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2023

Egitto

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Per il ponte dei morti mi sono concesso un breve viaggio culturale in Egitto. Ho scelto una formula particolare trovata nel vasto catalogo di Avventure nel Mondo: Egitto SOF-RA (link qui). Il nome del viaggio gioca sull’assonanza tra la formula soft, formula in cui alberghi e ristoranti serali sono prenotati direttamente dall’agenzia, ed il cognome della coordinatrice, l’egittologa Stefania Sofra (qui potete leggere il suo curriculum e prendere nota delle sue pubblicazioni).

Una formula particolare dicevo, perché appunto è sempre Stefania Sofra la coordinatrice di questi viaggi, il loro valore aggiunto. Stefania organizza da tempo due formule per visitare con lei l’Egitto: questa più breve di 6 giorni (che tolti i voli consiste di 3 giorni al Cairo ed 1 giorno ad Alessandria d’Egitto) ed una più lunga con crociera sul Nilo per visitare Abu Simbel, Karnak, Luxor, ecc.. Stefania ha sempre approfittato dei vari spostamenti in autobus per raccontarci molte notizie dell’Egitto faraonico (e non solo), sfruttando anche e soprattutto le tre ore di andata e di ritorno tra Il Cairo ed Alessandria. Si è veramente spesa per fare la differenza. E ci è riuscita! Con lei ci ha accompagnato una guida egiziana, Emad. La legge in Egitto prevede che nei siti archeologici o nei musei debba essere una guida locale a dare spiegazioni ai turisti. Un modo per far lavorare i professionisti locali. Emad è una delle guide preferite di Stefania. Lei stessa ci raccontava di precedenti esperienze con altre guide che a volte non illustravano correttamente gli aspetti della civiltà faraonica. Sfumature che sfuggirebbero sicuramente a noi amatori dell’argomento, ma non ad una esperta come lei.

Ultima chiosa della premessa, la situazione in Egitto. Avevo prenotato questo tour ad Agosto quando nella zona tutto era tranquillo. Ed invece sono partito con la guerra a Gaza e notizie sui nostri media di manifestazioni qua e là nel mondo arabo. Come sempre esiste uno iato tra le notizie flash dei nostri telegiornali e le realtà sempre complesse in cui ci si immerge. Sicuramente l’apparato di sicurezza che ho trovato era notevole. Ma nulla di diverso da quello che avrei trovato se non fossero avvenuti i fatti di sangue del 7 ottobre 2023 con tutto quello che ne è seguito. Già a settembre ci era stato preannunciato che l’itinerario non sarebbe stato modificabile perché comunicato alle autorità di polizia locale, che ci avrebbero fornito come da protocollo una scorta. I siti turistici che abbiamo visitato (dal Museo Egizio al quartiere copto, dalle Piramidi di Giza al suq) sono tutti presidiati dalle forze di sicurezza e di fatto trasformati in delle bolle dove muoversi tranquillamente. In più esistono molti posti di blocco che controllano gli spostamenti lungo le arterie stradali. Essendo noi legati ad un tour organizzato, questi controlli erano per noi trasparenti: al massimo vedevi il poliziotto controllare la targa e fare cenno di andare. Ci spiegava però Emad che viaggiando in autonomia si verrebbe facilmente (o meglio sistematicamente) fermati per i controlli di rito. Per quanto riguarda la scorta di cui prima accennavo, si sono alternati a bordo del nostro bus due poliziotti in borghese nei giorni del tour. Entrambi vestiti identicamente, con un completo a giacca marrone. Con pistola d’ordinanza appesa alla cintura. E mitraglietta appesa alla spalla celata sotto la giacca. Molto discreti, ci hanno sempre seguito nelle escursioni. Detto ciò non abbiamo mai avuto sensazioni di pericolo o di disagio. Nè abbiamo mai visto manifestazioni o crocicchi “sospetti”. Al suq e in alcuni locali lungo il Nilo abbiamo visto esposte delle bandiere palestinesi (rigorosamente al fianco di quelle egiziane) ma null’altro che facesse riferimento alla guerra. Emad, interrogato da noi, si rammaricava del fatto che l’Egitto sia un paese tranquillo e sicuro ma che venisse boicottato dai turisti ad ogni conflitto in Medio Oriente. Dal canto suo anche Stefania, che al Cairo ha vissuto e dove ha ancora casa, ci ha sempre rassicurato sulla sicurezza della città.

