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2022

Islanda

Nikon D750, Nikkor 24-70, Nikkor 70-200, iPhone 12 Pro

9 Luglio

Si parte! Dopo uno scalo a Francoforte dove il gruppone da diciotto persone si riunisce, atterriamo a notte fonda – si fa per dire, qui dove a Luglio il sole di fatto non tramonta mai – a Reflavik, l’aeroporto internazionale di Reykjavik. Recuperiamo dal noleggio i due pulmini 4×4, da nove posti l’uno, e raggiungiamo as soon as possible la 101 Guesthouse (link qui) in città per riposare un po’… in realtà siamo divisi in due guesthouses, la suddetta 101 Guesthouse e l’Hostel B47 (link qui) perché Avventure nel Mondo (il link alla scheda per questo viaggio è qui) aveva in un primo momento chiuso il gruppo ai canonici 15 partecipanti più il capogruppo per poi riaprire le iscrizioni fino a diciotto posti. E purtroppo in (per fortuna poche) occasioni siamo stati costretti a dividere il gruppo a causa della bassa ricettività dell’isola.

10 Luglio

Poco male. Dopo una manciata di ore di sonno inizia finalmente il nostro viaggio e non stiamo nella pelle. La meta della prima giornata sono le tre delle attrazioni più famose dell’Islanda, spesso riunite nelle guide turistiche alla voce Anello d’Oro: Þingvellir, Geysir e Gullfoss.

Un po’ di precisazioni sulla lingua e sui toponomastici. Spesso esiste un doppio toponomastico per ogni località: uno con caratteri islandesi ed una traslitterazione in inglese. Þ per esempio deriva da una runa, si chiama thorn e si pronuncia più o meno come th. Foss vuol dire cascata, jökull vuol dire ghiacciaio, mentre fjöll vuol dire montagne. Tenetelo a mente perché proverò ad evitare ripetizioni, tipo cascata Gulfoss, e tenterò, finché possibile, di mettere i nomi originali delle località.

La nostra prima tappa è il Parco Nazionale Þingvellir, (che, come appena detto, può anche essere scritto Thingvellir). Il parco è stato istituito nel 1930 e racchiude due importanti caratteristiche: una geologica ed una storica. Quella geologica é legata alla presenza della cosiddetta fossa tettonica islandese: qui infatti si toccano plasticamente le placche tettoniche europea e nordamericana! É possibile camminare sulla linea di faglia percorrendo l’Almannagja, un canyon lungo circa 5 km, e letteralmente saltare da una placca all’altra!


La caratteristica storica invece é legata al fatto che qui aveva sede il primo parlamento islandese – che poi è anche stato il primo parlamento del mondo: l’Alþingi (o Althing). Þingvellir significa infatti “campi dell’assemblea”. La proprietà fu espropriata nel 930 d.C. ad un uomo macchiatosi di omicidio e designata quale luogo per l’assemblea generale in quanto raggiungibile più o meno agevolmente da ogni parte del Paese (considerate sempre che buona parte degli islandesi viveva e vive tuttora nella zona di Rejkyavik). In questa gola veniva amministrata la giustizia e venivano eseguite le pene. Davanti la Oxarafoss, la cascata del fiume Oxara, una targa racconta che le pene capitali consistevano nella decapitazione per gli uomini e nell’affogamento per le donne.

Seconda tappa della giornata è Geysir. Geysir, che vuol dire “soffio”, fu il nome che fin dall’antichità gli islandesi diedero al loro geyser più imponente e da cui appunto deriva il termine generico geyser dato a tutti i fenomeni simili. Il getto di acqua calda che veniva proiettato in alto arrivava a circa 60 metri. Parlo al passato perché ormai il geyser storico é quasi spento. Questo perché si sono combinate cause naturali e cause antropiche.


Un geyser, infatti, altro non è che un deposito sotterraneo di acqua bollente, collegato alla superficie da un canale calcareo. Quando l’acqua, scaldandosi per effetto geotermico, raggiunge una certa pressione viene espulsa con uno spettacolare getto. A Geysir si notò che gettando sapone nel cratere, le eruzioni avvenivano più frequentemente e con un’intensità maggiore. L’espediente venne utilizzato per attirare turisti e per creare scenari spettacolari per servizi pubblicitari. Il sapone però rovinò irrimediabilmente la colonna calcarea, rendendo difficile l’ulteriore verificarsi del fenomeno. Per fortuna esistono altre bocche nel parco di Geysir come Strokkur che proietta un getto alto fino a 30 metri e lo spettacolo non è stato del tutto perso.

