici ore per coprire la tratta Milano-Sao Paulo in Brasile.

31 luglio

da Lima a Pisco

Breve scalo prima dell’alba nell’aeroporto di Sao Paulo. Altre cinque ore di volo e siamo a Lima. Durante il volo sorvoliamo il Lago Titicaca. Immenso. Bellissimo. Restiamo incollati ai finestrini ad ammirarlo.

Sebbene l’atterraggio avvenga all’alba, tra il recupero dei bagagli e lo spostamento in città perdiamo molto più tempo di quanto avessimo preventivato e raggiungiamo il centro di Lima praticamente ad ora di pranzo. In più il centro storico è chiuso al traffico. Non perché sia domenica ma perché due giorni prima il Perù ha festeggiato la propria festa nazionale. I festeggiamenti sono stati però protratti per tutto il weekend. Lasciamo allora in deposito in un albergo non lontano da Plaza de Armas i bagagli e decidiamo di girare a piedi il centro della capitale del Perù. In Plaza de Armas è stato eretto un palco dove si alternano cantanti e cabarettisti. La piazza è affollata e piena di banchetti che cucinano e vendono pietanze locali. Mangiamo qualche spiedino cotto davanti i nostri occhi e poi via per un veloce giro turistico. Abbiamo tempi stretti – alle 16 dobbiamo aver recuperato il bagaglio e molte chiese ora sono chiuse e riapriranno al pubblico solo dopo quell’ora. Comunque visitiamo la Cattedrale, dove riposano le spoglie di Pizarro, conquistatore del Perù. Apprezziamo le facciate barocche di altre chiese vicine la piazza centrale e l’architettura coloniale della zona con i tipici balconi decorati.

Recuperato il bagaglio ci spostiamo nel quartiere di Miraflores, sul mare. É una zona molto vissuta dagli abitanti di Lima, dove si può passeggiare tranquillamente. C’è anche una piazza dedicata all’amore, e quindi ritrovo di coppiette e famiglie. La passeggiata è inserita sulla cima di una ripida scogliera che cade a picco su un mare zeppo di surfisti, mentre il cielo è pieno di parapendii. Gli istruttori infatti fanno vorticare i turisti tra i grattacieli e la scogliera. Magari sarebbe carino provare l’esperienza ma i nostri tempi sono troppo stretti.

Ci godiamo comunque una crêpe – considerate che in Sud America tra quando ordinate del cibo a quando sarà pronto può passare moooolto tempo 😅 – dopodiché raggiungiamo Pisco, dove pernottiamo all’Hotel Residencial San Jorge. Pisco è la località famosa soprattutto per aver dato il nome al liquore tipico del Perù, il pisco appunto, il cui gusto ricorda vagamente la sambuca.

1 agosto

da Pisco a Nazca

Il nostro primo giorno completo in Perù promette di essere molto impegnativo. Partiamo alle sei e mezza del mattino per raggiungere l’imbarcadero nella zona della Riserva Nazionale di Paracas. La nostra meta sono le Islas Ballestas – a volte soprannominate le Galapagos dei poveri. Le isole non meritano assolutamente questo appellativo leggermente sprezzante che si può trovare su qualche guida turistica. Vengono definite così perché sono molto vicine alla costa e permettono di vedere facilmente e a basso costo una notevole varietà di animali: dalle sule ai pellicani, dai pinguini ai leoni marini.

Le Ballestas meritano sicuramente di essere visitate – e ve lo dice uno che alle Galapagos comunque c’è stato. La tratta in motoscafo per raggiungerle dura poco più di mezz’ora e la gita da molta soddisfazione. Non si può assolutamente scendere a terra – sia perché non è agevole farlo, sia perché le isole sono famose anche per la notevole quantità di guano che vi può essere raccolta e che rende, diciamo… poco pratica una escursione 😜 Infatti uno dei nostri timori – per fortuna rivelatosi infondato – consisteva dall’essere bersaglio degli escrementi degli uccelli 😎

Tornati dall’escursione alle Islas Ballestas, ci spostiamo più a sud lungo la costa. Questa zona del Perù è caratterizzata da zone desertiche abbastanza estese. Raggiungiamo un’oasi nei pressi della città di Huacachina. Lì avevamo prenotato un giro sui classici mezzi da deserto, i dune buggy.

Molto divertenti. Gli autisti ci scorrazzano in su ed in giù per le dune e ci fanno divertire da pazzi.

Dopo pranzo riprendiamo il nostro tragitto e raggiungiamo la piana di Nazca. La nostra prima sosta è al mirador nel mezzo della piana, un traliccio alto all’incirca un paio di piani, eretto a ridosso di due delle famose linee. Per chi avesse timore a sorvolare con gli aerei da turismo le linee questa è l’unica soluzione per apprezzarle – dal livello del suolo infatti non si vede assolutamente nulla. Vi consiglio però di farvi coraggio e di affrontare il volo, perché in effetti dal mirador si vede pochissimo e non si riesce ad avere un’idea neppur minima dell’estensione e della varietà delle Linee di Nazca.

Dopo la breve sosta al mirador raggiungiamo l’aeroporto di Nazca. Nella struttura sono ospitate varie compagnie aeree. Noi eravamo in contatto con la Nazca Travel Air. Veniamo pesati e ripartiti negli aerei, piccoli piper da turismo con cinque posti ciascuno per i passeggeri. Il volo è stato spettacolare. Si resta senza parole di fronte all’impegno di questa civiltà che ha voluto onorare i propri dei celesti con queste figure visibili solo dall’alto.

