E’ un romanzo da leggere tutto d’un fiato, duecento pagine che scorrono velocemente ma, ahimè, lasciano poca traccia di se. Vuole essere una critica al giornalismo spazzatura, alle redazioni dedite solo a gestire la “macchina del fango” contro gli avversari del proprio editore. La trama è abbastanza povera ed i personaggi sono solo abbozzati. Vengono proposti degli spunti qua e là che potrebbero essere sviluppati per dar corpo alla trama ma poi tutto si perde in un finale veloce e poco incisivo. A recuperare tutto ciò, come ciliegina sulla torta, Eco da sfoggio della sua sterminata erudizione con una teoria complottista sulla morte di Mussolini e sul tentato colpo di stato di Junio Valerio Borghese. Nulla a che vedere con l’ampio respiro delle invenzioni del Pendolo di Foucault o del Cimitero di Praga, ma comunque questi divertissement sono l’unica cosa godibile del romanzo.
Oggi per controbattere un’accusa non è necessario provare il contrario, basta delegittimare l’accusatore
Schdenfreude, il godimento per la sfortuna altrui. E’ questo sentimento che un giornale deve rispettare e alimentare