Tappa successiva Gullfoss, la cascata dorata. Cascata imponente e dal nome singolare. Tre le teorie sull’origine del toponomastico riportate sul pannello del sentiero che la costeggia. La prima afferma che l’origine del nome sia dovuto alla luce dorata che rifletterebbero le sue acque al tramonto. Una seconda teoria invece afferma che il nome “cascata dorata” sia dovuto all’arcobaleno che si formerebbe quando la luce solare attraversa le particelle d’acqua sospese in aria.
La terza teoria, di carattere più leggendario, afferma che molti anni fa, nei pressi della cascata, vivesse un contadino chiamato Gýgur, un uomo che, con il passare degli anni, aveva racimolato un’enorme quantità d’oro. Gýgur, invece di godere della propria ricchezza in vita, si preoccupava costantemente della sorte del proprio oro dopo la propria morte. Poiché non sopportava l’idea che qualcuno potesse sottrarglielo una volta deceduto, decise di nasconderlo in uno scrigno e gettarlo nelle profondità della cascata. Comunque sia ci godiamo l’imponente spettacolo della cascata e percorriamo anche tutto il sentiero che porta ad una piattaforma immersa nelle gocce d’acqua sollevate dal salto.

Anziché tornare indietro a Reykjavik per proseguire verso nord lungo il ring, l’anello stradale asfaltato che raccorda le coste dell’isola, proseguiamo attraverso la F35, una delle strade sterrate che tagliano l’interno dell’Islanda. Raggiungiamo quindi Árbúðir (link qui) una guesthouse dispersa letteralmente nel nulla, composta da un paio di camerate con letti a castello e servizi esterni ed una caffetteria di servizio.

In passato, quando il turismo era poco sviluppato, in Islanda venivano rese disponibili ai turisti le scuole chiuse per le vacanze estive. Ci si sistemava in questi edifici con i sacchi a pelo, si sfruttavano i bagni e le docce presenti e la cucina della mensa per cucinare il cibo acquistato al supermercato. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e la bancarotta che ne seguì, l’Islanda ha puntato sul turismo per risollevarsi. Da allora sono nate tante sistemazioni, alberghi e guesthouses, che hanno reso inutile l’apertura delle scuole. Nel nostro viaggio le stanze erano o camerate o stanze da almeno quattro persone, munite quasi sempre di letti a castello, letti forniti sempre senza cuscini o federe. Noi ci eravamo portati apposta sacco a pelo e sacco lenzuolo. Debbo però dire che ho utilizzato il sacco a pelo solo nell’ultima sistemazione a Rjúpnavellir, mentre in tutte le altre occasioni mi è bastato il sacco lenzuolo.

11 Luglio

La mattina riprendiamo a percorrere la F35 fermandoci di tanto in tanto per ammirare i paesaggi lunari dell’interno dell’Islanda o alcune cascate incrociate dalla strada, come quelle vicino Fluðir.

La meta iniziale della giornata é Kerlingarfjoll, un complesso montuoso con cime alte fino a 1500 metri che si erge su un altopiano costellato di aree geotermiche.

Raggiungiamo il parcheggio segnalato con l’intenzione di percorrere un breve trek che ci permetta di ammirare dall’alto il panorama (in realtà dobbiamo parcheggiare poche centinaia di metri prima perché il tratto finale è eccessivamente sconnesso anche per i nostri pulmini 4×4) ma troviamo il rifugio chiuso ed in stato di semi abbandono. Il meteo non è favorevole con forte vento sulle creste, nuvole basse e zone innevate che coprono i tratti finali dell’ascesa (durante il viaggio ci sentiremo dire più volte come quest’anno la bella stagione sia in ritardo rispetto alla norma). Decidiamo di non rischiare avventurandoci sul fianco innevato del Monte Fannborg e, ritornati al punto di partenza, andiamo a visitare la vicina zona geotermica di Kerlingarfjoll Hot springs.

Rispetto al piano della strada le sorgenti calde sono in un profondo vallone. Dall’alto lo sguardo può apprezzare il singolare spettacolo delle fumarole intervallate dai ghiacciai. Un sentiero munito di rudimentali gradini permette la discesa e constatiamo come buona parte della zona sia visitabile percorrendo dei sentieri già tracciati e parzialmente attrezzati. Non disdegnano comunque di correre un piccolo rischio saltando da una sponda all’altra di un fiumiciattolo (gelido) per poter risalire un costone ed apprezzare il panorama da un punto di vista originale.

Il programma prevede di visitare una seconda area geotermica, Hveravellir. Molto turistica, include pozze bollenti e fumarole tra cui si dipana una comoda pedana rialzata, come potete vedere nel video qui sopra. È disponibile anche una vasca di acqua calda esterna dove ci si può fare gratuitamente il bagno.

Lì incontriamo anche due ragazzi del vicentino che con due vespe stanno percorrendo un tragitto simile al nostro. Due chiacchiere sono doverose, visto che le strade sterrate dell’interno mal si adattano alle sospensioni delle Vespe 😬

Ci raccontano che hanno raggiunto la Danimarca con le vespe caricate su un furgoncino, da lì si sono imbarcati su una nave che li ha portati a destinazione. Tenda, taniche di benzina e bagaglio sono legati a qualunque appiglio della carrozzeria.

Nuova tappa: Glaumbær Farm & Museum (link qui). Sede fin dalla colonizzazione dell’Islanda di un complesso di fattorie, ora Glaumbær ospita delle ricostruzioni in legno, pietra e torba degli edifici della tradizione islandese. Caratteristico il manto erboso che, folto, ricopre i tetti delle casette.