27 Ottobre

Giornata di spostamento. Partenza da Roma e Milano nel pomeriggio con arrivo in serata al Pharaohs Hotel (link qui). L’hotel è in una zona centrale, a 100 metri dal Nilo, di fronte l’isola di Gezira dove sorgono il Teatro dell’Opera e la Torre del Cairo. Insomma un quartiere bene, come diremmo noi. Solo che siamo in Egitto, paese povero e con un’economia che versa in condizioni sempre peggiori. Ed il primo colpo d’occhio alla zona – non differente comunque da quelli dei giorni seguenti – non ci aveva lasciato all’inizio così tranquilli. Complice anche la presenza dell’ambasciata mauritana con i relativi presidi antiterrorismo. Ecco, una peculiarità che ho notato in questo viaggio. I soldati o i poliziotti che svolgono un presidio fisso sono sempre accomodati dietro una corazza mobile. Sono quelle “abitudini” locali, come le reti elettrificate in Sud Africa, così diverse dalle nostre da lasciarci sempre un filo d’inquietudine.

28 Ottobre

Facciamo colazione in albergo, all’ultimo piano con vista sul Nilo. L’aria è densa di foschia. Stefania ci spiega che, al di là dello smog di una metropoli di 18 milioni di abitanti, in questa stagione non si gode di un cielo terso neanche nel deserto. Ci sono una trentina di gradi di giorno e sicuramente è una temperatura ottimale per girare. Ma ci sottolinea come luglio-agosto, nonostante un maggior calore, regalino cieli tersi che rendono i panorami veramente ineguagliabili.

Stefania tutte le mattine si raccomanda di non prendere dal buffet della colazione la verdura in quanto lavata con acqua corrente (così da evitare problemi gastrointestinali), di fare una abbondante colazione col resto e di prepararci un paio di paninetti da consumare come pranzo light durante la giornata.

Prima tappa della giornata, il Museo Egizio del Cairo (link qui), che sorge sulla centrale Piazza Tahrir. Il museo mantiene una struttura ottocentesca, con alti soffitti a mitigare l’assenza di aria condizionata (che sicuramente in estate è un limite importante, ma non a fine ottobre). Al momento i reperti di Tutankhamon sono ancora qui, ma verranno trasferiti al nuovissimo GEM, Grand Egyptian Museum (link qui) a Giza non appena verrà inaugurato. Emad ci fornisce di radio auricolari, così da poterlo ascoltare senza restare necessariamente addossati a lui.

Ora… raccontare il tour nel museo è veramente difficile. La quantità di nozioni trasmessaci da Emad è stata impressionante. Sfrutterò qualche foto che ho scattato per raccontare qualcosa, ma la visita guidata di questo museo (al pari di quella al Museo Egizio di Torino) è un’esperienza che può essere solo vissuta e non narrata.

Prima cosa che mi è rimasta impressa. Che ci fossero due Egitti, Alto e Basso, lo sanno un po’ tutti. Ma quello che almeno a me era sfuggito era quanto diversi e distanti tra loro essi fossero stati e fossero rimasti per migliaia di anni. Non solo due corone, che i faraoni indossavano fuse o separate a seconda delle occasioni o delle opportunità del momento. Ma due popolazioni, due culture, due territori così eccezionalmente diversi da necessitare continuamente stilemi simbolici a rappresentarne l’unione. Il simbolo più ricorrente è il nodo sema, composto dall’intreccio della pianta del loto (a rappresentare l’Alto Egitto, quello del delta) e della pianta del papiro (a rappresentare invece il Basso Egitto). Ma sebbene il nodo sema sia onnipresente nell’arte, le Oche di Meidum mi hanno colpito ancora di più nella loro simbologia. Due coppie di diverse oche a rappresentare Alto e Basso Egitto ed ai lati un’oca per parte – il faraone – ad abbeverarsi nel Nilo.

