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Una vita come tante

Tendenzialmente non leggo libri così lunghi. Perchè lo dico? Perchè Una vita come tante è un tomo di più di mille pagine. Mille e cento per i più precisi di voi. E spesso, quando vedo libri così poderosi, immagino che il lavoro di editing non sia andato a buon fine. Mi era successo con Uomini che odiano le donne. Lo leggevo e mi chiedevo perchè mai alcuni pezzi della storia non fossero stati tagliati di netto in sede di editing. Quindi normalmente quando mi trovo davanti un libro così lungo lo scarto. (A proposito, poi cercando sul web ho scoperto che l’editor aveva provato a far tagliare alla autrice alcune parti, soprattutto quelle di violenza, ma che lei si sia rifiutata perché le riteneva essenziali!)
Ma allora perchè sono qui a parlarne? Perchè ascolto un padcast di consigli letterari che mi sta dando grande soddisfazione. Si chiama Copertina e lo tiene uno scrittore, Matteo B. Bianchi (il link alla puntata è qui ma potete ascoltarlo facilmente grazie a qualunque programma per podcast). Una vita come tante faceva parte dei consigli di lettura di una delle sue ospiti. Ed anche lui – che ammetteva di avere la mia stessa avversione ai libri (inutilmente) lunghi – confessava di averlo divorato in poco tempo.
E allora ho deciso di leggerlo. E sì, l’ho divorato anche io. Con qualche pausa ogni tanto, perchè la storia tutto è meno che leggera e spensierata.
Ovviamente riassumere una trama è poco utile, anche perchè vi toglierei il gusto di farvi avvolgere dal mondo del libro. Per sommi capi è la storia di quattro amici che, provenendo da varie parti dell’America, si ritrovano a New York, dove a poco a poco iniziano a vivere la loro vita adulta e scoprono la propria strada nel mondo. Tutti sottolineano come nel libro si senta molto la presenza della città, con lo spirito che la sostiene, con la sensazione che ti dona di potercela fare. Il che è vero, ma alla fine quello che veramente ti cattura sono loro, i ragazzi, tutti diversi uno dall’altro. E tra loro spicca Jude, il più fragile, che molto presto diviene il centro e il cuore pulsante della storia.
Leggevo su una recensione di Luca Alvino su Minima et Moralia (link qui) che se l’editor di Hanya Yanagihara fosse stato Gordon Lish, probabilmente il romanzo sarebbe stato lungo un terzo di quello che è. E subito io a dire: Vero! Concordo!
Però è anche vero che la tecnica della Yanagihara di procedere per accumulo, questo raccontare tutto, anche cose forse irrilevanti, i flashback nella vita di Jude, tutto questo alla fine restituisce delle vite intere. E non è cosa di poco conto esserci riusciti.
Non è un romanzo facile, presenta passaggi duri e violenti, parla di abusi e di amore, di successi e di sconfitte. Ma è stato una bella lettura.