Tappa finale la seconda città dell’isola: Akureyri. Con 19000 abitanti è la seconda area urbana del paese (dopo, com’è ovvio, quella di Reykjavík). Raggiungiamo l’Akureyri Backpackers (link qui), ostello sito nella via centrale della cittadina. Il centro città è piccolissimo e si può ben circoscrivere nella strada dove sorge l’ostello stesso, la Hafnarstræti. A due passi sorge anche la chiesa dalla facciata stilosa, forse l’unica attrattiva del posto. Comunque siamo fortunati perché l’ostello accoglie un nutrito ed eterogeneo gruppo di giovani viaggiatori e comprende anche il pub che ci consente di bere in pieno relax una pinta dopo cena (da queste parti, come spesso nei paesi nordici, i locali chiudono presto per i nostri standard).

12 Luglio

Prima tappa della giornata la Godafoss. Oltre ad essere un sistema di cascate notevole (consiste in tre getti principali e molti secondari) ha una sua importanza nelle leggende locali. All’incirca nell’anno 1000 il parlamento islandese aveva deciso la conversione della popolazione dal paganesimo norreno al Cristianesimo. Narra la leggenda che Þorgeir, capo dell’assemblea, tornando dal consiglio gettasse in queste cascate le statue degli dei nordici e che da allora esse furono appunto chiamate “Cascate degli Dei”.

Oggi sarebbe la giornata dedicata alla gita in barca per l’avvistamento delle balene nella baia di Húsavík ma… il meteo non ci assiste. Piove a tratti, tira vento ma soprattutto, come ci conferma l’agenzia con cui avevamo riservato il tour, ci sono onde di due metri e per un paio di giorni non ci saranno uscite in mare. Rimediamo visitando Húsavík (come sempre in Islanda ci vuole poco) e compensando la delusione, si fa per dire, con un bel pranzo da Naustid (link qui), il ristorante in assoluto con le migliori recensioni su Tripadvisor 😇

Dopo pranzo andiamo a visitare il museo dedicato alla caccia alle balene. Il museo ospita gli scheletri di varie tipologie di cetacei, compreso quello enorme di una balenottera azzurra. Inoltre seguiamo un interessante filmato in bianco e nero su quando proprio il capannone dove siamo e la banchina prospiciente erano il ricovero delle baleniere, attrezzato per la macellazione dei cetacei appena rimorchiati.

Nel mentre noi svolgiamo la visita, fuori il meteo scarica molta dell’acqua prevista. Quando lasciamo Húsavík il variabilissimo meteo islandese ci da un po’ di tregua e ci permette di raggiungere senza affanno il Lago Myvatn.

Il lago Myvatn (link qui ad un utile deplian informativo), il quarto dell’Islanda, è tutto circondato da colate laviche. La traduzione del suo nome è “lago degli insetti”. Il lago infatti è ricchissimo di nutrienti. Questa elevata concentrazione causa ciclicamente eccessive fioriture algali che riducono la quantità di ossigeno nelle acque (forse ricorderete che anni fa succedeva anche nell’Adriatico). Le alghe muoiono e marciscono, riducendo ancora di più la quantità di ossigeno presente nelle acque. Ma delle alghe decomposte si nutrono uccelli ed insetti. Questi ultimi sono quindi presenti in quantità straordinarie. Anche se, ve lo dico subito, noi non abbiamo avuto problemi legati ai moscerini che, leggevamo sulle guide, possono essere così fastidiosi da rendere necessarie delle retine che coprano la testa!!!

Arrivati in zona in anticipo sul nostro programma prendiamo le nostre stanze all’Hild Hostel (link qui) e decidiamo di visitare una delle tappe previste per il giorno dopo. Andiamo quindi a Grjotagja.

Grjotagja è una piccola caverna scavata in una colata lavica che ospita un laghetto con acqua calda. Fino agli anni ‘70 era possibile farsi il bagno nel laghetto. Ma a causa delle eruzioni occorse tra il 1975 ed il 1984 la temperatura dell’acqua ha superato i 60 gradi, rendendo impossibile la balneazione. Adesso la situazione è più accettabile, le acque hanno la “gradevole” temperatura di 43 gradi ma il divieto di balneazione resta ampiamente in vigore. Se, affacciandovi all’ingresso, doveste avere una sensazione di deja vù è probabilmente perché avete visto Grjotagja nella serie televisiva Il Trono di Spade come sfondo del primo incontro amoroso tra Ygritte e Jon Snow! Molte delle location “a nord della Barriera” sono state infatti girate nelle terre e sui ghiacciai di Islanda.

13 Luglio

Prima meta della giornata il lato est della Dettifoss. La Dettifoss è la più potente cascata d’Europa con i suoi 45 metri di altezza ed i suoi 100 metri di larghezza. Un volume d’acqua impressionante!
Fin da lontano, da prima di scorgere la massa d’acqua, spicca l’enorme nuvola di goccioline in cui si polverizza parte del suo getto. Col sole che gioca a fare capolino più volte tra le nuvole, la cascata ci regala degli splendidi arcobaleni.