Stefania ci aveva già anticipato che la cosa importante per gli antichi egizi era presentarsi belli al cospetto del prossimo. Si indossavano parrucche e si utilizzavano prodotti cosmetici proprio con questo fine. E la statua di Chefren (il faraone della piramide ovviamente) assiso in trono ne è un esempio notevole. Con la sola eccezione di Akhenaton, il faraone “eretico”, tutti i faraoni si faranno rappresentare come uomini perfetti, dai bei lineamenti e dalle belle sembianze. Nel caso di questa statua, Emad ci fa notare un particolare non visibile frontalmente: un falco, rappresentazione del Dio Horus, che abbracciando con le ali la nuca del faraone lo protegge.

Le sculture dei sovrani defunti, all’interno dei loro templi funerari, erano intese come sostituti del corpo del re per divenire sedi del suo ka. Secondo la religione egizia, il ka era la forza che animava la forma visibile di qualcuno (sia il corpo oppure solo una statua), forma che il ba aveva scelto dandole così la vita. Dopo la morte, il ka avrebbe abbandonato il corpo, pur continuando a necessitare di un luogo in cui insediarsi: la statua appunto.

Chefren porta gli attributi reali, il copricapo detto nemes e la barba posticcia. Questi simboli erano intesi come riferimento alla natura divina del faraone ed erano indossati SOLO dai faraoni. Infatti nelle Statue di Rahotep e di sua moglie Nofret, Rahotep sebbene principe della famiglia reale non indossa né l’uno né l’altra.

Parimenti impressionante per la cura dei dettagli la statua lignea del sacerdote Ka’aper. La profondità del suo sguardo è legata alla cura con cui sono stati realizzati i suoi occhi, impiegando rame, bronzo e diversi tipi di quarzo.

Interessante è stato scoprire il rispetto che avevano i nani nell’Antico Regno. Gli Egizi reputavano semidivine le persone affette da nanismo, perché capaci di racchiudere il corpo e le funzioni di un uomo in forme ridotte. Riprova infatti ne è la statuina di Seneb e della sua famiglia. Seneb è rappresentato seduto, con le gambe incrociate, accanto alla moglie Senetites che lo abbraccia affettuosamente.

La storiografia egizia suddivide le varie dinastie in tre regni, Antico, Medio e Nuovo, inframmezzati da Periodi Intermedi di disordini e potere frammentato. Lasciate le sale dedicate all’Antico Regno, Amed ci porta davanti la statua di Mentuhotep II. Mentuhotep è ricordato per essere stato il faraone che, ponendo fine al primo periodo intermedio, ha traghettato l’Egitto verso il medio regno, riunificando il paese dopo un periodo di instabilità e frammentazione. Nella statua il faraone indossa la corona rossa del Basso Egitto ed una imponente barba posticcia arricciata. Ciò che ci fa notare Amed sono le gambe estremamente massicce ed i piedi esageratamente grandi. Una sproporzione rispetto alle perfette proporzioni della statua di Chefren, anomalia probabilmente legata alla perdita delle tecniche dell’Antico Regno a seguito del periodo di anarchia.

Dopo aver ammirato l’enorme volto della regina Hatshepsut – Grande Sposa Reale che si era trasformata da reggente in faraone, facendosi rappresentare con gli attributi maschili: il nemes e la barba posticcia – e la statua di Akhenaton – il faraone che tentò di imporre il monoteismo del dio Aton e che si faceva raffigurare con tratti di un verismo spesso esasperato, al limite della caricatura (arte amarniana) – finalmente arriviamo al “pezzo forte” del museo: il tesoro di Tutankhamon!

