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Politica estera dei Democratici

Non voglio essere pessimista. Nè per forza essere bastian contrario verso coloro che vedono nell’elezione di Obama alla Casa Bianca l’ascesa del risolutore di tutti i mali del mondo, dalla crisi economica, al razzismo, alla fine delle guerre.

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D’altronde è a posteriori che si giudica l’operato delle persone. A priori e senza la sfera di cristallo ci si può limitare a qualche osservazione marginale, generata forse da un maggiore disincanto rispetto a chi ha riempito Roma di manifesti con scritto: il mondo cambia. E basata anche sull’operato di passate amministrazioni democratiche in America.

Dialogo. Tutte le amministrazione Democratiche famose sono state dialoganti in politica estera al loro insediamento. Semplifico il mio discorso con degli esempi. Kennedy rifiutò di appoggiare il piano della CIA per uno sbarco alla Baia dei Porci a Cuba, Carter divenne il portabandiera dei diritti umani, Clinton parlò di un’egemonia benevola dell’unica super-potenza sul mondo.

E quando fallisce il dialogo? Il problema, seppur banale, resta sempre lo stesso. Se il tuo interlocutore non vuole dialogare con te, tu che fai? Prima di iniziare un dialogo quindi, si dovrebbe avere una strategia se questo si rivelasse infruttuoso. Kennedy, visto che il blocco sovietico restava aggressivo, iniziò una confusa missione in Vietnam, che poi evolvette in una guerra e che finì molto tempo dopo come tutti sanno. Carter fu tanto preso dalle proprie indecisioni che non solo favorì la rivolta komeinista in Iran, ma ne aggravò le conseguenza con la spedizione di Tabas1. Senza contare che nulla fece per contrastare l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’URSS. Clinton alternò momenti di intervento totalmente unilaterale, vedi nel 1998 gli attacchi al Sudan e all’Iraq, a momenti di totale disinteresse, vedi per esempio l’inazione di fronte al genocidio del Ruanda.

NeoCon. Insomma quello che ha scandalizzato molti benpensanti quì da noi è che i NeoCon quando sono saliti al potere avessero studiato una strategia ben definita in politica estera . Poteva essere non condivisibile. Ma era chiara. Usare i muscoli per far capire alle potenze emergenti che gli Stati Uniti avrebbero difeso i propri interessi senza temere di entrare in guerra con chicchessia. Hanno ristrutturato la presenza militare all’estero, diminuendola in Europa ed aumentandola in Medio Oriente ed in Asia Centrale. Avevano i loro obiettivi e su di essi hanno impostato le loro strategie. Bush è diventato il cattivo per antonomasia perchè non è stato politically correct. Ha fatto la guerra all’Iraq anche se gli europei non volevano. Con buona pace dei nostri pacifisti di professione, personalmente mi faceva comunque senso sapere che noi commerciavamo sopra e sottobanco con Saddam Hussein, dandogli modo di prolungare una dittatura appena appena sanguinosa…

Obamapensiero? Vorrei tanto che i Democratici facessero come i NeoCon e ci spiegassero dove vogliono andare a parare in politica estera. Per ora il primo segnale è la nomina di Rahm a capo del suo staff. Che viene tradotto come un appoggio allo stato di Israele, visto che Rahm è israeliano e non nasconde le sue idee in proposito2. La mia preoccupazione è che nel 2009 Obama proverà a dialogare con Iran, Siria ed Hamas. Non ci riuscirà, vista l’inconciliabilità delle posizioni fin quì tenute. E non avendo una cornice strategica di riferimento, potrebbe rischiare un’avventurismo bellicista. Comunque per metà 2009 la crisi in Iraq dovrebbe essere conclusa, visto il successo dell’operazione Surge. E, con un incremento delle truppe in Afghanistan che dovrebbe avvenire a breve, forse anche lì le cose dovrebbero tranquillizzarsi. Magari tutto ciò basterà a convincere Iran e Siria ad essere più concilianti.

Senza palla di vetro non posso dire di più 🙂

- Note all'articolo
  1. il tentativo maldestro di liberare gli ostaggi dell’ambasciata americana []
  2. tipo Gerusalemme capitale indivisa di Israele []