Proseguendo lungo un sentiero che si dipana lungo il fiume Jökulsá á Fjöllum a monte della Dettifoss, raggiungiamo le Selfoss. Sebbene il salto sia di “soli” 11 metri, queste cascate sono eccezionalmente scenografiche con la loro forma a ferro di cavallo e la possibilità di affacciarsi fin quasi sulla verticale del salto.

Per la pausa pranzo ci spostiamo in un view point da cui è possibile godere dall’alto della vista della Hafragilsfoss, la terza delle cascate del fiume Jökulsá á Fjöllum. 27 metri di salto per 90 metri di larghezza in uno scenario incontaminato e poco frequentato dai turisti.

Dopo pranzo quindi ci spostiamo nel Parco Nazionale di Vatnajökull (link qui), dove percorriamo in auto il canyon di Ásbyrgi con le sue pareti verticali, fino al laghetto di Botnstjorn. Il canyon è letteralmente a forma di ferro di cavallo con queste pareti alte 100 metri che danno la sensazione di essere in un anfiteatro. La leggenda vuole che Ásbyrgi abbia avuto origine da uno degli otto zoccoli del cavallo di Odino, Sleipnir, Colui che Scivola Veloce. Secondo la mitologia, di color grigio, dotato di otto zampe, è il migliore cavallo che esista, il più veloce, in grado di cavalcare il cielo e sulle acque, e anche lungo gli altri mondi.

Lasciato il canyon, dopo una breve sosta al visitor center ci spostiamo a Hljóðaklettar, le Scogliere Mormoranti. Il canyon ospita delle impressionanti rocce basaltiche dalle forme più svariate che risultano diverse a seconda di come le interpreta l’occhio dell’osservatore e che possono essere ammirate percorrendo un facile trek ad anello.

L’itinerario prevede anche di ammirare le Rettarfoss, sempre sul fiume Jökulsá á Fjöllum. Quello che forse non avevo specificato è che questo fiume è il più lungo dell’Islanda. Nasce dalla parte settentrionale dell’immensa calotta del Vatnajökull (che è il più grande ghiacciaio di Islanda e d’Europa ed è l’enorme chiazza bianca che potete vedere nel sud dell’Islanda sulle mappe) e scorre per 206 km prima di sfociare nell’Oceano Artico.

Osserviamo le cascate da un parcheggio lungo la strada e poi ritorniamo alle Dettifoss, ma questa volta sul lato ovest. Dove, parimenti che in mattinata, non possiamo che rimanere impressionati dalla loro portata.

14 Luglio

Prima meta della giornata il vulcano Hverfjall. Un vulcanetto tutto nero come la pece e dalla consistenza particolare. Il cratere, su cui siamo saliti in un quarto d’ora, è composto da materiale vetroso detto tefra. Questa consistenza particolare è dovuta all’incontro del magma in eruzione con delle acque sotterranee, che hanno causato un rapido raffreddamento del magma stesso. L’altezza del cratere varia tra i 90 ed i 150 metri e la circonferenza, che abbiamo percorso col solito meteo iper variabile dell’Islanda, è di circa 1 km.

Successivamente ci siamo spostati al lago Krafla Viti Crater. La Caldera di Viti è piena di acqua blu, il cui colore dicono che cambi a secondo di quando e come venga visitato. Noi avevamo un cielo plumbeo costante e quindi non abbiamo avuto occasione di vedere variazioni nel colore, ma sicuramente siamo rimasti colpiti dal contrasto tra il colore delle acque e le rocce circostanti.

Successivamente è giunto il momento di visitare uno dei luoghi più inospitali d’Islanda: Leirhnjúkur. Questo cratere, visitabile grazie a dei sentieri più o meno tracciati ed attrezzati con pedane, racchiude piccoli laghetti dall’acqua in stato di ebollizione, fumarole e rocce vulcaniche ricoperte di zolfo e muschio. Queste zone d’Islanda, Krafla e Leirhnjúkur, sono famose per essere una delle zone vulcaniche più attive del paese. Nel 1975 si verificarono i primi Fuochi del Krafla, ovvero una serie di eruzioni, fessure nel suolo e fuoriuscita di lava che proseguirono per ben nove anni consecutivi.

La zona è tutt’ora così attiva che a poca distanza sorge una centrale geotermica! L’Islanda è ricchissima di energia geotermica e gli imponenti pennacchi di vapore che si liberano dalle turbine della centrale rendono pienamente l’idea. Come curiosità sappiate che anche l’acqua calda dei bagni e delle docce ha origine geotermica. Ed infatti ha sempre un lieve – a volte meno lieve – odore di zolfo 😈

Sulla strada per tornare al nostro ostello ci fermiamo in un altro campo geotermico: Hverir. In una landa tutta ocra si dipanano fumarole e pozze di fango bollente. Sebbene più piccolo e di più semplice accesso rispetto a Leirhnjúkur, presenta delle fumarole molto intense, così intense che alcune sono state mitigate dalla mano dell’uomo accumulando sul camino sassi e mattoni!