Parliamoci chiaro: Tutankhamon è un faraone morto giovane, di nessuna vera rilevanza nella storia se non per il fatto che la sua tomba è a tutt’oggi l’unica arrivataci intatta. E questo lo ha reso famosissimo. Lo dico solo per sottolineare come il suo arredo funebre necessariamente è stato meno importante rispetto a quello attribuibile ad un faraone dal lungo regno. Detto ciò il tesoro è favoloso, con pezzi di una bellezza incredibile. Lo scrigno dorato che conteneva i vasi canopi, i vasi canopi stessi in alabastro, il trono dorato con Tutankhamon e la regina Ankhesenamon sorpresi in una scena di vita familiare. E la famosissima maschera d’oro del giovane faraone. Maschera che però, sebbene sotto una pesante teca, non può essere fotografata – pena la mummificazione da vivi 🤪

Come vedete ho redatto una rapida carrellata di quello che abbiamo visto ed ascoltato in almeno un paio d’ore di visita. Troppo rapida forse ma d’altronde non posso certo scrivere un trattato d’egittologia. Consigliato da Stefania Sofra al ritorno mi sono comprato Antico Egitto arte, storia, civiltà edito da Giunti per meglio approfondire.

Finita la visita al museo siamo risaliti sul nostro pullman per spostarci alla seconda tappa. Nei nostri tragitti all’interno del Cairo notiamo un po’ di cose originali. Ve ne accenno un paio.

La raccolta rifiuti. I cestini o i secchioni non esistono. L’immondizia indifferenziata viene posta in dei sacchi all’esterno degli edifici e questi vengono raccolti e trasportati via da delle persone che in effetti non sono dipendenti di nessuna società appaltatrice pubblica o privata. Queste persone trasportano l’immondizia in una località del Cairo chiamata Manshiyat Naser, ribattezzata negli anni Garbage City, la città dell’immondizia. Qui, un gruppo di cristiani copti arrivati nei primi anni del Novecento ha costruito una vera e propria comunità che, se un tempo consisteva in alcune tende e scarsissime risorse, oggi è una città a tutti gli effetti, con palazzi, condomini, elettricità e acqua corrente. Ciò che la caratterizza, la ragione per cui è conosciuta, è però il fatto che la zabbala, l’immondizia in arabo, si trova dappertutto. Impilata nelle strade in grandi sacchi di iuta, alle entrate delle case, sui balconi e le terrazze. E i suoi trentamila cittadini se ne occupano quotidianamente, riciclandone circa l’80%. Gli abitanti, chiamati zabbalini, spazzini, ogni giorno si occupano, come già detto, di raccogliere l’immondizia prodotta in tutto Il Cairo, circa 3.000 tonnellate al giorno, sminuzzarla, separarla, riciclarla e ri-commercializzarla. Recuperano porta a porta i sacchi, li aprono e suddividono i rifiuti in ben 16 materiali diversi.

Un’altra cosa che ci ha colpito sono le case “tagliate” ai lati della nuova autostrada costruita per unire la zona di Piazza Tahrir al GEM di Giza. Il tragitto dell’autostrada che percorriamo attraversa un quartiere di palazzi abusivi, non baracche ma palazzi in cemento armato di 5-10 piani. Le porzioni dei palazzi che erano d’intralcio sono state abbattute e dato che ogni abitante aveva affrescato il proprio appartamento con colori diversi, sono rimaste esposte le pareti con il patchwork di colori a riempire i quadrati che una volta erano solai e pareti.

Seconda tappa della giornata la Fortezza di Saladino (Castello Salah Al-Din Al-Ayoubi) e soprattutto la Moschea di Muhammad Ali. La fortezza fu costruita da Saladino nel XII secolo come protezione contro i crociati e per velocizzarne la costruzione vennero sfruttati i rivestimenti in calcare bianco che abbellivano le Piramidi di Giza. Solo sulla sommità della Piramide di Chefren è rimasta parte di questo rivestimento che rendeva ancora più spettacolari le antiche piramidi.