Una volta atterrati abbiamo raggiunto il nostro albergo, La Posada de Don Hono, sito a due passi dalla Plaza de Armas della cittadina. Alt! Nota per chi non fosse avvezzo alla toponomastica delle città coloniali spagnole. Non si sfugge a questa regola: la piazza principale si chiama sempre Plaza de Armas. bene, proseguiamo. E’ ancora presto per cenare e pensiamo, stoltamente, di prendere un aperitivo. Troviamo un locale non proprio all’ultima moda che offre del Pisco Sour. Il Pisco Sour vuole essere una chiccheria peruviana: liquore pisco, zucchero, bianco d’uovo, ghiaccio, zenzero… meglio dimenticare… veramente, meglio dimenticare… Ci siamo rifatti comunque a cena in un ottimo locale sulla Plaza dove servivano carne squisita.

2 agosto

da Nazca ad Arequipa

Lunga giornata di spostamento per poter raggiungere in serata la città di Arequipa. La prima sosta la facciamo vicino Nazca, presso il Cimitero di Chauchilla. Il Cimitero è un sito archeologico, risalente ad un migliaio di anni fa, noto per i ritrovamenti di alcune mummie e di molte ossa. Si possono visitare alcune tombe ricostruite e, passeggiando nella piana, si possono rilevare numerosi resti umani (femori, anche, spine dorsali) della cui età però non saprei dire.

Dopo questa prima sosta ne effettuiamo un’altra in una zona collinare, coltivata ad ulivi. Ci fermiamo in un villaggio polveroso, un classico in questa zona del mondo, dove alcun abitanti si affrettano ad aprire le loro bancarelle per offrirci assaggini di olive e patè sempre d’oliva e poterceli quindi vendere. Facciamo qualche acquisto, scattiamo qualche foto a dei bambini e riprendiamo il viaggio.

Percorriamo la Panamericana Sur che ci offre viste spettacolari della costa peruviana. Prima di Chala effettuiamo una nuova sosta per apprezzare il deserto che finisce in mare, paesaggio che mi ricorda la Skeleton Coast in Namibia.

Facciamo qualche altra sosta per pranzo e per qualche altra foto al panorama. Alcuni condor ci sorprendono volando maestosi sulle nostre teste. Infine a sera arriviamo finalmente ad Arequipa, La Ciudad Blanca, a duemila e rotti metri di altezza. Prendiamo le stanze all’Hostal Arequipa Inn. Ceniamo all’Ary Quepay, ristorante vicino al nostro alberghetto ma molto buono. L’Ary Quepay offre sia vini peruviani che vini cileni. Il mio consiglio è quello di prendere sempre vini cileni quando ve ne sia l’occasione. Poi fate voi, ma io vi ho avvertiti 😉

3 agosto

Un’intera giornata ad Arequipa. Il nome Ciudad Blanca deriva dal colore candido della pietra utilizzata per decorare le facciate delle sue chiese: la Cattedrale, la Chiesa de la Compañia, la Chiesa de San Francisco, il Monastero de Santa Catalina. Il Monastero in particolare mi è piaciuto molto, immenso, una città nella città. Si effettua una visita guidata dopodiché si è liberi di girarlo da soli. E’ un monastero di clausura che una volta ospitava un centinaio di suore. Le più ricche avevano anche diritto a stanze confortevoli e ad una cameriera! Ora la sua popolazione è molto ridotta e buona parte della struttura è aperta al pubblico. Le mura sono colorate con tinte vivide ed ogni nuova madre badessa ha la facoltà di cambiare la colorazione precedente.

4 agosto

da Arequipa a Chivay

Mattina di spostamento. La nostra meta è Chivay. Lungo il tragitto ci inerpichiamo fino al Mirador de los Vulcanos nella località di Patapampa. Il Mirador è un passo a 4910 metri ed è un’altezza di tutto rispetto, soprattutto quando viene raggiunta di botto. Dal mirador si possono ammirare i vulcani che dominano la zona di Arequipa. Raggiunta Chivay, alloggiamo a Los Portales de Chivay. Chivay è una zona termale e quindi il pomeriggio lo passiamo a mollo nelle terme. La sera andiamo all’osservatorio astronomico, struttura facente parte dell’albergo Casa Andina. Il cielo è limpido e poco illuminato e la vista al telescopio di Saturno con i suoi anelli ci strappa un’esclamazione di stupore.

5 agosto

da Chivay a Puno

La mattina di buon ora ci addentriamo nel Canyon del Colca. Le nostre soste iniziali sono nei paesini di Yanque e Maca, dove visitiamo due chiese. I sagrati sono pieni di bancarelle e gli avventori permettono di scattare fotografie (a pagamento ovviamente) con lama e falchi.

Proseguendo ci inerpichiamo sui bordi del lungo canyon, caratterizzato da terrazzamenti risalenti all’epoca Inca.

Ora, come allora, le Terrazze di Collagua vengono coltivate a mais e patate. Ultima tappa della mattinata è il Mirador del Condor, dove appunto veniamo sorvolati da alcuni maestosi rapaci.

Il resto della giornata è dedicato ad un lungo trasferimento verso il Lago Titicaca su un altopiano a circa 4500 metri di quota. E la quota si sente tutta, anche se uno passa buona parte del tempo seduto nel pulmino! Effettuiamo qualche sosta per sgranchirci le gambe ed ammirare il paesaggio, come alla Laguna Lagunilla, ed arriviamo in serata a Puno. Pernottiamo all’Hostal Vylena.

