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2018

Senegal

Nikon D5300 e Nikkor 18-200

La settimana di capodanno del 2018 quest’anno l’ho passata in Senegal. E’ stata la mia prima volta in Africa Occidentale, nel Sahel. In quel Sahel famoso perché terra di origine e di fuga dei tanti disperati che rischiano – e spesso perdono – la vita per attraversare il Mediterraneo. Questa non è l’Africa classica delle cartoline e dei racconti. Questa non è l’Africa dei safari in cui andare per vedere i big five aggirarsi nella savana. Questa non è nemmeno l’Africa dei paesaggi mozzafiato, di quei tramonti che sistematicamente ti lasciano a bocca aperta. Non è l’Africa con quei cieli stellati così immensi da farti capire senza tema di smentita quanto tu sia piccolo nell’universo. Questa è un’altra Africa. Non fraintendetemi: non è un’Africa “brutta” dal punto di vista della natura. Ci sono molti uccelli, pellicani e cormorani in primis. Ci sono le dune del deserto e le splendide isole del delta del Sine-Saloum, magica fusione tra conchiglie e baobab. Ma questa è soprattutto un’Africa di popoli, di sguardi, di incontri. Un’Africa povera ma dove ammirare la convivenza pacifica di mussulmani e cristiani. Un’Africa che guarda avanti ma non dimentica di essere stata una terra saccheggiata dai mercanti di schiavi occidentali.

L’itinerario del viaggio

26 dicembre

Inizia il viaggio. Non voliamo tutti con la stessa compagnia. Io parto da Fiumicino con la Royal Air Maroc. Scalo a Casablanca e poi ultima tratta per Dakar. E già nella prima tratta iniziano le (dis)avventure 😜 Siamo negli ultimi posti in coda, mezzi assopiti. L’aereo è pieno di italiani che vanno in vacanza, di magrebini che tornano a casa. E, in ultima fila, c’è un signore cinese. Io sonnecchio ed ad un certo punto vedo che pochi posti avanti al mio si è formato un crocicchio intorno ad una hostess ed intuisco di essermi perso qualche avvenimento. Cosa è successo? Chiedo e mi raccontano. Poco più avanti rispetto a me, nell’altra fila, c’è una coppia di italiani che si era anch’essa assopita. Avevano gli zaini nella cappelliera sopra il loro posto. Ed il signore cinese che era in ultima fila era andato più volte a rovistare in quello scomparto. Noi delle ultimissime file avevamo le cappelliere già occupate da materiale dell’equipaggio e quindi avevamo tutti messo i nostri zaini sopra i posti di altri passeggeri. All’apparenza non era successo nulla di strano. Solo che il signore cinese aveva fatto avanti ed indietro varie volte. E ad un certo punto il signore italiano della coppia si era ridestato ed aveva visto che l’altro passeggero aveva in mano il suo zaino. Recuperatolo aveva controllato se fosse tutto a posto. Aveva nello zaino il portafogli e mancavano 1200 dollari!!! A quel punto il malcapitato aveva avvertito il personale di bordo. Per sua fortuna, sempre nei posti di coda, c’era una ragazza italiana che parlava il cinese. Il derubato aveva fatto presente alla hostess che se avesse recuperato i soldi non avrebbe sporto denuncia. La ragazza italiana aveva tradotto il messaggio in cinese, la hostess si era seduta a fianco del signore cinese, poi si era alzata, era andata lei a far finta di rovistare nella cappelliera sopra la coppia derubata e… era comparso dal nulla uno dei sacchetti per il vomito dove chissà come erano finiti i mille e duecento dollari! Ed io mi sono svegliato proprio nel momento del ritrovamento miracoloso della refurtiva!

Il volo Casablanca – Dakar invece è stato penosamente noioso 😜 Abbiamo tutti dormito abbarbicati ai nostri soldi 😂

Arriviamo a notte fonda ed andiamo a dormire in un alberghetto senza pretese tra l’aeroporto – che è molto lontano dalla capitale – e Dakar.

27 dicembre

da Dakar al Lac Rose

La mattina finiamo di sistemare le ultime pendenze con Tropic Tour, il corrispondente per questo viaggio e finalmente inizia per davvero la nostra visita del Senegal. Prima volta in Africa Occidentale per me, dicevo in apertura. Gireremo con un pulmino Toyota guidato da Aliou. Il Senegal è una ex colonia francese e fa parte di quella che a livello geopolitico viene chiamata Françafrique, cioè tutta quella zona africana dove la Francia, sebbene non più potenza coloniale, ha mantenuto interessi forti. La lingua più diffusa in Senegal è il wolof. Ma dato che tutte le scuole sono francesi, tutti sono bilingue e quindi si può comunicare con tutti in francese.