Ovviamente non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di giocare con tutto quel fumo come potete vedere nel video qui sotto, anche se, come da istruzioni del regista, gli zombie al seguito di Dracula non avrebbero dovuto ridere 🤪

Sulla via del ritorno approfittiamo per qualche acquisto al liquor store. In Islanda nei supermercati trovate solo bevande analcoliche, sia quelle zuccherate, sia birre analcoliche. Birre, vino e superalcolici si trovano sono negli appositi liquor store. Che fuori da Reykjavik hanno orari abbastanza ristrettì. Dalle 16 alle 18 nei giorni feriali. Dalle 13 alle 18 il venerdì (venerdì sera è la serata della vita nel nord!). Quello che notiamo mentre cerchiamo informazioni è che questi liquor store hanno sempre un negozio online. Vista la scarsissima densità di popolazione probabilmente molti preferiscono farsi spedire le riserve alcoliche a casa anziché percorrere chilometri e chilometri per raggiungere i pochi negozi.

Momento ludico! Già dall’Italia avevamo prenotato le nostre due ore a mollo nelle vasche di acqua calda del Mývatn Nature Baths (link qui). Quella che fino a pochi anni fa era una pozza di acqua calda munita solo di un chiosco sta vedendo uno sviluppo commerciale notevole. Al momento consta già di una struttura di accoglienza munita di spogliatoi, docce ed armadietti, bar in piscina (bisogna preacquistare i drink all’ingresso) e tre vasche con temperature diverse (caldo, meno caldo ed una piccola vasca con più caldo). Ma ulteriori espansioni sono previste, come pubblicizzato all’ingresso della struttura. L’acqua è corrosiva per gli oggetti di metallo e quindi si raccomanda di togliersi anelli e collanine. Molti si portano comunque i cellulari per gli immancabili selfie nell’acqua calda. Come potete intuire dalle due foto qui sotto, io ho preferito lasciare il mio nell’armadietto 😎

Saremo stati un paio d’ore a mollo, godendo anche del variabile clima islandese: esci dagli spogliatoi ai loro gradevoli dodici gradi, ti crepi di freddo nel breve, ma non così breve 🥶, percorso per andare in acqua ma poi… ti godi pure la pioggerellina che ti picchietta sulla testa mentre tu sei bello al caldo 😂😂😂

15 Luglio

Lasciamo il Lago Myvatn per spostarci a Fjallakaffi dove, più che una guesthouse abbiamo una vera e propria piazza d’armi a nostra disposizione. Tante camere con letti a castello, cucina stile ristorante, tavoli, divani e poltrone. Tutto nuovo di zecca.

Sistemati i bagagli è ora di partire per la tratta più impegnativa del viaggio: la strada per Askja con i suoi due guadi!

La strada che scegliamo è quella più lunga delle due a disposizione: percorriamo la F905 e la F910, tutte e due sterrate e che si dipanano su una immensa colata lavica per un centinaio di chilometri. Scegliamo la via più lunga perché già sappiamo che i guadi sulla F88 (che comunque avremmo dovuto prendere prima di andare a Fjallakaffi) non sarebbero affrontabili dai nostri pulmini 4×4.

Se un percorso presenta dei guadi questi non vanno MAI affrontari alla leggera. Ogni tanto qualche auto rimane ferma ed allagata ed il recupero costa fior di quattrini. Dovete valutare attentamente l’altezza dell’acqua (nel caso di Askja soprattutto quella del primo guado, il secondo in effetti era facilmente percorribile) e considerare che non potete fermarvi durante il guado per non subire l’onda di ritorno dovuta alla massa del vostro mezzo. E soprattutto che nel pomeriggio il livello dell’acqua sarà superiore a quello della mattina.

Quando arriviamo al primo guado siamo in fila con: un’auto guidata da una giovane coppia, una Dacia Duster con due coppie di italiani molto perplessi e poi i nostri due pulmini. La ragazza della coppia, molto intraprendente, aveva appena finito di guadare a piedi il fiume, valutando l’acqua a circa 30 cm di altezza. Subito dopo ci raggiunge un motociclista che ci anticipa di aver guardato sul sito che monitora i guadi e come nessuno dei due sia segnalato come rosso (quindi col livello dell’acqua da 40 cm in su) e si lancia a passare il fiume. Temiamo un attimo quando deve curvare per risalire (in quel tratto l’acqua era al suo massimo di profondità) ma va tutto bene. A quel punto, prima l’auto della coppia e poi noi coi pulmini abbiamo guadato senza grossi timori (anche se io un “speriamo che ci vada bene” sottovoce me lo sono detto 😎)
Dopo il lungo tratto sterrato finalmente raggiungiamo prima il rifugio Drekagil e poco dopo il parcheggio finale, Vikraborgir, da dove parte il sentiero più breve per la caldera.