6 agosto

da Puno all’isola di Amantani

Puno è una grande città che si affaccia sul Lago Titicaca. Ed il Lago Titicaca è ai nostri occhi un mare azzurro incastonato a 3800 metri di altezza, il cui spettacolo è completato da una magnifica cordigliera innevata a fargli da sfondo. Il Titicaca è costellato da varie isole ed oggi ne vedremo due: Taquile ed Amantani – e su quest’ultima pernotteremo. In questa zona cambia anche la lingua degli indios. Non si parla più il quechua, l’idioma Inca, ma l’Aymara. Per noi ovviamente cambia poco, visto che oltre un pessimo spagnolo non arriviamo! 😎

Con un’imbarcazione ci allontaniamo da Puno costeggiando le Islas Uros, le isole galleggianti che visiteremo il giorno successivo. La zona in cui sono costruite queste isole è fittissima di canne, dette in lingua locale totora. Con tre ore di navigazione raggiungiamo l’Isla Taquile. Sbarchiamo e subito dobbiamo farci una bella scarpinata in salita per raggiungere il villaggio – in realtà saranno un cento metri, ma partendo dai 3800 del lago tutto diventa faticoso…

La comunità di Taquile vive di turismo e commercio di tessuti. Esiste sull’isola un’unica cooperativa i cui responsabili stabiliscono volta per volta il prezzo della mercanzia. Ragion per cui questo è uno dei pochi posti del Perù dove non è possibile mercanteggiare sul prezzo. Una cinquantina di famiglie offrono ospitalità per il pranzo. Le autorità locali – distinguibili da un cappello colorato – assegnano equamente i gruppi di turisti alle varie famiglie. Anche qui menù unico a prezzo fisso. Mangio in assoluta la migliore trota ai ferri della mia vita.

Un’altra ora di navigazione e siamo ad Amantani. In questa isola dormiremo ospiti di alcune famiglie locali. Il nostro gruppo viene diviso in tre parti ed io vado a prendere posto nella casa di Angela (pronunciato alla tedesca Anghela). Angela ha 63 anni ed è stata la prima persona ad avviare questa attività sull’isola. A trent’anni era infatti rimasta vedova con sei figli a carico, cinque ragazze ed un ragazzo. E tra l’agricoltura e questa attività è riuscita a crescere tutta la famiglia. Siamo arrivati a metà pomeriggio e buona parte dei turisti si avvia sulla cima dell’isola per godersi lo spettacolo del tramonto sul Lago Titicaca. Il fiato non mi assiste – sono ancora stanco dalle fatiche dell’Isla Taquile – e preferisco rimanere nel villaggio dove è in corso una festa di matrimonio.

Al mio arrivo dev’essere da molto che i convitati stavano bevono birra, perché ce ne sono alcuni che a mala pena si reggono in piedi. La sposa veste l’abito bianco e gli invitati le hanno spillato varie banconote sul petto come augurio di buona sorte. C’è una banda con vari strumenti e si ballano danze locali. Gli anziani portano appeso al collo un classico sacchetto pieno di foglie di coca, foglie che si scambiano in segno di saluto.

La sera ceniamo nella casa di Angela. Nella sua minuscola cucina ci sono un fornello ed un fuoco a legna. Ci prepara una zuppa di verdure ed un piatto unico che consiste in un mix di riso e verdure. L’energia elettrica su tutta l’isola è fornita da dei pannelli solari e man mano che la notte procede la luce artificiale diventa sempre più fioca fino a spegnersi del tutto. Noi comunque abbiamo le nostre lampade e non abbiamo problemi a muoverci nel buio della notte. Il cielo stellato è mozzafiato e se non fosse per il vento uno resterebbe tutta la notte a goderselo.

7 agosto

dall’isola di Amantani a Copacabana

Solita levataccia per salire di nuovo in barca e raggiungere le Isla Uros. Tre ore di navigazione e siamo arrivati su queste isole galleggianti. Un po’ come da noi per Venezia, nell’800 d.C. la popolazione Uros sfuggì ad un’invasione rifugiandosi nel Lago Titicaca. Non avendo a disposizione una laguna costellata di isolette, come in Veneto, crearono le loro isole sovrapponendo vari strati di canne. Ogni anno aggiungono uno strato per compensare quello più profondo che marcisce. Parliamo di una novantina isolette di circa duecento metri quadri di estensione ciascuna. Ogni isola ospita dalle tre alle dieci famiglie, sebbene oggigiorno solo gli anziani vivano costantemente sulle isole. I giovani invece abitano in un loro quartiere nella città rivierasca di Puno.

Sbarcati sull’isola galleggiante chiamata Khana Uru, veniamo accolti dalla Presidenta, una sorta di capo villaggio elettivo, che ci racconta la loro storia e ci invita ad apprezzare – e comprare – i loro prodotti di artigianato.

Per ora di pranzo siamo di nuovo a Puno dove scopriamo che è in corso una parata militare. Sfilano i cadetti delle accademie, il corpo della Croce Rossa, i militari in servizio e quelli della riserva. Mangiamo qualche empanada in strada, visitiamo qualche chiesa e guardiamo sfilare un po’ di giovani e giovanissimi militari peruviani.

Nel pomeriggio con un autobus pubblico passiamo la frontiera ed entriamo in Bolivia. Sbrigate le formalità con i passaporti, raggiungiamo Copacabana, dove alloggiamo all’Hostal Sonia.

8 agosto

da Copacabana a La Paz

Copacabana è una città importante per i boliviani. Qui infatti sorge la Basilica dedicata alla Virgen de la Candelaria de Copacabana, Santa Patrona della Bolivia. L’edificio è maestoso ed è circondato da un immenso sagrato. Ci ripromettiamo di vederlo prima di partire, perché in mattinata dobbiamo andare su un’altra isola del Lago Titicaca.