Come tutte le capitali del terzo mondo che ho avuto occasione di vedere, Dakar non fa eccezione nel collezionare impunemente caratteristiche negative. Inquinata, caotica, piena di quartieri fatiscenti. Quando si è bloccati in qualche ingorgo, subito compaiono dei venditori ambulanti. E finché vendono mandarini, ben vengano 😄 Dakar ha un clima strano, c’è sempre un pulviscolo fine nell’aria che limita molto la visibilità.

La nostra prima tappa è l’Île de Gorée, l’Isola di Gorèe. L’isola è Patrimonio dell’UNESCO ed è famosa perché vi si trova quella che viene chiamata la Maison des Esclaves, la casa degli schiavi. Da questa isola infatti sono transitati milioni di africani strappati alla loro terra d’origine per essere portati, fatti schiavi, nelle Americhe. Una delle strutture dove venivano ammassati e smistati è ora diventata un museo dove delle guide raccontano il viaggio e le vicissitudini degli schiavi, dalla loro vita all’interno della Maison des Esclaves alle armi usate dai commercianti di schiavi. Suggestiva è la porta che dà sul mare, porta dalla quale gli schiavi venivano imbarcati sulle navi oppure buttati in mare se troppo deboli. L’isola fu usata per gli imbarchi fino al 1848, anno della definitiva abolizione della schiavitù nei territori francesi. L’isola è piccola ma piena di stradine e di edifici coloniali. La giriamo tutta e pranziamo lì. Poi nel pomeriggio riprendiamo il traghetto per Dakar.

Aliou ci aspetta all’imbarcadero e col pulmino ci porta a fare un giro “turistico” della città. Passiamo per Place de l’Indépendance, la piazza principale, su cui si affacciano degli imponenti edifici coloniali, sedi di ministeri o istituzioni pubbliche. Vediamo dall’esterno l’enorme Palais Présidentiel, sede ufficiale del Presidente appunto. E la Cathédrale du Souvenir Africain de Dakar. Consiglio un giro veloce, la città architettonicamente offre poco. Più tempo l’abbiamo dedicato al Marché aux Fetiches, il mercato dei feticci.

E qui iniziamo una digressione. In Senegal convivono pacificamente una vasta maggioranza mussulmana ed una minoranza cattolica. Si incontrano molte moschee, ma anche chiese. Entrambe le religioni sono arrivate in Senegal sovrapponendosi alla più antica religione animista. Gli sciamani di quella religione, i marabout, vennero tenuti in grande considerazione dai nuovi padroni del Senegal, perché permettevano loro di controllare meglio la popolazione. Entrambe le religioni dominanti non attribuirebbero alcun valore ai riti dei marabout. Ma i senegalesi ricorrono tranquillamente a queste figure per scacciare il malocchio o solo per augurare salute e prosperità alle persone care. Per i vari tipi di riti che il marabout deve officiare possono servire dei feticci, per lo più parti di animali: mani di scimmia, rane essiccate, corna di bufalo, penne di uccello. E quindi su un marciapiede della Avenue Blaise Diagne, non lontano dallo Stadio Reubeuss, c’è una lunga sequenza di bancarelle che espongono tale mercanzia.

Finito di girare per macabre bancarelle ci allontaniamo dal centro di Dakar per andare a visitare il Monumento alla Rinascita Africana. Parliamo di una originale statua bronzea alta 49 metri – quindi più alta della Statua della Libertà di New York o del Cristo Redentore di Rio de Janeiro. Commissionata alla Corea del Nord (forse per risparmiare?!?) presenta nel classico stile sovietico una famiglia – lui, lei ed il bambino – protesi verso il sol dell’avvenire. Famiglia dai tratti abbastanza orientali debbo dire… 😬

Lasciamo Dakar per andare al Lac Rose – detto anche Lago Retba.

