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Scarfès Fanzine

Voglio parlarvi di un progetto fotografico molto particolare. L’autore è Giuseppe Andretta. Andretta è un fotografo (qui il link al suo sito) ma anche un esperto nella gestione del colore (qui invece il link al sito dedicato con un interessante blog) e nella stampa fine art tramite l’azienda Fineart Connection (link qui).

Andretta ha visitato più volte negli anni il Marocco ed ha avuto la possibilità di realizzare un reportage molto, molto particolare. Esiste infatti una particolare forma di autolesionismo molto diffusa tra i giovani marocchini (usata come codice di appartenenza al gruppo ed osteggiata dal governo) che l’opinione pubblica chiama ‘tcharmil’.

Il modo di vita tcharmil – che è una forma di rivolta all’islam e al regime repressivo che governa la vita dei giovani marocchini – si ispira alle gang di stampo americano: abbigliamento sportivo o firmato, capelli rasati con figure tribali, orologi appariscenti, collane ed anelli luccicanti e, quasi sempre, numerose cicatrici sulle braccia, sul torso e sul collo. Un modo per simboleggiare il male di vivere della gioventù ma anche l’assenza di limiti e paure. Un modo molto rischioso di autoaffermarsi visto che i gesti di autolesionismo sono effettuati sotto l’effetto di alcool e droghe ed espongono i ragazzi al rischio reale di recidersi vene e tendini.

Per Andretta tutto è iniziato per caso. Si è imbattuto nella Medina di Fès, come spesso capita ai turisti, in alcuni ragazzi, ragazzi con cui nel tempo ha stretto amicizia e di cui si è conquistato la fiducia. Notando le loro cicatrici ha iniziato a fare domande a riguardo, ricevendo risposte evasive. Andretta non demorde e ritorna in Marocco dai suoi nuovi amici e pian piano riesce a farsi introdurre nel loro ambiente e a documentare un mondo di cui non sospettava l’esistenza.

Andretta ha deciso di pubblicare le sue foto in un formato particolare: una fanzine in formato tabloid su carta da quotidiano. Visti gli elevati costi di avvio ha pensato di lanciare una raccolta fondi su Indiegogo (link qui). Ne ero venuto a conoscenza prima di andare in ferie grazie al podcast di Discorsi Fotografici (qui il link alla pagina con la puntata, anche se risulta ovviamente più semplice ascoltarla tramite una qualunque applicazione per podcast). Sono rimasto molto colpito da questa storia. Troppo spesso quando visitiamo località turistiche come il Marocco ci fermiamo alla superficie – apprezziamo i colori e le architetture, le chiacchiere dei commercianti che vogliono mercanteggiare le loro mercanzie – senza accorgerci del male di vivere che attanaglia le generazioni che vivono le regole religiose e culturali dei loro padri come delle catene. Se voleste acquistarlo, trovate qui il sito.

CategoriesFotografia