Da Copacabana infatti, ovviamente via barca, raggiungiamo la Isla del Sol. E’ una bella isola collinosa, piena di terrazzamenti risalenti all’epoca Inca ed ancora utilizzati per le coltivazioni. A livello archeologico presenta una irta scalinata – da affrontare appena sbarcati – ed i resti di un Tempio del Sol. Non paghi raggiungiamo il crinale dell’isola così da dominare la vista su entrambi i sui lati.

Dopo un bel trekking sull’isola – ed aver raggiunto i 3940 metri – torniamo a Copacabana. Pranziamo in piazza ai baracchini che circondano la fermata dell’autobus, visitiamo la Basilica e poi ci avviamo a La Paz. La Paz è una città che ti sorprende. Sei sull’altopiano a 4000 metri ed incontri un primo centro urbano: El Alto. Tecnicamente è la città che si è espansa oltre i suoi confini e, sebbene sia saldato alla capitale, è una municipalità a se stante. Poi d’improvviso si arriva al bordo del canyon in cui sorge La Paz. Ed un’espressione di meraviglia è risuonata nell’autobus. Un’intero canyon occupato dalle abitazioni. Con a valle, a 3600 metri, i grattacieli ed i palazzi del potere e sulle pendici le borgate povere e malfamate. Il tutto raccordato da varie teleferiche che permettono rapidi spostamenti alle varie quote. El Alto e la periferia di La Paz sono posti pericolosi, dove lo Stato a stento controlla il territorio. Le bande locali appendono sui pali della luce dei manichini che dovrebbero raffigurare dei ladri, a significare che la giustizia in quei territori viene amministrata in maniera sommaria.

Pernottiamo all’Hotel Sagarnaga.

9 agosto

da La Paz a Chacaltaya e alla Valle della Luna

L’obiettivo di oggi è stabilire un record di altezza. Da La Paz ci spostiamo quindi nei pressi dell’imponente Huayna Potosì, 6000 metri. Ma la nostra meta è il Chacaltaya. Era la stazione sciistica di La Paz, prima che i cambiamenti climatici sciogliessero il ghiacciaio che lo ricopriva. Arriviamo con l’autobus al vecchio rifugio sciistico e raggiungiamo la vetta: 5435 metri! Grande prova. Per raggiungere la vetta superiamo i resti dell’argano della vecchia stazione di risalita e dominiamo dall’alto l’Osservatorio Astronomico che è situato poco prima del rifugio. Che soddisfazione! 5435 metri!!! Un paio di volte mi gira la testa…

Nel pomeriggio ritorniamo a La Paz per visitare la Valle della Luna. E’ una valle particolare, piena zeppa di pinnacoli calcarei. Il nome le fu dato dall’astronauta Neil Armstrong che, quando la visitò, disse che il paesaggio gli ricordava proprio quello lunare.

Serata di viaggio verso il sud della Bolivia

da La Paz a Tupiza

Dormiamo infatti su un autobus cama, un autobus con ampie poltrone, stile business class degli aerei, dove in effetti si può dormire sufficientemente comodi.

10 agosto

da Tupiza a Quetena Chico

La mattina di buon ora arriviamo a Tupiza. Quanti ricordi… Vorrei tanto rivedere le sue quattro quebradas ma ci vorrebbe una giornata intera ed il tempo è tiranno. La nostra meta non è questa. Facciamo colazione al mercato mentre l’agenzia che ci scarrozzerà alle lagune d’alta quota ed al Salar de Uyuni, la Alexandro Adventure Travel di Tupiza, ultima i preparativi dei quattro Toyota che ci trasporteranno. Quattro autisti quindi ed una sola cucinera per sedici persone. Siamo troppi perché una sola cuoca riesca a preparare la cena per un’ora decente. Ed infatti ceneremo sempre tardissimo – e nei rifugi dopo una certa ora sarebbe meglio stare nei sacchi a pelo visto che all’esterno la temperatura passa dai 18 gradi diurni ai -10 notturni. Comunque lasciamo Tupiza e ci inoltriamo verso il sud-ovest boliviano. Facciamo sosta al villaggio minerario di Cerillos, dove conosciamo un maestro che fa lezione ai suoi allievi grazie anche a sei pc su cui gira Windows 8! E chi se lo aspettava di trovare dei computer in un posto dove neanche è sicuro abbiano l’acqua corrente?!? Visitiamo il villaggio di Pululos, dove si coltiva quinoa e si allevano lama. Quello di San Pablo e quello di San Antonio de Nuevo Mundo. Poi un villaggio fantasma, abbandonato dal 1995 quando la miniera d’oro nelle vicinanze si esaurì. Quasi all’imbrunire raggiungiamo la Laguna Morecon a 4855 metri.

La sera finalmente arriviamo a Quetena Chico. Mi ricordo la piazza principale del villaggio, nonostante i cinque anni passati e riconosco un vicolo dove scattai una foto a due ragazzini. Lì vicino c’è il nostro rifugio.

11 agosto

da Quetena Chico al Pueblo Villa Mar

La mattina carichiamo le auto alla gradevole temperatura di -2 gradi. Lasciamo Quetena Chico e attraversiamo Quetena Grande. Appena usciti dal villaggio avvistiamo – meravigliati – degli struzzi. Ci dicono che sono rari e che siamo stati fortunati a vederli. La prima laguna che incontriamo è la Laguna Hedionda, alle cui spalle risono i confini della Bolivia col Cile e con l’Argentina. Poi andiamo alla Laguna Kollpa, una piana di carbonato di calcio bianchissimo. Attraversiamo il Salar de Chalviri e raggiungiamo la Laguna Polques. Da lì la Laguna Salada, in cui si riversano rivoli di acque calde e fumanti. Siamo infatti in una zona con attività geotermica, tanto che la meta successiva si chiama Aguas Termales ed è possibile fare un bagno a 35 gradi di temperatura. Attraversiamo il Deserto Salvador Dalì e finalmente raggiungiamo la Laguna Verde. Il colore verde smeraldo è dovuto a sali minerali disciolti nell’acqua. Dopo aver rimirato la Laguna Verde è il turno di Sol de Mañana, una vasta zona geotermica con fumarole e fango sobbollente.