28 dicembre

dal Lac Rose a Saint Louis

Il Lac Rose era l’arrivo della mitica Paris-Dakar. La gara, tra la guerra in Mali e le ribellioni dei touareg algerini, ormai è stata spostata in Sud America, sulle Ande. Se siete curiosi qui c’è il link per vederne l’itinerario di quest’anno. Il Lac Rose deve il suo nome al colore di alcune alghe che ne tinteggiano le acque. Ed è anche noto per il suo alto contenuto di sale – alla stregua del Mar Morto in Giordania.

Decidiamo di fare il giro del lago con i quad. Sono vecchi e tenuti insieme con lo spago. Ma noi siamo avventurosi e lì domeremo. Niente di più sbagliato. Nel primo tratto del percorso, in una zona di brecciolino, il manubrio di un quad si rompe – o meglio: finisce di rompersi – ed il mezzo finisce fuoristrada. Finiamo il giro del lago e pensiamo bene di fare un salto al vicino ospedale, il Centre Hopitalier Youssou Mbargane. Una delle due ragazze che era sul quad è molto dolente.

Ovviamente siamo spaesati – la sala d’attesa del pronto soccorso è una panchina all’ombra di un albero fuori dalla struttura stessa – ma gli infermieri sono pronti. Effettuano il triage a bordo del pulmino e con una sedia a rotelle – non proprio del tipo che uno si aspetterebbe – portano la nostra amica a fare una lastra. Alla fine sembra che non vi siano danni. Tocca “solo” imbottire la poverina di antidolorifici per il resto del viaggio. Ve lo anticipo: probabilmente due costole dovevano essere incrinate. Al ritorno la poverina è andata al pronto soccorso in Italia e aveva appunto due costole fratturate 😰

Proseguiamo quindi il viaggio e raggiungiamo Saint-Louis. Saint-Louis è una città sulla foce del fiume Senegal, famosa per il suo centro storico – e per essere l’unica cittadina con un po’ di vita notturna che incontreremo lasciata Dakar 😉 Il dopo cena al night ci sta tutto 🥃

29 dicembre

da Saint Louis a Lompoul

La mattina raggiungiamo il Parco Nazionale del Djoudj. Il Parco è un santuario lacustre dove proliferano pellicani e cormorani. Visitiamo il Parco a bordo di una piroga ed ammiriamo la folta colonia di pellicani.

La colonia è effettivamente molto numerosa ed è un piacere rimanere fermi nella piroga immersi nella natura. Finito il tour lacustre decidiamo di effettuare una sosta in un povero villaggetto di poche capanne sulla strada per uscire dal Parco. Ci sono pochi adulti indaffarati e molti bambini felici della nostra visita.

Riprendiamo il cammino e torniamo a Saint-Louis. Il centro storico di Saint-Louis, caratterizzato da una tipica architettura coloniale, è Patrimonio dell’UNESCO ed il modo migliore per visitarlo è a bordo di un calesse. Si sviluppa su un’isola stretta e lunga ed è diviso in una zona cristiana ed in una zona mussulmana. Giriamo per le sue strade e stradine dove si incrociano indifferentemente persone e capre.

Nei pressi di una scuola coranica si notano alcuni studenti che stanno imparando a memoria il Corano. Seduti ognuno per conto loro lungo la strada, recitano ad alta voce le sure mandate a memoria tenendo ancora aperto il testo. Il risultato è una lunga litania che pervade l’aria. Lungo le banchine di Saint-Louis si possono ammirare le molte barche dei pescatori locali, dalle prue riccamente colorate.

La sera ripartiamo per raggiungere un campo tendato nel deserto presso Lompoul. Ovviamente per non rendere la giornata troppo noiosa ed ordinaria, foriamo una gomma. Tardi quindi, ma arriviamo a destinazione.

30 dicembre

da Lompoul a Sokone

Alzarsi per vedere l’alba nel deserto è sempre un’emozione. Dopo l’alba facciamo colazione e poi si riparte. Prima tappa il mercato di Touba Toul. E’ un classico mercato locale dove vendono di tutto: granaglie, cibo, stoffe, preparati per la medicina tradizionale. Il mercato occupa varie strade e stradine ed è tutto un pullulare di persone e di carretti trainati da cavalli e somarelli, quasi tutti guidati da gruppi di ragazzini.

