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Referendum Costituzionale e la bolla dell’informazione

L’impauperimento culturale degli italiani emerge sempre più esaminando i temi della politica. I temi sono banali, sebbene devastanti, per chi voglia osservarli con distacco. In primis l’incapacità di un esame critico ed autocritico delle proprie posizioni politiche, vissute come atto di fede religiosa o, per dirla più prosaicamente, calcistica. La campagna sul referendum costituzionale ne è stata un esempio limpido ed aberrante. Non solo politici incapaci di argomentare le proprie posizioni ma tesi solo ad insultare e sminuire i loro avversari. Ma soprattutto i soliti leoni da tastiera, quegli utenti che sui social network – Facebook in primis – non hanno perso occasione per sfogare le proprie frustrazioni spargendo gratuitamente tonnellate di odio. Rendendosi ovviamente ridicoli, distruggendo la propria credibilità nei confronti di chi non condivida le loro personali ossessioni e perdendo anche tempo. Perdendo tempo perché il social network di Zuckerberg non è più in grado da tempo di “spostare” le opinioni, ma solo di “rafforzarle”. L’algoritmo che gestisce le bacheche calcola i like messi dagli utenti, il tempo speso a leggere articoli o passato nei gruppi tematici, addirittura il tempo passato a visualizzare il titolo di un articolo senza nemmeno averlo aperto. Non ci credete? Potete rendervi conto delle potenzialità delle tecnologie attuali cliccando qui. Il link vi porterà al sito clickclickclik che descriverà cosa farete col mouse, quanti siti avrete visitato prima di lui, quale sia il vostro browser, ecc. Fin’anche se muovete il mouse più lentamente o più velocemente della media! In base a tutti i dati raccolti l’algoritmo di Facebook ci propone sempre e solo contenuti che vadano a rafforzare le nostre posizioni, rinchiudendo l’utente in una bolla fatta di soli contenuti favorevoli alle proprie idee. La vita nella bolla è indubbiamente confortevole. Ma ha come conseguenza quella di alienare la persona dal sano esercizio mentale basato su un confronto costruttivo con chi la pensi diversamente.

Ovviamente questa situazione non è solo italiana ma abbraccia un bacino più ampio. Per esempio il Guardian ha portato avanti un interessante esperimento (link qui) nell’ultimo mese della campagna elettorale americana. I giornalisti hanno selezionato dieci elettori, cinque repubblicani e cinque democratici. Hanno creato due profili tipo su Facebook, uno di destra ed uno di sinistra con bacheche che attingevano a contenuti molto polarizzati sugli schieramenti di appartenenza. E nell’ultimo mese di campagna elettorale hanno chiesto ai cinque repubblicani di accedere a Facebook col profilo tipo dell’elettore democratico e viceversa. Risultato? Per molti di loro l’esperienza è risultata devastante. Fuori dalla loro bolla comunicativa si sentivano persi ed a disagio: il mondo lì fuori era troppo terrificante per guardarlo in faccia! Per alcuni di loro l’unica soluzione poteva essere solo quella di richiudersi ancor di più nella propria confortevole bolla.

For some of our participants, checking out the other bubble only confirmed their commitment to staying inside their own.

La cosa interessante è che chi avrebbe votato Trump non lo ha mai nascosto. Anzi, l’ha sempre detto chiaro e tondo, anche sui social network. Solo che queste persone erano invisibili a chiunque fosse nella bolla dei pro-Clinton, bolla dove erano immersi buona parte degli osservatori esterni e dei giornalisti. Fino alla fine Francesco Costa, nella sua newsletter sulle elezioni americane, aveva ripetuto che la vittoria di Trump poteva essere improbabile ma assolutamente possibile, proprio in virtù dei suoi viaggi negli stati in bilico dove, parlando con la gente, si trovavano posizioni ben diverse da quelle rilevabili analizzando social e sondaggi.

Per tornare a casa nostra bisogna ammettere che la bolla comunicativa su Facebook è solidissima. Sul referendum le opinioni sono state così polarizzate a seconda si fosse un fan di Renzi, Grillo o Berlusconi che spesso mi sono trovato davanti a situazioni che rasentavano il ridicolo. Qui sotto un recente esempio che ho trovato divertente – divertente?!? 😱 – dove un imprenditore italiano con interessi in Asia parla della successione reale in Thailandia e si ritrova dei commenti completamente stranianti rispetto al tema trattato.

Per la cronaca il tipo molto anziano seduto sulla sedia col capo reclinato è il vero detentore del potere in Thailandia, altro che il vecchio re o quello nuovo a cui china pro forma il capo 😉

Abbandonando Facebook, anche su Twitter si è svolta una vera e propria guerra tra i due schieramenti. Sebbene questo social network conti come iscritti un numero di persone nettamente inferiore a quello di Facebook, risulta tradizionalmente molto più incisivo nello spostare le opinioni dei suoi utenti – tanto da essere il prediletto dalla politica e dalla comunicazione in generale. Anche qui però negli ultimi tre mesi circa centomila persone se le sono date di santa ragione sostenendo il fronte del SI e quello del No e non lasciando praticamente spazio ad altri attori.

Se seguite questo link al sito RefernDati troverete qualche dato interessante sull’argomento. Al di là dei numeri, il grafico sopra mostra a colpo d’occhio non solo l’estrema polarizzazione dello scontro (Renzi vs Fatto Quotidiano/Antonio Bordin/Beatrice Di Maio alias la moglie di Brunetta) ma anche l’effetto della bolla comunicativa, effetto per cui solo due attori hanno dettato praticamente in toto la comunicazione sull’argomento, lasciando agli altri solo le briciole – e quasi neanche quelle.

In conclusione i social network ormai stanno diventando strumenti inadatti al confronto in generale, ma soprattutto a quello a tema politico. A questo si aggiunge il problema delle fake news, delle notizie palesemente false che gli utenti acriticamente condividono. La credibilità di Facebook da questo punto di vista è ormai completamente distrutta. Sentir dire “l’ho letto su Facebook” è equivalente a dire “ti sto raccontando una bufala”. Anche qui poi se la bufala arriverà dalla propria bolla acquisterà credibilità, se proverrà da una bolla altrui verrà riconosciuta per quel che è.

In conclusione il 2016 è stato l’anno del trionfo della bolla comunicativa: Brexit, elezioni USA, referendum italiano. Non resta da auspicare che il 2017 sia l’anno in cui molti decidano di scambiarsi opinioni di più de visu e meno per interposto algoritmo 😉

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