All’interno della fortezza sorge la Moschea di Muhammad Ali o Moschea di Alabastro. I lavori iniziarono nel 1839 e finirono nel 1857. Ispirata nella forma alla Moschea di Santa Sofia di Istanbul, presenta le pareti del cortile rivestite per 11 metri di alabastro. La moschea fu fatta costruire, come si evince dal nome, da Muhammad Ali Pascià, padre fondatore dell’Egitto moderno che aveva abbattuto il regime mamelucco e liberato l’Egitto dal vassallaggio dell’Impero Ottomano.

Di ritorno dalla moschea passiamo davanti il Cimitero di Al Qarafa o Città dei Morti. Al Qarafa è il più antico cimitero musulmano del Cairo e dell’Egitto e si estende per oltre 10 km. Ancora in uso è caratterizzato dalla convivenza tra i vivi e i defunti. Non si sa esattamente quante siano le persone che vivono qui, chi dice mezzo milione, chi un milione, tutti accalcati in un fitto reticolo di tombe, mausolei e monumenti funebri di straordinaria bellezza. Non c’è mai stata una vera separazione tra i vivi ed i morti, anche se inizialmente la necropoli era abitata solo da mistici sufi. In seguito i sultani mamelucchi vi organizzarono parate militari, celebrazioni religiose e processioni, costruendo appunto i loro palazzi sulle strade principali del cimitero. Durante l’epoca ottomana, la necropoli era inoltre costellata di collegi e madrase sufi. Poi dagli anni ‘60 è diventata rifugio di molte famiglie indigenti che hanno trovato un equilibrio con i proprietari delle tombe, permettendo le inumazioni in cambio di ospitalità nelle strutture.

Tappa finale della giornata, il Suq Khan el-Khalili. Secondo solo al Bazar di Istanbul, il mercato è un dedalo di strade zeppe di botteghe e negozi. Scesi dall’autobus facciamo base al El Fishawy Cafe. In esercizio dal 1797 – un anno prima che Napoleone Bonaparte invadesse l’Egitto – all’inizio del XX secolo il caffè era famoso per essere frequentato da intellettuali e scrittori, in particolare durante il Ramadan, tra cui il Nobel Naguib Mahfouz. Dopo aver gustato un drink lì ci dividiamo a piccoli gruppi per esplorare il suq.

Scaduto il tempo concessoci al suq torniamo a spostarci per raggiungere l’imbarcazione con cui goderci il tramonto navigando sul Nilo. Un’occasione di svago che, complice la musica che viene diffusa a bordo, ci ha permesso di farci un’idea di quanto sia pieno di locali il lungo Nilo, locali spesso ricavati all’interno di grosse imbarcazioni.

Rientrati dal tour in barca andiamo a cena al San Giovanni ElNile (link qui) un eccellente ristornate sulle sponde del Nilo. Come sempre sarà, la cena è a menù fisso scelto da Stefania affinché si possa mangiare tutto senza timori per la salute.

29 Ottobre

Prima tappa della giornata Saqqara. Tutti carichi saliamo sul nostro pullman e… andiamo. Finché il pullman non si rompe. Si rompe?!? Scendiamo e andiamo a vedere. C’è olio dappertutto nel vano motore.

Amed alza il telefono e ci procura al volo tre pulmini, di quelli che i locali utilizzano come taxi collettivi, tutti per noi. Nel frattempo anche la nostra scorta alza il telefono ed informa i posti di blocco del cambio di mezzo. E così, con un minimo di avventura, raggiungiamo in lieve ritardo sul programma la necropoli di Saqqara.

La necropoli di Saqqara è sita a nord-est dell’antica città di Menfi ed oltre ad un centinaio di tombe, ospita la Piramide a Gradoni, la prima piramide della storia. Prima di essa, infatti, le tombe monumentali egizie erano dei parallelepipedi detti mastabe (panche). La piramide venne eretta per la sepoltura di Djoser (o Zoser), sovrano della III dinastia e primo faraone dell’Alto e Basso Egitto, dal suo architetto Imhotep. Consiste di sei mastabe di dimensioni decrescenti, costruite una sull’altra, ed è considerato la più antica struttura egizia di grandi dimensioni edificata interamente in pietra.