Dopo la sosta al mercato il nostro autista, Aliou, ci chiede il favore di poter effettuare una visita di condoglianze – è venuta meno la mamma del suo migliore amico. Ovviamente accettiamo e quindi facciamo sosta in un villaggio appena fuori la cittadina di Khombole. Sostiamo nello slargo davanti la scuola e già solo per la novità la scolaresca sciama fuori per vedere chi siano questi inattesi visitatori. Dopo l’incontro con i bimbi ed i loro insegnanti accompagniamo Aliou dal suo amico. La famiglia dell’amico di Aliou ci accoglie con benevolenza e passiamo un po’ di tempo con loro.

Riprendiamo il nostro viaggio ed arriviamo in serata a Sokone. Il programma prevede di essere ospiti di alcune famiglie locali – una iniziativa del GIE Touris Jokkoo, una associazione dedita allo sviluppo del turismo responsabile ed integrato – e di assistere, dopo cena, ad uno spettacolo di lotta senegalese. Veniamo suddivisi quindi in gruppi di due persone ed accompagnati man mano alle varie abitazioni. Alcune dentro il villaggio – io sono tra questi – ed altre più distanti.

Le esperienze sono state variabili. Si va da chi – come me – si è trovato bene a chi si è sentito trattare come un corpo estraneo da ignorare. Comunque sia, io finisco in una famiglia molto prolifica. Un capofamiglia con tre mogli e figli di varia età. Da quello di diciott’anni, che cena con noi, a quelli di pochi mesi. A cena appunto abbiamo pesce grigliato accompagnato da patate, verdura ed un saporito soffritto di cipolla. A metà serata veniamo tutti recuperati dal nostro pulmino per raggiungere il luogo dove si terrà lo spettacolo di lotta senegalese. Si tratta di una lotta tradizionale (insieme al calcio è lo sport più praticato da queste parti e vede la partecipazione sia di uomini che di donne) e consiste in un combattimento corpo a corpo che termina con l’atterramento di uno dei due lottatori.

31 dicembre

da Sokone a Toubakouta

Raggiungiamo un imbarcadero nei pressi di Toubakouta e tramite una lancia fluviale sbarchiamo sull’isola di Sipo, una delle tante isole del delta del fiume Sine-Saloum. Visitiamo il villaggio scortati da un gruppo di bimbi, un classico villaggio di capanne che vive dei frutti della pesca e conosciamo la reine. Il villaggio non ha una vera regina ma questa signora di novant’anni è benvoluta da tutti ed è diventata un po’ un richiamo per i turisti.

Dopo la foto di rito con la reine ci spostiamo dall’altro lato dell’isola a Keur Bamboung, un eco-lodge (link qui) dove oltre a pranzare si può anche pernottare. Dopo pranzo riprendiamo la piroga e ci spostiamo sulla piccola isola di Diorom Boumag, una isoletta composta da gusci di conchiglia in cui crescono imponenti baobab. Poi al tramonto, sempre in piroga, ci spostiamo al Reposoir des Oiseaux, un’altra isoletta dove pellicani, cormorani ed altri uccelli si preparano – alquanto rumorosamente – per la notte.

Torniamo all’approdo di Toubakouta dove passiamo la sera dell’ultimo dell’anno. Nei paesi mussulmani normalmente non si festeggia il Capodanno. In Senegal invece sia il 31 Dicembre che il 1 Gennaio sono festivi! Ma non lo si direbbe da Toubakouta. All’imbrunire le vie sono buie e deserte. Di fatto si festeggia solo negli alberghi dove sono i turisti.

Ragion per cui ci mettiamo in ghingheri e festeggiamo!

1 gennaio

da Toubakouta a Joal Fadiouth

Dopo la notte di follie siamo pronti per una lunga traversata in piroga fino a Dijogane, un villaggio di pescatori nel delta del Sine-Saloum. Questo villaggio è molto più grande di Sipo ed essendo anche oggi chiuse le scuole siamo assediati da frotte di bambini. Facciamo il (breve) giro del villaggio, conosciamo il maestro della scuola ed assistiamo anche al rientro della locale squadra di calcio che ha appena vinto una coppa.

Per ora di pranzo ci spostiamo in una spiaggetta solitaria e nel pomeriggio approdiamo sulle spiagge di Djiffer. Sulla spiaggia sono in secca decine e decine di imbarcazioni dalle tipiche prue colorate. L’economia della zona è basata sulla pesca dei molluschi. Gli uomini pescano le conchiglie e le donne a terra le aprono e le puliscono. In più seccano al sole il pesce o lo mettono sotto sale. E’ il posto più fetido che visitiamo in Senegal.