Ultima tappa la Laguna Colorada. Come ben rammentavo dal precedente viaggio il pomeriggio la laguna è spazzata da un forte vento e si apprezza poco il colore rosso dovuto alle alghe che la popolano. Consiglio sempre in fase di contrattazione del viaggio di insistere per visitarla la mattina, quando non c’è vento e si può ammirarla pienamente.

Dormiamo in un rifugio nel Pueblo Villa Mar.

12 agosto

dal Pueblo Villa Mar a Puerto Chuvica

La prima tappa del giorno è una zona dove la lava ha assunto le forme più strane. Visto che sono in corso le Olimpiadi scattiamo una foto sotto una concrezione che appare simile alla “Coppa del Mondo” calcistica. Scopriamo altre rocce dalle forme simili ad oggetti o animali – tipo il cammello. Un’esperienza abbastanza simile a quella della Monument Valley statunitense.

Successivamente andiamo a fotografare qualche fenicottero alla Laguna Vinto. Tappa finale la Laguna Negra, laguna che prende il nome da una specie di uccelli neri come la pece che depongono qui le uova.

Iniziamo quindi ad avvicinarci al Salar de Uyuni. Nel lungo tragitto che dobbiamo percorrere facciamo sosta a Julaca, una minuscola stazione ferroviaria situata ai bordi estremi del Salar.

La sera raggiungiamo un Hotel del Sal nel pueblo di Puerto Chuvica. Al contrario dei rifugi dove si dorme normalmente, queste strutture a ridosso del Salar hanno l’acqua calda. Per cui possiamo fare una doccia bollente. Che ristoro. Che goduria.

13 agosto

da Puerto Chuvica ad Uyuni

Levataccia per raggiungere l’Isla Incahuasi, uno sperone roccioso nel mezzo del Salar de Uyuni, ed aspettare il sorgere dell’alba – ovviamente la temperatura oscilla tra i -5 ed i -2 gradi… Ma lo spettacolo vale tutto il disagio ed il freddo.

Sorto il sole – e salite sopra lo zero le temperature – facciamo colazione e ci spostiamo nel mezzo del Salar per delle classiche foto pazze. Non essendoci riferimenti, le prospettive saltano ed è facile giocare con le dimensioni di oggetti e persone.

Visitiamo poi il Museo del Sal. Il museo è ricavato in quello che fu il primo Hotel del Sal. Questa struttura era stata costruita proprio all’interno del Salar ma lo stava inquinando. Ragion per cui fu chiusa e riconvertita. Rispetto a cinque anni fa è stato aggiunto un monumento alla Dakar Bolivia. Avete presente la storica gara Paris-Dakar nel deserto del Sahara? Ecco, è lei. A causa della situazione di guerra in Mali, la gara è stata spostata tra Paraguay, Bolivia ed Argentina. Garantendo comunque la stessa pericolosità della gara nel Sahara.

Raggiungiamo infine Uyuni ed andiamo a visitare il Cimitero dei Treni. Da Uyuni infatti partiva una linea ferroviaria che trasportava i minerali estratti nella zona fino ai porti sull’Oceano Pacifico. Tutto questo quando la zona di Atacama era ancora territorio boliviano. A seguito della sconfitta nella Guerra del Pacifico e dell’annessione di quei territori al Cile, la ferrovia fu interrotta ed i treni restarono nello scalo merci di Uyuni ad arrugginire.

da Uyuni a La Paz

Salutati i nostri autisti e la cucinera, stanchi cerchiamo ristoro nei locali del centro di Uyuni, dove ceniamo. La notte la passiamo su un altro autobus cama per tornare a La Paz.

14 agosto

Arriviamo di buon ora a La Paz. Torniamo all’Hotel Sagarnaga così da poter poggiare i bagagli. Ovviamente prima della tarda mattinata è impossibile avere delle stanze. Noi, previdenti, avevamo già preso accordi con la guida che ci aveva portato al Chacaltaya e alla Valle della Luna, Rodrigo, per una visita a piedi del centro di La Paz. Così verso le 9,30 ci avviamo con lui per le strade della capitale della Bolivia – anche se in realtà la capitale legale ed amministrativa sarebbe Sucre, mentre La Paz è la sede del governo. Vediamo varie chiese ed i palazzi del potere, case coloniali e le piazze principali. E’ domenica e purtroppo i musei sono chiusi. Rodrigo ci porta comunque davanti il Museo del Litoral Boliviano.

Come avevo accennato parlando del Cimitero dei Treni di Uyuni, la Bolivia perse la zona dell’Atacama – ed il proprio sbocco al mare – dopo la guerra col Cile. Rodrigo però ci sottolinea come i boliviani non si siano arresi a questa mutilazione della loro nazione e come a tutt’oggi rivendichino quei territori e come non vogliano assolutamente avere buoni rapporti col Cile. Se però date un’occhiata alla cartina con questa filosofia la Bolivia dovrebbe avere buoni rapporti solo con l’Argentina! Quando siamo nella Plaza Murillo (la prima piazza principale in una città sudamericana che non si chiami Plaza de Armas!!! Miracolo!) dove sorgono il Palazzo Presidenziale ed il Parlamento, Rodrigo ci racconta che il Presidente prima di Morales, Carlos Mesa Gilbert, aveva tentato – spinto a suo dire dagli Estados Unidos – di far costruire un gasdotto dalla Bolivia al Cile. Ma la rivolta dei Boliviani, ostili all’idea di far affari con i cileni, aveva impedito questa operazione e costretto alle dimissioni il Presidente spianando la strada all’elezione di Evo Morales. Rodrigo ci racconta pure che a Natale lo stipendio degli impiegati viene triplicato e che l’orologio del Parlamento gira al contrario perché Morales, ormai al terzo mandato, è di sinistra e ci tiene a farlo sapere! Insomma, il ragazzo è uno che ci crede. Il culto della personalità in Sud America è un qualcosa di abbastanza diffuso, ma finora non avevo incontrato nessuno che tentasse di convincere noi turisti delle proprie ragioni. C’è sempre una prima volta, no?

