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Twitter e la sindrome da startup

In queste ferie, passate un po’ al mare con una connessione agonizzante, un po’ in Sud Africa preso da tutt’altro, una degli argomenti che più spesso vedevo commentati riportava sempre ad un solo soggetto. Il social network Twitter.

Twitter in Italia è sempre stato poco diffuso. Solo ultimamente, con l’integrazione completa in iOS ha visto crescere gli utenti nostrani – non me ne vogliano gli utenti Android ma le statistiche sono impietose: gli androidiani usano poco gli smartphone su internet. Twitter è diverso da Facebook, non ha compleanni, album di foto. Ed è utilizzato più per diffondere notizie che per commentare il gossip. Aveva la fama di essere un grande fratello buono. Perchè permetteva a tutti di sfruttare i propri servizi.

Poi d’improvviso è diventato cattivo. Ha deciso di limitare queste possibilità. Perché? Cos’è successo? Nulla di nuovo sotto il sole. Twitter, l’eterno Peter Pan, ha semplicemente deciso – o meglio è stato costretto – a diventare grande.

Tutta la querelle si basa sul fraintendere il modello di sviluppo di un’azienda. Alla sua nascita Twitter era una normale startup della Silicon Valley. Ha dovuto scegliere tra due modelli.

  1. Essere gratuito e cercare di divenire così interessate da venire acquistato da qualche azienda
  2. Essere a pagamento e sostenersi indipendentemente

Ora questi due modelli di sviluppo non possono essere intrapresi lanciando i dadi. Ma vanno scelti a seconda delle caratteristiche del prodotto che si vuol creare.

Quando vuoi creare un qualsiasi tipo di social network hai bisogno di utenti. Di tanti utenti. Solo con una elevata massa di utenti la tua piattaforma vivrà di vita propria. E per far iscrivere tutta questa gente il network deve essere gratuito.

Facciamo ora un esempio parallelo per meglio inquadrare la questione. Prendiamo due app per la fotografia retrò: Instagram ed Hipstamatic.

Delle due sicuramente Hipstamatic è la migliore – ne sono un utente affezionato e soddisfatto. Paghi l’applicazione e paghi anche i filtri aggiuntivi. Il risultato è perfetto ed il sottoscritto è ampiamente soddisfatto.

Instagram invece è gratuita. Le foto, per effetti, qualità, risoluzione non sono all’altezza di Hipstamatic. Però essendo gratuita e permettendo di condividere con gli altri utenti le foto ha dato vita ad un cospicuo social network visivo. Così cospicuo che Facebook l’ha comprata a peso d’oro. Sovrastimandola di parecchio. Ma questo è solo un mio parere.

Tornando a Twitter, il problema di Twitter è che non è riuscito a farsi acquistare prima di finire i soldi investiti da chi aveva scommesso su di lui. Girano voci – non so quanto fondate – che Apple fosse stata interessata ad una acquisizione parziale o totale. Ma così non è stato. E Twitter per esistere deve guadagnare. E, non potendo un social network essere a pagamento perchè gli utenti migrerebbero altrove, deve sostenersi con la pubblicità.

E qui sta il dunque. La pubblicità necessita di spazi dedicati. Per cui gli utenti debbono usufruire di Twitter o attraverso il sito internet twitter.com oppure dagli smartphone attraverso delle app che garantiscano agli investitori di veicolare la pubblicità. E quindi attraverso l’app proprietaria. Per ottenere questo si tagliano le gambe ai client alternativi. Sperando di non buttare il bimbo con l’acqua calda. Perchè? Perchè tutte le caratteristiche che hanno reso Twitter quello che è, prendiamo gli hashtag per esempio, sono innovazioni nate dagli utenti e non dal team di sviluppo. E se gli utenti non saranno soddisfatti dei cambiamenti, abbandoneranno la nave che affonda.

E non penso che la fuga possa approdare verso un social network a pagamento come App.net, sostenuto da blogger opinion leader come John Gruber. Approderà sempre e comunque verso un servizio gratuito, che non porrà cancelli all’ingresso di nuovi iscritti.

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