Il serdab (camera destinata alla statua raffigurante il Ka, o “spirito vitale”, del defunto) di Djoser, situato vicino al tempio settentrionale ed addossato all’estremo angolo ovest della parete della piramide, fu il primo ad essere costruito e risulta inclinato. Conteneva la statua del sovrano che, attraverso i due fori praticati nel muro, poteva osservare le stelle imperiture del cielo settentrionale che mai tramontavano ma anche il mondo esterno dei vivi e le oblazioni.

Dopo aver ammirato la Piramide a Gradoni ci spostiamo nella necropoli per visitare la Tomba di Idut. Idut era una principessa della famiglia reale, figlia di Unas, faraone della V dinastia. La tomba era stata inizialmente approntata per il visir Ihy ma poi fu utilizzata per seppellire la principessa. È una tomba dalle pareti ricche di raffigurazioni della vita di tutti i giorni, di scene di caccia, di pesca, ecc. Vi è anche una bellissima falsa porta, un elemento architettonico che con la sua magica funzione consentiva al Ka del defunto di transitare, attraverso la via dell’Aldilà, dal regno dei morti a quello dei vivi e viceversa.

Tornati al parcheggio troviamo un pullman sostitutivo ad attenderci e con quello ci spostiamo a Dashour. Questa necropoli è stata aperta al pubblico solo dal 2022, in quanto adiacente ad una base militare. Raggiungiamo prima la Piramide Rotta. Costruita per il faraone Snefru ebbe un problema tecnico. Doveva essere una piramide regolare ma il terreno su cui veniva innalzata iniziò a cedere e gli architetti furono costretti a ridurre l’angolo di pendenza dando così vita… ad un souffle sgonfio 😬

Ovviamente a Snefru non piacque e si fece costruire su un terreno più solido poco distante la Piramide Rossa (chiamata così per il colore dell’arenaria con cui è costruita), terza in altezza dopo quelle di Cheope e di Chefren. Ovviamente come tutte le piramidi originariamente era bianca perché ricoperta di calcare, poi rimosso nel medioevo per costruire Il Cairo. Le due piramidi sono visitabili al loro interno e decidiamo di entrare nella Piramide Rossa. Saliamo a metà costa della piramide, ci infiliamo in un buco pavimentato con assi di legno e scendiamo curvi su questa passerella per 65 metri. Alla fine ci ritroviamo a 25 metri di profondità a visitare 3 stanze completamente prive di alcun decoro. Il tutto al buio a causa di un black out e quindi con la sola luce dei led dei nostri cellulari.

Bene. È ora di risalire sul pullman e di spostarci alle più famose di tutte: le Piramidi di Giza. Dato che alcuni del gruppo hanno espresso il desiderio di entrare dentro quella di Cheope (che ha cunicoli più stretti di quella in cui siamo già stati) andiamo subito ai suoi piedi. Vista da così vicino è veramente imponente. Mentre aspettiamo il gruppetto, Emad ci racconta un po’ di curiosità sulle piramidi. Al ritorno del gruppetto risaliamo sul bus e ci spostiamo alle spalle delle tre piramidi per poter scattare delle foto e poi di corsa andiamo al Sfinge, prima che i tornelli per l’accesso al sito chiudano.

Scattato lo scattabile delle piramidi, della sfinge, di noi e le piramidi, di noi e la sfinge finalmente lasciamo la zona archeologica e ci fermiamo al National Papyrus Center, una galleria dove Emad ci illustra la modalità di fabbricazione della carta di papiro. Nella galleria è ovviamente possibile acquistare papiri decorati di diversa dimensione e fattura.

