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Università

Prendo spunto dalla cronaca di questi giorni, le occupazioni universitarie, per scrivere quì quello che ho sempre detto e pensato sull’argomento.

Intanto va’ premesso che sono stato fortunato. Quando ho frequentato l’università la situazione della scuola non era degradata come oggi. Se esisteva il bullismo giovanile era così limitato da rientrare nella categoria: ragazzi difficili. Certo, non parlo di una situazione idilliaca. Già si percepiva che fino al liceo la qualità della scuola era inadeguata (troppe le persone mandate avanti per non “intasare” le classi), ma l’università restava un filtro adeguato. Questo almeno dicevamo tra noi studenti.  Quante persone ho conosciuto che, venute a Roma formalmente per studiare, ma dedite principalmente ai divertimenti, sono state brutalmente stroncate in sede d’esame. A Biologia o eri preparato o ritentavi l’esame. Ricordo nitidamente come ad un esame del primo anno, Citologia ed Istologia, alle persone che raggiungevano il voto tra 18 e 20/30simi veniva chiaramente detto di ripresentarsi all’appello successivo. Su quell’esame si basavano molti degli insegnamenti successivi e si pretendeva una conoscenza della materia superiore alla semplice sufficienza. Si faceva selezione, insomma. Sul serio.

Ritengo di aver vissuto l’università in un periodo d’oro. Eri lì per studiare, e studiavi. Chi poi voleva frequentare le aule auto gestite era libero di farlo. Ci si portava appresso i libri, si giocava a carte, a palla, ecc. Stranamente agli esami il professore spesso era uno stronzo perchè ti poneva domande sul programma del corso e non sugli argomenti da te prediletti. E aveva anche il coraggio di respingerti! Con le dovute eccezioni, naturalmente. C’era chi studiava anche lì. Ma erano minoranze. Rare e dimenticate.

Sono stato fortunato, quindi, perchè ho potuto esercitare il mio diritto allo studio. Sicuramente c’erano (ho vaghi ricordi) delle manifestazioni, delle contestazioni. Ma mai una lezione è stata impedita.

Il primo anno che ero in tesi ho avuto modo di riflettere a fondo sull’argomento. Ho assistito casualmente ad una scenetta che mi ha dato il senso dell’inutilità di operazioni tipo occupazione/contestazione. In un laboratorio si doveva cambiare un frigorifero e c’era il tecnico della ditta incaricata ed il capo di quel laboratorio. Mai conosciuto un capo laboratorio che non fosse di sinistra, o meglio un radical-chic. Questo anzi era un buon diavolo. Sempre disponibile. Pace all’anima sua. Ahimè un tumore se lo portò via pochi anni dopo l’episodio che racconto. Tornando a noi il capo laboratorio in questione attacca bottone col tecnico. Iniziano a chiacchierare e vien fuori che tutti e due sono di sinistra. Poi vien fuori che tutti e due da giovani, da studenti universitari, avevano militato in Lotta Continua. Entrambi avevano assunto degli pseudonimi in quei tempi di movimento. Uno si faceva chiamare Ernesto. L’altro non ricordo più. Vien fuori che ne avevano combinati di casini. Roba da finire in galera. Quanti ricordi… Sembravano fratelli che il caso aveva diviso. Io ero lì a lavorare sotto una cappa e sentivo tutto. Conoscendo però la storia del capo laboratorio potevo vedere meglio la differenza tra i due: il tecnico era figlio di povera gente1 e, avendo sprecato l’occasione di darsi una cultura e risalire la china sociale, era finito a fare un mestiere umile. L’altro era figlio di professori universitari2 ed era finito a fare il capo laboratorio3. Ma non avevano lottato per annullare le differenze di censo nel cursus studiorum?

Forse sbaglio, ma difficilmente ho visto che i grandi contestatori universitari del passato hanno ottenuto granchè. Tranne forse rovinare un modello di istruzione senza proporne un’altro sufficientemente valido. Si è tanto parlato del ’68. Era sicuramente giusto e sacrosanto, come lo è adesso, dare a tutti la possibilità di frequentare l’università, rendendola economicamente accessibile. Ma questo non doveva, nè dovrebbe, prescindere da una dura selezione sia in ingresso che durante il corso degli studi. Ed oggi non vedo nulla di diverso da ieri. Tanta retorica – stesse frasi anni settanta, tanta prepotenza – se non sei d’accordo ti impedisco di frequentare, tanta violenza – un’occasione in più per fare a botte con la polizia. Un grande vuoto propositivo.

L’unico consiglio a posteriori che posso dare a chi, studente, volesse considerare la mia opinione è quello di non lasciarsi distrarre da derive che troppo facilmente possono sembrare sensate e condivisibili. Non c’è mai stata una riforma che ha salvato o distrutto l’università. Il sapere è evoluzione, cambiamento, crescita. E, se vi sentite veramente motivati a modificare voi l’assetto degli studi, bene: laureatevi, raggiungete posizioni di potere decisionale e proponete le modifiche che riterrete utili. Ma non sprecate tempo e denaro (spesso dei genitori) in questioni che riguardano più chi fà militanza politica che chi è lì per studiare.

- Note all'articolo
  1. cosa venuta fuori nella chiacchierata iniziale []
  2. chissà perchè l’aveva taciuto nella conversazione col tipo? []
  3. stipendio equiparato ad un professore universitario []