Dato che vogliamo vedere La Paz dall’alto chiediamo a Rodrigo di accompagnarci ad una teleferica per raggiungere un mirador. Rodrigo contratta per noi con l’autista di un autobus pubblico. Approfittando che a quella fermata non erano rimasti passeggeri a bordo, per 25 bolivianos (la moneta locale, corrispondono a poco meno di tre euro e mezzo) prendiamo per noi tutto l’autobus, che quindi interrompe il servizio pubblico e ci porta al capolinea della Linea Roja.

La teleferica che prendiamo consiste in tre stazioni. Una a valle, quella in cui saliamo, a 3600 metri di altezza. Una a metà percorso ed un’altra ad El Alto, a 4000 metri. Durante la salita notiamo che – come avevamo visto anche nel resto del viaggio in Bolivia nei villaggi più sperduti – ci sono molti campetti da calcio anche a La Paz. Rodrigo ci spiega che a Morales piace il calcio, quindi ha fatto costruire campi e campetti in tutta la nazione! Lo spettacolo dal mirador è mozzafiato, con tutto il canyon occupato dalla città ed il Monte Illimani a fare da sfondo. Ad El Alto è giorno di marcato, ma Rodrigo insiste per scendere: troppo pericoloso per i turisti.

Il pomeriggio giornata libera. Grand doccia e gran dormita per me in albergo. Prima di cena mi faccio una passeggiata nella via delle streghe, un vicolo vicino il mio albergo. Si può trovare il necessaire per scagliare una maledizione contro qualcuno – si apparecchia un piccolo altarino corredato da canditi, soldi, cadavere rinsecchito di cucciolo di lama, ecc e poi gli si da fuoco in un posto adatto tipo una rovina Inca o un posto sacro – oppure lozioni e preparati miracolosi per attirare la fortuna o rinvigorirsi sessualmente.

15 agosto

da La Paz a Puno

Lasciamo La Paz per visitare il sito archeologico di Tiwanaco. Da quello che ci spiega la guida questa civiltà fu molto importante – forse la più importante del Sud America – e dominò la zona andina per molto tempo, dal 1580 avanti Cristo al 1200 dopo Cristo. Fu questa civiltà a diffondere il pantheon di dei che poi vennero adorati dalle altre culture andine, non ultimi gli Inca. Visitiamo i resti della loro piramide a gradoni – le cui pietre furono saccheggiate dai conquistadores per costruire la chiesa nella cittadina omonima – le rovine dei templi e delle Porte del Sol e della Luna.

Finita la visita proseguiamo il viaggio e passiamo la frontiera con il Perù a Desaguadero – un posto che puzza di fogna da entrambi i lati del confine. Comunque torniamo a Puno dove avremmo dovuto trovare un autobus già pronto per portarci al sito archeologico di Sillustani. Ma il referente di Avventure a Puno continua a dimostrarsi fallimentare e l’autobus lo dobbiamo aspettare non poco. Riusciamo ad arrivare al sito che il sole ormai è quasi tramontato. Marce forzate con affanno per salire dal cancello al sito – siamo sempre a 3800 metri. Sillustani è un colle su cui sono state costruite delle enormi torri funerarie. Il sito domina un lago limitrofo al Titicaca e ci godiamo gli ultimi raggi del sole da lassù.

Torniamo a Puno. Dato che il precedente albergo in questa città non ci aveva soddisfatto, avevamo chiesto al referente di trovarcene uno migliore. Finiamo a La Posada di Vargas dove abbiamo gli stessi problemi dell’Hostal Vylena: poca acqua calda che arriva pure con difficoltà, stanze fredde, ecc.

16 agosto

da Puno a Cuzco

Lo spostamento a Cuzco ci prende tutta la giornata. Utilizziamo un autobus pubblico che prevede varie soste turistiche. La prima è a Pucara, sede di una fortezza Inca, dove visitiamo il locale Museo Litico, museo dove sono esposti reperti vari (dalle statue alle ceramiche) rinvenuti nel sito. In questa zona inoltre è molto diffusa la tradizione di mettere dei tori di terracotta sui tetti delle case come auspici di buona fortuna.

Altra sosta al Passo La Raya al confine tra il dipartimento di Puno e quello di Cuzco. Sosta al sito archeologico di Raqchi, un’antica fortezza Inca. Il sito è molto vasto e comprende i resti del Tempio di Wirachoca, uno dei templi più grandi le cui rovine ci siano pervenute dopo le distruzioni operate dai conquistadores. Soste successive ad una piccola chiesetta vicino un ponte sempre di epoca Inca ed alla chiesa di Andahuaylilas, quest’ultima bellissima! Arriviamo a sera a Cuzco alla Cusco House.