Askja è un vulcano che ha eruttato due volte in epoca moderna: una nel 1875 e una nel 1961. La caldera principale del vulcano è occupata dal Lago Öskjuvatn ed è affiancata da una caldera minore, Viti, con acqua termale.

Al parcheggio il tempo è nuvolo e siamo circondati da piane innevate – siamo a 1500 metri. Imbacuccati iniziamo a seguire il trail che ci porta su una piana lavica tutta bianca di neve, dove il tempo si apre ed il sole splendente ci costringe a restare in maglietta per non morire di caldo. Raggiunta la caldera di nuovo nuvola in cielo, di nuovo imbacuccati e dopo un po’ anche pioggerella, che qui non guasta mai. Al ritorno sulla neve, ovviamente, di nuovo sole e caldo 😬🤷🏻‍♂️

Al ritorno a Fjallakaffi ci aspetta un lungo, stupendo tramonto che durerà tutta la notte per sfumare nell’alba.

16 Luglio

Prima tappa le gole di Stuðlagil (link qui), famose per le colonne di basalto esagonali che dal fondo del canyon risalgono allineate fino alla sommità. Esiste un view point che si affaccia dall’alto da uno dei lati del canyon, ma sinceramente la vista rende poco della maestosità e della peculiarità del sito. Conviene arrivare al Parkplatz Klaustrusel – Stuðlagil, dall’altro lato del canyon, e di lì raggiungere la zona basaltica a piedi per poi scendere sul fondo del canyon. A quel punto vi renderete veramente conto di quanto sia magnifico!

Tappa successivaaaa… i puffin, o coccinelle di mare. Dopo una infruttuosa breve tappa nel villaggio di Borgarfjörður Eystri, dove secondo alcune info avremmo dovuto trovare gli scogli pieni dei loro nidi, proseguiamo per pochi chilometri fino a Hafnarhólmi, sede di una attrezzatissima colonia. Non solo lo sperone roccioso zeppo di nidi è munito si scale e piattaforme di legno per poter osservare gli uccelli a breve distanza. Ma esiste anche una casetta per appostamenti in caso di brutto tempo.

Il mio obiettivo fotografico era proprio una foto di un puffin con le alici di cui si nutre nel becco e sono proprio contento di aver portato a casa qualche bello scatto.

Per la sera ahimè il gruppo si deve dividere – come già anticipato, non è così facile trovare sempre posto per diciotto persone. In sei dormono a Egilsstaðir al Tehúsið Hostel (link qui), mentre il grosso ad Eskifjordur alla Kaffihúsið Eskifirði (guesthouse e, per fortuna nostra vista l’ora a cui arriviamo, anche ristorante – link qui)

17 Luglio

Dopo una breve visita a Eskifjordur – il fiordo è molto suggestivo e sul molo è presente una statua dedicata ai pescatori periti in mare molto toccante – iniziamo un grande spostamento che ci porterà dall’est al sud dell’Islanda.

Quasi 400 Km inframmezzati da qualche sosta per godere del paesaggio. La più notevole alla spiaggia di sabbia nera di Hvalnes ed al prospiciente faro.

Finalmente raggiungiamo dopo molte ore – sempre comodo il fatto che il sole non tramonti 😬 – la nostra meta della giornata: il Jökulsárlón Glacier Lagoon Boat Tours and Cafe (link qui), la nostra gita in gommone sul lago di fusione in cui crolla il ghiacciaio Breiðamerkurjökull, che a sua volta è una lingua dell’immenso ghiacciaio Vatnajökull.

Il nostro skipper ci spiega come il lago sia profondo in media 70 metri, con una punta massima di 130 metri proprio sotto il ghiacciaio. Gli iceberg intorno a cui navighiamo sono tutte colonne del ghiacciaio che sono crollate nel lago. A causa dell’innalzamento delle temperature ormai si perdono 50 metri di ghiacciaio ogni anno. Solo venti anni fa infatti il fronte del ghiacciaio era a metà del lago attuale!

Ora debbo essere sincero… la gita alla fine non è nulla di che. Una rapida scorribanda tra gli iceberg che galleggiano sul lago su un gommone zodiac ed un avvicinamento moooolto relativo al fronte del ghiacciaio – da cui per ragioni di sicurezza si resta veramente molto distanti.

Se cercate una vista scenografica del fenomeno molto meglio fermarsi lungo la strada ai parcheggi della Diamond Beach e risalire a piedi verso i view point. Da lì si avrà una ottima visuale sugli iceberg nel lago e si potrà anche raggiungere la spiaggia sul mare in cui si accumulano i lastroni di ghiaccio che vengono man mano fatti a pezzi dalla potenza delle onde – da cui il nome Diamond Beach.

Anche stasera tocca dividersi tra due location per dormire: a me col grosso del gruppo tocca lo Svinafell Campground (link qui)

18 Luglio

Oggi invece è il turno dell’escursione che non dovreste assolutamente mai perdervi! La gita coi ramponi su un ghiacciaio. Avevo un ricordo fantastico della mia prima volta in Alaska sul Root Glacier. Ed anche questa volta è stata una grande esperienza.