Ultima tappa della giornata, il più antico baobab della regione sito lungo la strada che porta a Joal Fadiouth. Dopo aver ammirato questo enorme albero, raggiungiamo Joal Fadiouth per la sera.

2 gennaio

da Joal Fadiouth a Toubad Dialao

Nella mattinata visitiamo l’antica isola di Fadiouth. Unita da un ponte pedonale alla terraferma, l’isola è interamente costituita di gusci di conchiglie accumulati dall’uomo dai tempi dei tempi. Sull’isola sorge un villaggio dove – all’opposto delle zone dove siamo stati sinora – sono i cattolici ad essere in netta maggioranza. Tant’evvero che al centro del villaggio c’è la chiesa. A Fadiouth le conchiglie vengono utilizzate per decorare sia i muri delle case che le colonne della chiesa. E’ una cittadina molto dedita al commercio dove troviamo i souvenir ed i regali più belli di tutto il viaggio. Attraversando un altro ponte pedonale raggiungiamo il cimitero. E’ un cimitero misto, cristiano e mussulmano. Un colle fatto di conchiglie, tombe e baobab a muta dimostrazione di come la convivenza tra religione diverse sia la norma nella storia e di come gli odii e le carneficine siano solo il frutto malato di politiche sbagliate.

Al ritorno sulla terraferma visitiamo una scuola dopodichè ci spostiamo a Mbour. E’ un po’ un fuori programma. Primo perché il nostro autista Aliou ci porta a conoscere la sua famiglia. E poi perché ci porta a conoscere un marabout.

Cos’è un marabout? Avevo accennato qualcosa prima quando avevo parlato del mercato dei feticci ma forse è meglio tornarci su. Queste terre – il Senegal, il Burkina Faso, la Costa d’Avorio – sono le terre d’origine del vodoo. Da qui, con la tratta degli schiavi, questa pratica passò in America Latina e nelle Antille e di lì, man mano modificandosi, nel sud degli Stati Uniti. Le potenze che man mano colonizzarono queste terre sfruttarono gli sciamani locali per meglio controllare le popolazioni locali, tollerando che a lato delle nuove religioni da loro imposte restassero vive queste antiche figure. E quindi ancor oggi mussulmani e cristiani, osservanti e praticanti, ricorrono senza problemi al marabout per un consiglio o per augurare una pronta guarigione ad un caro. Resta un rito cruento, come potete immaginare un gallo ci rimette la vita. Ma fa parte della cultura e delle tradizioni più profonde di questo popolo.

Quella del marabout non è una pratica segreta. Si seguono dei corsi per diventare marabout. I feticci richiesti in alcuni riti si vendono liberamente in zone specifiche dei mercati. Ciò non di meno non troverete targhe in giro. E se chiederete, difficilmente qualcuno vi darà indicazioni. Non è un rito turistico. Ce ne eravamo resi conto fin da subito a Dakar, quando alle nostre domande tutti sorridevano e cambiavano discorso.

In pochi decidiamo di partecipare al rito, che avviene in una stanza in penombra. Siamo in tre, seduti a terra vicini e con le mani protese su una ciotola capovolta, più il marabout. Nella cerimonia il marabout recita delle litanie, lo fa seduto a fianco a noi e lo fa girando intorno a noi mentre agita in aria il galletto. Nelle sue preghiere il marabout invoca il potere e le energie di spiriti e divinità. Ma – mi permetto un accenno di sorriso – anche del Presidente del Senegal e dei membri del Parlamento! Penso tra me e me che, visto il divario sociale che esiste tra chi vive in quei palazzi faraonici che abbiamo visto a Dakar e chi vive in capanne di legno, sia plausibile per questi ultimi che tali ruoli di potere siano ammantati di una carica mistica. Alla fine delle preghiere il galletto – che ogni tanto mi viene fatto tenere fermo per le zampe – è morto. Il marabout ci lascia alcuni talismani. Contengono della polvere per un rito di purificazione da svolgere con calma a casa.

Per la notte ci spostiamo a Toubab Dialaw.

3 gennaio

Arriviamo a tarda ora al nostro albergo. Ceniamo e ci restano meno di tre ore per riposare. Abbiamo un aereo da prendere molto presto all’aeroporto internazionale di Dakar. Altro scalo a Casablanca e nel tardo pomeriggio siamo a casa.