In sostituzione dello spettacolo di suoni e luci alle piramidi, che in questi giorni è stato sospeso, abbiamo optato per visitare il Villaggio Faraonico (link qui). Pensato a nostro parere più per le scolaresche che per un pubblico adulto, è un percorso che inizia con un tour su una chiatta che scorrendo lungo dei canali illustra la vita quotidiana nell’antico Egitto, grazie a figuranti che interpretano vari ruoli (dal pastore al pescatore, dallo scultore all’armaiolo). Scesi a terra si visita una riproduzione di un tempio egizio e la riproduzione della Tomba di Tutankhamon, location che danno modo ad Emad di ampliare le spiegazioni che ci aveva dato durante questi giorni.

Ceniamo al vicino Atlantis Corners Restaurant & Cafe e poi tutti a nanna.

30 Ottobre

Iniziamo la giornata visitando il Quartiere Copto. In origine il termine copto era riferito non ai cristiani copti ma a tutti gli egiziani. Questo perché Copto deriva dall’arabo Qubt che a sua volta deriva dal greco Αἰγύπτιος «egizio». Fu solo con la conversione all’Islam della stragrande maggioranza della popolazione che il termine si restrinse ad identificare la minoranza rimasta cristiana.

Per prima visitiamo la Chiesa di Santa Vergine Maria o meglio nota come Chiesa Sospesa (link qui), la principale chiesa copta ed una delle più antiche, visto che risale al III secolo. Perché si chiama chiesa sospesa? Beh perché è stata costruita letteralmente sulla porta meridionale della antica fortezza romana di Babilonia (così chiamata perché forse fu costruita da prigionieri assiri). In pratica la navata è stata costruita su un solaio che poggia sulle due torri ed è priva di un terrapieno a sostenerla. Esiste anche una finestratura nel pavimento che permette di vedere il vuoto sottostante e le pareti delle torri.

La fortezza era veramente imponente. Qui infatti passava un canale che collegava il Nilo al Mar Rosso. E Babilonia con le sue torri tonde ed i suoi massicci bastioni doveva controllare questo importante snodo commerciale.

E se sulla porta meridionale fu costruita la Chiesa Sospesa, su una delle sue torri tonde fu edificata la Chiesa greca-ortodossa di San Giorgio (link qui), che mantiene per questo la forma tondeggiante.

Dopo aver visitato anche questa chiesa raggiungiamo per dei vicoli che si dipanano in un piano ribassato rispetto a quello della strada la Chiesa dei Santi Sergio e Bacco. Si tramanda che questa chiesa sia stata costruita nel luogo in cui la Sacra Famiglia (Giuseppe, Maria ed il piccolo Gesù) riposarono alla fine del loro viaggio in Egitto. Nella navata ci sono 12 colonne a ricordare i 12 apostoli. Ma una, quella di Giuda, è per questo priva di capitello! La cripta è ricavata appunto nella caverna dove per tre mesi visse la Sacra Famiglia.

Finita la visita al quartiere copto ci spostiamo di nuovo a Giza al Palazzo dei Profumi, uno dei tanti della famiglia Al Fayed. Ci spiega Emad che in Egitto si producono le migliori basi per i profumi di maggior successo in Occidente. Il commercio è in mano a sette grandi famiglie ed in questi negozi si possono acquistare le essenze per creare direttamente un proprio mix o per imitare quelli di successo. L’unica differenza è che mancando la parte alcolica la base è più persistente.

Dopo i test e gli acquisti finalmente si parte per Alessandria d’Egitto. Tre ore di bus più sosta tecnica all’autogrill – che è più un centro commerciale che un autogrill – con annesso saccheggio di confezioni di datteri. Stefania ci parla a lungo di vari aspetti dell’Antico Egitto ed in serata arriviamo al nostro albergo, il San Giovanni Hotel (link qui).

Ok. Se al Cairo l’albergo era in stile Avventure nel Mondo, qui la storia è completamente diversa. Questo È un albergo! Elegante, con un ristorante di livello (dove ceniamo), a due passi dallo Stanley Bridge, una delle location più iconiche della El Gaish Road, il lungomare di Alessandria.

31 ottobre

Prima tappa la Fortezza di Qaitbay. Nota anche come la Cittadella di Alessandria, è una dei più importanti e antichi edifici storici di Alessandria, curata da sultani e governanti d’Egitto nel corso delle epoche storiche.