Abbiamo prenotato il tour con Artic Adventures (link qui) e la nostra guida è un ragazzo calabrese di nome Francesco. Le guide infatti sono professionisti che vengono da ogni parte del mondo e se possibile le agenzie preferiscono assegnare i gruppi a chi ne parla la lingua per minimizzare i rischi di fraintendimento durante le escursioni.

I tour sono alla portata di tutti, basta essere allenati a fare un semplice trek. Se non si hanno scarpe che coprano la caviglia (necessarie per far aderire i ramponi) si possono affittare presso l’agenzia. Caschetti, ramponi ed imbracature sono forniti dall’agenzia. Insomma non tiratevi indietro solo per timore che sia qualcosa di “estremo”.

Il ghiacciaio ai cui piedi ci portano con un loro autobus é il Folljokull, che comunque è sempre una propaggine del Vatnajökull.
Io ve lo dico: appena scendete dal mezzo NON calpestate il muschio!!! NON fatelo o verrete cazziati! Questo perché – ve lo spiegano durante il tragitto, ma non eravamo stati attentissimi – qui cresce una specie di muschio molto rara che il parlamento islandese voleva proteggere. Solo che… come potrebbe una persona normale distinguere un tipo di muschio da un’altro?!? Per non sbagliare tutto il muschio è allora protetto ed è vietato calpestarlo 😬 Quando saliremo sul ghiacciaio incontreremo una zona mista di ghiaccio e rocce, quest’ultime ricoperte di muschio. Francesco ci spiegherà come il muschio abbia impiegato un centinaio d’anni per ricoprire ognuno di quei piccoli sassi.

Il fronte del ghiacciaio è imponente. Una enorme parete nera (è il sedimento che in realtà protegge il ghiaccio e ne rende meno facile la fusione) su cui poi sorge una solida cascata bianca!
Ci avviciniamo lungo un sentiero già tracciato e, arrivati alla base del ghiacciaio, montiamo i ramponi – assistiti da Francesco, tranquilli 😎

Una volta con i ramponi ai piedi la camminata è veramente agevole e, al seguito della nostra guida, ci inerpichiamo fino al primo pianoro privo di sedimenti.
L’esperienza è fantastica. C’è un’alternanza di valli e di creste, ruscelli d’acqua purissima e buchi profondi colmi d’acqua: sono pozzi scavati dalle pietre trascinate a valle dal ghiacciaio che, riscaldate dal sole, hanno fuso il ghiaccio e sono sprofondate!

Restiamo il più a lungo possibile, più presi a esplorare il panorama cangiante e sorprendente che si cela dietro ogni sperone che a fare selfie. Con grande felicità di Francesco che ci racconta come buona parte dei gruppi, arrivati al primo pianoro, si inchiodi lì per scattare il selfie più instagrammabile possibile, rimanendo disinteressati ad esplorare il resto del ghiacciaio.

Anche questo ghiacciaio ha perso molta della sua estensione. Basti pensare che nel 1990 arrivava fino si margini del lago di fusione che sorge oggigiorno ai suoi piedi (quello che vedete nella foto qui sotto).

Torniamo felici dalla nostra escursione e riprendiamo il nostro viaggio. Sosta non prevista alla Hamrafoss: è così bella che la vediamo dalla strada ed accostiamo per ammirarla senza pensarci due volte! Di fronte c’è un pascolo con una mandria di bei cavalli che si mettono in posa per noi.

Ripartiti raggiungiamo il canyon Fjaðrárgljúfur, reso famoso da Justin Bibier in un suo video. Troppo famoso forse… infatti le creste a picco su cui si vede passeggiare il cantante sono state tutte transennate 🤷🏻‍♂️ Comunque resta molto scenografico e meritevolissimo di una visita.

Siamo in una delle zone più turistiche e gettonate dell’Islanda, quella di Vic. Per pernottare qui veramente è necessario prenotare dall’anno prima. Per dormire infatti abbiamo trovato una sistemazione a Þakgil (link qui), nell’entroterra ad una ventina di chilometri dalla costa. Il posto è fantastico, scenograficamente spettacolare. Peccato per la classica estate islandese che ci getta acqua addosso a pacchi dalla sera in cui arriviamo alla mattina in cui andiamo via 😬😬😬

19 Luglio

Vic, come avevo accennato, è una zona molto turistica con le sue tipiche chiesette dal tetto rosso e la sua spiaggia di sabbia nera. Suggestive le formazioni basaltiche che ricordano in piccolo Stuðlagil.

