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Il PD non può

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Cosa non può il PD? Essere Giano bifronte. Non può pensare di essere sia un partito americano sia un partito europeo.

Il partito americano, vedi i Democratici, non ha tessere nè strutture rigide e gerarchizzate. Ci si conquista il consenso volta per volta e se lo si perde si resta a casa. Si può andare anche contro le decisioni del partito e restarne comunque un importante esponente. Vedi Lieberman, che ha sostenuto Mc Cain anzichè Obama, ma è rimasto alla guida della commissione parlamentare sulla Homeland Security.

Il partito europeo pretende una tessera che dà diritto di cittadinanza, dà appartenenza ed identità, ma pretende fedeltà ed obbedienza. Se Villari non obbedisce, viene espulso.

I casi che riempiono le cronache di questi giorni sono un esempio lampante dell’impossibilità di gestire un partito nato male. L’attenzione si sposta volta per volta su chi debba essere deferito al tribunale interno per essere o meno espulso: la Binetti per le sue dichiarazioni su gay e pedofilia, il Latorre per i bigliettini passati a Bocchino, il Villari che dice una cosa e ne fà un’altra.

Fondamentalmente il PD è nato con un gran chiasso mediatico, con delle primarie che hanno incoronato chi era già stato scelto dall’apparato interno per essere segretario. Ma senza aver compiuto nessuna di quelle scelte che servono a dar vita a qualunque soggetto politico. Come decidere a quale famiglia politica europea fare riferimento, o se il partito fosse laico o confessionale nelle sue visioni, o se dovesse correre da solo alle elezioni (perchè da solo vuol dire senza Di Pietro, non solo senza gli altri partiti della sinistra). Tutto demandato al domani o confuso nella bolla mediatica, come se l’aver sciolto due vecchi partiti, DS e Margherita, in un nuovo soggetto bastasse a redimere quest’ultimo dalle contraddizioni che l’operazione aveva aperto.

Ed il domani non s’è fatto attendere. E’ anzi arrivato presto. Molto prima di quanto i dirigenti del PD s’aspettassero. La conseguenza della mancata chiarezza è un’opposizione allo sbando, con un segretario, Veltroni, che viene sbeffeggiato dall’ultimo senatore di passaggio (Villari), e con esponenti (Fassino e D’Alema) che partecipano all’Internazionale socialista quando ancora non si sa se il PD dopo le elezioni europee si iscriverà al PSE.

Santoro dichiara che a suo parere c’è qualcuno nel PD che nell’ombra spinge Villari a resistere per mettere in difficoltà Veltroni. Non serviva il suo acume giornalistico. Da non facente parte di quell’area posso constatare che ci sono i cosiddetti dalemiani, gli eredi della margherita, i nostalgici di prodi, Epifani. Tutti contro tutti. Tutti a dimostrare che un partito deve nascere da una comunanza di idee, non da un’aggregazione con meri fini elettorali.