17 agosto

da Cuzco ad Ollantaytambo

Iniziamo la giornata con una visita guidata ai quattro siti archeologici a ridosso di Cuzco: SaqsaywamanQenqoPukaPukaraTambomachay. Tutta la valle di Cuzco è denominata valle sacra: valle sagrada. Non è rimasto granché delle fortezze, dei tempi e delle strutture di questi siti – gli spagnoli furono molto attenti a distruggere le vestigia della precedente civiltà per meglio controllare i loro nuovi domini. Fanno comunque impressione alcune enormi pietre, trasportate da lontano probabilmente su tronchi d’albero – qui la ruota non era conosciuta – e sagomati perfettamente per incastrarsi gli uni con gli altri.

A metà mattinata ci spostiamo all’interno della Valle Sagrada per raggiungere le rovine della fortezza di Pisac. Al contrario dei quattro siti precedenti che non ci avevano colpito più di tanto, qui restiamo impressionati dalle enormi terrazze semicircolari e dai resti della fortezza. Pranziamo nel mercato di Pisac mentre il sole ci lascia per dare spazio al brutto tempo.

Tappa finale: la fortezza di Ollantaytambo. Ollantaytambo è famosa perché è l’unica località dove gli Inca abbiano sconfitto gli spagnoli. Una vittoria temporanea visto che quest’ultimi, tornati in forze, espugnarono la fortezza – facile vincere con cannoni e moschetti contro frecce e lance – costringendo le residue forze Inca a ripiegare prima verso Machu Picchu e poi verso Vilcabamba, el ultimo refugio de los Incas, dove la civiltà Inca fu definitivamente distrutta dai conquistadores. La fortezza di Ollantaytambo è imponente con i suoi enormi massi perfettamente tagliati ed incastrati l’uno nell’altro. Sia il trasporto di tali pietre che una tale perizia nella lavorazione facevano si che servissero non meno di quattro generazioni per ultimare progetti simili. Ci spiega la nostra guida che all’arrivo degli spagnoli la fortezza non era stata ancora completata. La vista, nonostante la pioggia, è mozzafiato dato che la fortezza ricopre un’intera parete rocciosa.

18 agosto

da Cuzco ad Aguas Calientes

Nuovo giro nella Valle Sagrada. Stavolta la nostra prima tappa è Chinchero, un paesino famoso per la lavorazione della lana d’alpaca e per la sua bella chiesa in stile coloniale spagnolo. Nella Valle Sagrada come in Cuzco, il cuore della cultura Inca, gli spagnoli costruirono sistematicamente i loro edifici sulle fondamenta di quelli preesistenti, onde appunto soppiantare anche fisicamente il retaggio della vecchia civiltà. Così a Chinchero le fondamenta della chiesa appartengono all’antico Tempio del Sol.

Dopo aver visitato la chiesa siamo ospiti di uno dei laboratori dove la lana viene lavorata. Le signore ci mostrano il funzionamento del telaio e le varie tecniche per colorare il tessuto.

Lasciato Chinchero passiamo velocemente per Maras, piccolissimo borgo dove è evidente la tradizione di decorare con motivi artistici le porte e gli architravi delle case. La nostra meta è Moray. Qui ammiriamo quattro fosse circolari, adibite a terrazze per la coltivazione. Gli archeologi hanno rivelato che qui gli Inca stavano sperimentando nuove tecniche di coltivazione, sfruttando la peculiarità della zona, che garantisce temperature diverse tra i vari livelli delle terrazze.

Tappa finale della mattina è il Sal de Maras, le saline di Maras. Le saline consistono in tremilaseicento vasche che danno lavoro a circa duecento famiglie. Il sale estratto da queste saline è privo di iodio, quindi destinato solo agli animali. Lo spettacolo è veramente unico ed affascinante.

Pranziamo ad Urubamba abbastanza di fretta perché a metà pomeriggio dobbiamo tornare ad Ollantaytambo per prendere il treno della Inca Rail per Machu Picchu. E’ un treno panoramico, con grandi finestroni sui lati delle carrozze e sul tetto. Si addentra in stretti canyon ed il tragitto è molto bello da ammirare. Arriviamo la sera ad Aguas Calientes, il cui nome ufficiale in realtà è Machu Picchu Pueblo. Siamo in una zona termale, un’ansa del fiume Urubamba, uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni. La cittadina è raggiungibile solo tramite la ferrovia e ha come unica funzione il ristoro dei turisti che affluiscono per visitare il sito archeologico. Quindi è un’accozzaglia di brutti edifici di cemento zeppi di alberghi e ristoranti. Pernottiamo al Keros.

19 agosto

Machu Picchu

Giornata dedicata a Machu Picchu! La visita al sito funziona così: la salita da Aguas Calientes verso il sito è consentita dalle cinque del mattino in poi. Si può salire a piedi o con un servizio di autobus (meglio prenotare il biglietto, sebbene si possa compare la mattina stessa). La salita a piedi consente di alzarsi poco prima delle cinque, ma è abbastanza erta e priva di panorama – le scale da percorrere sono immerse nella vegetazione. Considerate che Aguas Calientes è a 2000 metri di altezza, mentre Machu Picchu a 2400 metri. Noi abbiamo optato quindi per il servizio navetta. Volevamo però avere la possibilità di ammirare le rovine prima che fossero letteralmente invase dalle orde di turisti. Quindi volevamo prendere uno dei primi autobus. Gli autobus hanno trenta posti ognuno e si sale in ordine di arrivo. Quindi alle tre e mezza del mattino ci siamo messi in fila – e non eravamo neanche i primi!!! Le attività commerciali aprono anche loro verso quell’ora, sia per dare ristoro a chi attende, sia per permettere di approvvigionarsi di cibo ed acqua per la giornata. Infatti una volta arrivati al sito gli unici rifornimenti sono disponibili ai cancelli di ingresso ed il prezzo delle vettovaglie è esorbitante. Siamo a ridosso della foresta amazzonica ed il clima è umido e caldo. Sono possibili brevi piogge durante la giornata, anche intense. Noi siamo fortunati perché un violento acquazzone inizia e termina nel mezzo della nostra lunga attesa e durante la giornata al massimo ci raggiunge qualche goccia portata dal vento, ma nulla di più. Saliamo sul sesto autobus ed in mezz’ora siamo all’ingresso del sito. Machu Picchu – in realtà il nome della città non è noto, Machu Picchu è il nome del monte su cui è costruita – è completamente nascosta alla vista dalla valle sottostante, come dall’ingresso del sito. Tanto è vero che è arrivata intatta fino a noi proprio per questo motivo. Ragion per cui quando entri nel sito e percorri il ripido sentiero di ingresso e ti compare davanti d’improvviso, a vederla ti si mozza il fiato. Nonostante i nostri sforzi per essere tra i primi già qualche gruppo di turisti stava invadendo il sito, ma le rovine ancora avvolte dalle prime nebbie del mattino restano una vista indimenticabile.