Approfittiamo di un momento di clemenza del meteo per visitare la spiaggia ed è bello scoprire che un turista è morto qui a causa di un’onda anomala 😬😬😬

Altra tappa iconica il Solheimasandur Plane Wreck, il relitto di un DC-3 atterrato in emergenza sulla costa nel 1973. Ormai esiste anche una navetta che porta dalla strada al relitto ma noi preferiamo una rapida camminata. Evito di commentare il momento in cui dalla costa è arrivato un nugolo di turisti su dei quad, tutti bardati con tute arancioni manco si dovessero tuffare nelle gelide acque del mare 😬 Questo sito é veramente diventato un po’ troppo gettonato 🤷🏻‍♂️

Tappa successiva il ghiacciaio di Sólheimajökull. Dal view point vediamo anche qui gruppi di escursionisti che intraprendono una ramponata. Questo ghiacciaio però non è bello come il Folljokull su cui siamo andati noi. Qui il detrito non lascia scoperto quasi per nulla il ghiaccio e tutto quel nero sinceramente non lo trovo attraente per un’escursione.

Poi è il turno di una delle cascate più famose dell’Islanda: la Skogafoss. Imponente. Sono andato fin quasi sotto il salto per goderne al massimo. Si sale anche fin sopra con una lunga scala ma sinceramente non vale la pena, dato che il view point è alle spalle del salto e quindi della cascata non si vede quasi nulla (ho messo sotto una foto così potete rendervene conto).

Lungo la strada avevamo notato un cartello e delle casette col tetto d’erba. Approfittamo per tornarci e visitiamo Drangurinn í Drangshlíð 2, un sito dove stanno tentando di recuperare queste antiche casette nordiche.

Altra cascata famosissima: la Seljalandsfoss, famosa perché bella ma… soprattutto perché un sentiero vi permette di passare alle spalle della cascata stessa!!! Mantella obbligatoria, il bagno è assicurato in vari punti del percorso, ma l’esperienza è eccezionale.

Andiamo a dormire al Rjúpnavellir Camping & Cottages (link qui), abbastanza all’interno nel territorio della città di Hella – il solito problema della scarsa ricettività sulla costa.

20 Luglio

Iniziamo la giornata con un’altro posto spettacolare, il canyon di Sigöldugljúfur. Parcheggi nel nulla lungo la strada sterrata, cammini incerto fino al crepaccio e resti incantato a guardare lo spettacolo del fiume nel canyon e le molte cascate che vi si gettano!!!

Tappa successiva: Ljótipollur, un cratere con un suggestivo laghetto sperso in un paesaggio lunare (che mi ricorda in piccolo Askja, anche se meno maestoso e sicuramente più accessibile)

Poi il piatto forte della giornata: Landmannalaugar. Montagne multicolori, sorgenti calde, campi di lava e laghi azzurri. Un panorama eccezionale in cui percorrere i sentieri che si dipanano tra il campo di lava e le falde dei vulcani. Noi saliamo anche sulla cima del Brennisteinsalda, ad 855 metri, per godere del magnifico paesaggio.

21 Luglio

Sosta non prevista alla Urriðafoss che, scopriamo, ha la portata d’acqua più importante d’Islanda. È anche un punto di ritrovo per pescatori. Ce ne sono vari all’opera e troviamo anche una targa commemorativa dedicata ad un famoso pescatore della zona.

Dato che abbiamo un appassionato di scacchi nel gruppo, ecco che scatta la sosta d’obbligo alla tomba di Bobby Fisher (link qui). Famoso perché battè il campione sovietico Boris Spasskij nel 1972, aveva poi rinunciato alla cittadinanza statunitense per quella islandese.

Proseguendo ci fermiamo al Fagradalsfjall, un vulcano tuttora attivo con il suo campo di lava ancora fumante. Ma anche qui ci sorprende l’estate islandese e più che il fumo alzarsi dalla lava solidificata vediamo secchiate d’acqua venirci addosso dal cielo senza riguardo alcuno 🤷🏻‍♂️

Ce ne andiamo quindi alla Blue Lagoon (link qui), la versione in grande della Mývatn Nature Baths, famosa per i suoi fanghi bianchi – che in cambio di un patrimonio sono anche disposti a vendere ai turisti 🤪

Dopo aver bighellonato un po’ alla Blue Lagoon raggiugniamo la nostra guesthouse a Rejkyavik, la Smoky Bay Guesthouse

22 Luglio

Reykjavik, o almeno il suo centro, è una zona piccola che si gira tranquillamente a piedi. Abbiamo iniziato il nostro tour dalla Harpa Concert Hall (link qui) dalle peculiari facciate in vetro che ricordano il tipico panorama costiero islandese. Proseguendo lungo la costa: foto cartolina al Sun Voyager (link qui), una enorme scultura in acciaio raffigurante una barca vichinga stilizzata.

Tra un negozzietto e l’altro risaliamo la città fino alla Hallgrímskirkja (link qui), la cattedrale col suo campanile alto 74 metri. Poi di chiesa in chiesa (è giornata di matrimoni e quindi è difficile entrare), di negozietto in negozietto, raggiungiamo il laghetto centrale, incuriositi dalle varie installazioni di arte moderna disseminate qua e là. Sempre gratificati a sprazzi dell’estate islandese che nella zona di Reykjavik getta su di noi più acqua del solito, per salutarci degnamente 😂 In serata infatti abbiamo il volo di ritorno ✈️