È anche uno dei più bei castelli di guerra del bacino del Mediterraneo. Ma soprattutto… sorge dove si ergeva il Faro di Alessandria. Si dice che furono utilizzati i suoi resti per le fondamenta della fortezza.

Dopo aver visitato la fortezza ci spostiamo alla Nuova Biblioteca di Alessandria (link qui), o Bibliotheca Alexandrina. La biblioteca sorge sul sito dove sorgeva l’Antica Biblioteca di Alessandria. Costruita in base ad un progetto norvegese, la Biblioteca è rivolta verso la zona a mare ed è caratterizzata da una curiosa struttura che evoca vagamente la forma di una meridiana, formata da pannelli di vetro che lasciano filtrare all’interno la luce naturale. La zona posteriore invece è realizzata in granito grigio di Assuan in cui sono incisi grafemi di 120 stili differenti di scrittura. Lo spazio dedicato agli scaffali è pensato per ospitare fino ad otto milioni di libri. La parte rimanente dell’area destinata a biblioteca è riservata a sala lettura e copre 70000 metri quadrati distribuiti su undici livelli.

La visita guidata è effettuata con una dipendente della biblioteca che parla solo arabo (con Emad a tradurre) e si conclude davanti ad una copia di Description de l’Égypte, opera scritta dai circa 160 studiosi e scienziati, noti solitamente come i savant (scienziati), che accompagnarono Napoleone durante la campagna d’Egitto dal 1798 al 1801. Fu questa opera che con i suoi disegni ed incisioni diede il via all’egittomania che poi imperversò in Europa. L’opera è stata digitalizzata dalla Biblioteca ed è disponibile qui.

La visita alla biblioteca ha un suo fascino e non nascondo una certa emozione ad aggirarmi tra i suoi scaffali, immaginando che tanto tempo fa proprio in quei luoghi sorgeva similmente il più importante scrigno del sapere antico.

Ultima tappa le Catacombe di Kom El Shoqafa. Scoperte accidentalmente in una zona relegata a discarica – un asino è caduto nell’ingresso principale delle tombe, a più di 12 metri di profondità il 28 settembre 1900 – risalgono al II secolo d.C. e furono utilizzate fino al IV secolo.

Le catacombe erano utilizzate per seppellire le mummie – perché in Egitto si è continuato a mummificare i morti fino alla conversione al cristianesimo. Chiariamo un punto. Per citare una frase cara a Stefania Sofra: gli egizi vivevano per morire e morivano per vivere. Tutti, al di là delle classi sociali, aspiravano alla vita nell’aldilà.

Ovviamente la mummificazione per come la vediamo illustrata è la tecnica riservata alle classi sociali elevate. Per i poco abbienti si utilizzavano metodi meno sofisticati e che davano risultati molto meno soddisfacenti. Ma comunque tutti erano mummificati. Sul volto coperto di bende delle persone normali veniva posta una effige dipinta sul legno. Se cercate “ritratti del Fayyum” potrete avere una buona idea dell’alto livello che poteva essere raggiunto.

Entriamo in un vasto cortile e scendiamo una scala a chiocciola per arrivare in una stanza circolare, nota come “la Rotonda”. Al centro c’è un pozzo d’acqua. Da un lato si trova una sala rettangolare, utilizzata come luogo per i banchetti. Alla fine della stanza circolare, ci sono dei gradini che conducono a un secondo seminterrato, pieno di stanze, corridoi, camere e la maggior parte delle tombe. Quello che risalta dai bassorilievi è l’adattamento ai tempi degli abiti delle divinità. Anubi per esempio resta l’Anubi con la testa di sciacallo ma veste una tunica romana.

A questo punto ripartiamo per tornare al Cairo. Solite 3 ore di bus, sosta ad un diverso centro commerciale spacciato per autogrill, riprendiamo posto nel vecchio albergo e ceniamo lì vicino al ristorante Antakh Carnaval. Dopo cena a nanna perché domani si va presto in aeroporto.