Abbiamo appuntamento con Simon, la nostra guida per il sito verso ora di pranzo. In ragione di questo avevamo prenotato l’accesso al monte Machu Picchu, il Cerro Machu Picchu. La Lonely Planet parla di una camminata. Una camminata… se siete ben allenati forse. Io c’ho messo un’ora e mezza a salire dai 2600 metri dell’ingresso ai 3061 della vetta. La salita è sicuramente fattibile ma considerate che è abbastanza faticosa sia all’andata che al ritorno perché per buona parte il tragitto consiste di scaloni intagliati nella pietra. La vista dalla cima è spettacolare perché si dominano le valli sottostanti con le loro foreste nebulari e le rovine del sito. Ovviamente nel nostro caso c’era una simpatica nuvola proprio sulle rovine che, per quanto abbiamo atteso una mezzoretta, non aveva alcuna intenzione di levarsi…

Tornati al sito ci riposiamo, dopodiché iniziamo la visita guidata. Quando Pizarro ed i suoi conquistadores arrivarono in Sud America, l’Impero Inca era stato appena squassato da una feroce guerra civile. Morto l’imperatore Huayna Cápac, i suoi due figli, Huáscar e Atahualpa, si contesero militarmente il trono. Durante la guerra civile la città che noi chiamiamo Machu Picchu – come ho già accennato non ne conosciamo il nome e le è stato attribuito quello del monte dove è situata – fu abbandonata. Nessuno sa il perché fu abbandonata. Dall’esame delle rovine (c’è un palazzo reale per ospitare l’imperatore, templi importanti, ecc) era comunque una città che poteva ospitare dalle 300 alle 500 persone e doveva rivestire una notevole importanza. Due sono le teorie principali sulla sua natura. Una vuole che fosse una residenza estiva dell’imperatore Inca. E’ una teoria che giustifica l’abbandono della popolazione in un momento in cui bisognava concentrarsi sulla difesa di Cuzco dalle truppe di Atahualpa. Il direttore del sito archeologico invece sostiene una teoria diversa. Esistono evidenze archeologiche per cui su Machu Picchu convergevano più tratte commerciali provenienti dalla zona amazzonica del dominio Inca. Quindi poteva ben essere la porta d’accesso alla capitale da quel lato. Teoria anch’essa affascinante, che lascia comunque avvolto nel mistero il motivo del suo abbandono. Fatto sta che dopo la vittoria degli spagnoli nella seconda battaglia di Ollantaytambo, le truppe Inca in rotta sostarono per qualche mese nella città, per poi ripiegare nella foresta amazzonica a Vilcabamba. Gli spagnoli, inseguendo le residue forze Inca, passarono lungo le sponde del fiume Urubamba, quindi dove ora sorge Aguas Calientes, ma non scoprirono la città.

La visita guidata dura un paio d’ore. La perfezione dei muri dei templi Inca, con le pietre incastrate senza l’utilizzo di malta, è spettacolare. Visitiamo l’osservatorio astronomico (usavano due bacili di pietra colmi d’acqua per riflettervi a mo’ di specchio il cielo e non dover stare sempre con la testa all’insù!), la zona residenziale, il Tempio del Sol e quello del Condor.

Il pomeriggio torniamo sfiniti ad Aguas Calientes dove ceniamo e poi riprendiamo il treno per Ollantaytambo e da lì ritorniamo a Cuzco.

20 agosto

Abbiamo solo la mattina per visitare Cuzco e ci diamo da fare per vedere il più possibile. E’ un giorno di festa a Cuzco – si festeggia Santa Rosita de Lima. Per questo motivo la mattina la Cattedrale è chiusa al pubblico ma, in compenso, la Plaza de Armas è invasa da vari gruppi di ballo folkloristici. Nel video qui sotto potete vederne alcuni. Visitando la Iglesia de la Compañia de Jesus ho avuto anche l’occasione di poter guardare la piazza e, quindi, lo spettacolo dall’alto.

Nel centro storico tutte le case coloniali sono costruite sulle fondamenta dei precedenti edifici Inca. E tutte le chiese sono costruite sui vecchi tempi Inca, a voler rimpiazzare anche fisicamente la vecchia religione con la nuova imposta dai conquistadores. Le chiese sono molto belle comunque ed i balconi decorati dell’architettura coloniale affascinanti. Giro per il Mercado de San Pedro e compro gli ultimi souvenir del viaggio.

Il pomeriggio aereo per Lima e di lì prima a Madrid e la sera del 21 Agosto si atterra a Roma.


E per chiudere in bellezza qualche foto del gruppo Briolini

Ed eccoci uno per uno: