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2020

Il Carnevale di Ivrea

Nikon D5300 e Nikkor 18-200

Per questo Carnevale del 2020 sono stato ad Ivrea per la Battaglia delle Arance. E’ la seconda volta che ne ho l’occasione e voglio approfittare per ringraziare Elisa per l’ospitalità. Stavo pensando che forse voi che leggete non conoscete lo Storico Carnevale di Ivrea! Ed allora eccovi subito qualche cenno storico, inframmezzato con qualche mio scatto fotografico 😉

Narra la legenda che in nei bui anni del Medio Evo la città di Ivrea fosse dominata da un signorotto arroccato nel suo castello che ne angariava gli abitanti. Oltre a tasse e soprusi vari, il tiranno esercitava l’odioso jus primae noctis, il diritto di passare con ogni novella sposa la prima notte di nozze. Violetta, giovane figlia del mugnaio della cittadina, novella sposa di Toniotto, si ribellò a questa violenza e, estratto improvvisamente un pugnale dalle vesti, mozzò la testa del tiranno e la mostrò al popolo intero dagli spalti del castello. Fu il segno della rivolta. Il maniero fu subito assaltato e incendiato dalla popolazione insorta, che istituì così il Libero Comune.

Ambientata quindi nell’alto Medioevo, questa leggenda, come tutte, ha un fondo di verità: a quell’epoca, infatti, la Dora Baltea era costellata di numerosi mulini natanti; forse la rivolta eporediese (al tempo Ivrea si chiamava appunto Eporedia) fu causata dall’ennesima tassa sul macinato, ma il suo ricordo si è tramandato nel tempo attraverso l’immagine della Vezzosa Mugnaia che liberò l’intera città.

La Battaglia delle Arance rievoca questa ribellione: il popolo, rappresentato dalle squadre degli aranceri a piedi, combatte a colpi di arance contro le armate del feudatario, rappresentate dai tiratori sui carri trainati da splendidi cavalli, che indossano protezioni e maschere che ricordano le antiche armature (e che ne preservano l’incolumità fisica 😇).

Le squadre degli aranceri a piedi sono nove: Asso di Picche, Aranceri della Morte, Scacchi, I Tuchini del Borghetto, Scorpioni d’Arduino, Pantera Nera, I Diavoli, I Mercenari, I Credentari Aranceri. Quelle sui carri almeno una cinquantina (cinquantadue nel carnevale di quest’anno). Le squadre non hanno un’appartenenza legata alla residenza, come nelle contrade di Siena per esempio. Vivendo quasi tutta la popolazione al di fuori del piccolo centro storico ci si affilia un po’ come con le squadre di calcio: per amicizie comuni, per simpatia, per tradizione familiare.

La battaglia è molto cruenta. I lanciatori a piedi non indossano protezioni ed il lancio è molto cruento. Anche gli spettatori che si assiepino troppo a ridosso dei carri ricevono bei colpi di rimbalzo – io ne ho preso uno bello pieno sulla nuca 😅 Che non si fa per scattare una bella foto 💪🏼 E’ comunque tradizione che chi indossi un cappello frigio rosso non sia preso di mira direttamente dai lanciatori sui carri. Certo che se poi, anche col cappello frigio, iniziate a lanciare arance… 🤪 non lamentatevi delle conseguenze 😂

Una nota. Tra arance che rimbalzano intere o spesso spaccate e la melma (un misto di arance e deiezioni dei cavalli) che si accumula a terra conviene indossare abiti di poco conto e scarpe adeguate. Meglio degli stivaletti di gomma a mio parere, soprattutto se volete spostarvi nel mezzo delle piazze sia durante il passaggio dei carri sia nelle pause tra uno e l’altro.

La battaglia non nacque così come la conosciamo. Si narra infatti che due volte all’anno il feudatario donasse una pignatta di fagioli alle famiglie povere e che queste, per disprezzo, gettassero i fagioli per le strade. Gli stessi legumi erano anche utilizzati in tempo di carnevale, come scherzosi proiettili da lanciare addosso ad improvvisati avversari. Fu nell’800 che dai fagioli si iniziò a passare alla arance. Infine, solo dal secondo dopoguerra con la nascita della prima squadra di aranceri a piedi la battaglia assunse i connotati attuali seguendo regole ben precise. A proposito: le arance utilizzate sono frutti italiani destinati al macero (arance di seconda scelta, sovrapproduzione, ecc). La cosa viene sempre sottolineata per non far passare la battaglia come un trionfo dello spreco alimentare.

C’è poi il corteo storico popolato da svariati personaggi di epoche differenti: la Vezzosa Mugnaia (Violetta) con la sua Scorta d’Onore, il Toniotto (suo sposo), il Generale e lo Stato Maggiore, formato da Ufficiali e Vivandiere, il Sostituto Gran Cancelliere, il Magnifico Podestà garante della libertà cittadina, gli Alfieri con le bandiere dei cinque rioni, rioni rappresentati dagli Abbà, la banda di Pifferi e Tamburi. 

Ultimo componente – last but not least – del Carnevale è lo Scarlo. Lo Scarlo è il palo rivestito di erica e ginepro. Ne vengono piantati cinque, nelle cinque piazze della città e vengono bruciati la sera del Martedì Grasso. Lo Scarlo che brucia nella piazza del Comune è presieduto dalla Mugnaia che, in piedi sul cocchio, leva alta la spada finché la bandiera tricolore in cima allo Scarlo non è del tutto consumata dal fuoco. Quanto più velocemente le fiamme risalgono il palo, tanto più la folla si rallegra, essendo questo un segno di buon auspicio per l’anno da poco iniziato.

Finita la carrellata storica debbo dire che l’Anno Domini 2020 è stato un anno difficile per lo Storico Carnevale di Ivrea. Già prima dell’inizio dei festeggiamenti c’era stato l’abbandono di una delle vivandiere, molestata da chi interpretava il generale. Poi a seguire la sostituzione del personaggio che interpretava il generale. E poi il Carnevale al tempo del coronavirus ha visto i suoi festeggiamenti troncati dopo il primo dei tre giorni previsti! Non vi dico i commenti la domenica sera quando è stata diffusa la notizia (che comunque era nell’aria). Insomma un anno difficile per Ivrea questo…

Se volete qualche informazione in più sulle tradizioni eporediesi ne trovate qui, sul sito ufficiale dello Storico Carnevale di Ivrea. Oppure potete accedere a RaiPlay, dove per Rai Storia è stato prodotto questo bel documentario qui, documentario dove lo storico Alessandro Barbero sottolinea come lo jus primae noctis non sia mai esistito. Era invece un’invenzione letteraria della fine del medioevo adatta a sottolineare la differenza che correva coi secoli bui che ci si era lasciati alle spalle.