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2019

Route 66

Nikon D750, Nikkor 24-70 e Nikkor 70-200

Quest’anno sono tornato negli Stati Uniti per un costa a costa d’eccezione. In tre settimane ho percorso la mitica Route 66 da Chicago alla California. In realtà l’abbiamo abbandonata un paio di volte. Prima in Arizona per scendere verso Tucson ed il suo Saguaro National Park e poi per risalire le Montagne Rocciose fino in Utah e godere degli splendidi parchi presenti in quelle zone. E poi in California, dopo la Valle della Morte, per raggiungere Yosemite e San Francisco e da lì andare finalmente a Los Angeles e a Santa Monica, all’End of the Trail. Per inciso la “vera” Route non esiste più da tempo, in quanto quel sistema viario è stato sostituito dalle highway, le moderne autostrade. Ma molti tratti della Historic Route 66 sono ancora percorribili – nonché segnalati. Esiste anche un sito web – risale al 1994, l’alba del web! – dedicato alla Route. Lo trovate qui. Noi alla fine abbiamo percorso circa 4500 miglia, cioè 6800 km in 20 giorni. Una vera cavalcata attraverso gli Stati Uniti.

1 Agosto

dall’Italia a Chicago

Nonostante la pessima fama di Avventure nel Mondo (la scheda di questo loro viaggio la trovate qui) per le tratte aeree fin troppo farcite di scali, debbo dire che in questo caso da Fiumicino non si potesse desiderare di meglio. Un volo United Airlines diretto per Chicago. Decollo la mattina del 1 Agosto con arrivo nel pomeriggio. Il tempo di raggiungere l’albergo, l’Hampton Inn Chicago McCormick Place (link qui), farsi una doccia e via per un primo giro della città. Il nostro albergo era vicino la sede della Chess Records, la mitica casa di produzione che tra il 1947 e gli anni ’70 ha visto incidere alcuni tra i più grandi artisti del ventesimo secolo, come Bo Diddley, Little Walter, Howlin’ Wolf, Muddy Waters, Etta James e Chuck Berry – senza dimenticare i Rolling Stones (il link alla pagina Facebook della Chess Records è qui).

Chicago infatti è una città dalla vita culturale frizzante. In questi primi giorni di Agosto c’è molto fermento musicale in quanto sono i giorni del Lollapalooza Festival (link qui). E se non sapete cosa sia, tranquilli. Non ne avevamo idea nemmeno noi prima di iniziare a pianificare il viaggio 😅 La città è invasa dai (molto) giovani fan delle numerose band che si alternano sul palco eretto nel parco principale di Chicago, il Grant Park, a ridosso del Lago Michigan. E per chi volesse, le live dell’evento trasmesse in streaming si trovano sul canale YouTube del Festival (link qui).

Ma tornando a noi, arriviamo tardi in centro, ci facciamo un giro veloce di orientamento ed è già ora di cena. Ne approfittiamo per inaugurare degnamente il nostro arrivo negli States con delle classiche ribs, le costolette di maiale, al Miller’s Pub (link qui) – come dice la pubblicità fuori il locale World Famous Ribs: perchè dovrebbero mentire?!? Infatti sono ottime 😉

2 Agosto

Chicago

Chicago è una città che non conoscevo e che mi è piaciuta molto: elegante e ben curata. D’inverno deve essere molto fredda – è soprannominata windy city ed immagino che il vento, soffiando dal gelido nord, tagli letteralmente in due. Però ad Agosto il clima è caldo e gradevole, con le zone che costeggiano il Chicago River ed il Lake Michigan piene di parchi e passeggiate, con molti locali dove fermarsi.

Per Chicago ci si muove facilmente con un sistema di treni sopraelevati integrati con una rete di autobus. Sono previsti abbonamenti di 1, 3 e 7 giorni tramite delle tessere ricaricabili, le Ventra Card (qui il link al sito). Le carte si ricaricano tramite la applicazione per smartphone, oltre che alle preposte macchinette nelle stazioni. Per la cronaca, il sistema di trasporti prevede anche la possibilità di pagare le singole corse con le normali carte di credito contactless. Il sistema di trasporto risale al 1892 e quindi è il più antico degli Stati Uniti.

Tramite la Red Line della metropolitana raggiungiamo velocemente il centro. Visto che siamo qui per percorrere la Route 66 la nostra prima meta è proprio il cartello che segna l’inizio del percorso. E’ un cartello stradale marrone, abbastanza piccolo e poco appariscente, sito in Adams Street, di fronte il Chicago Art Institute. Bisogna cercarlo per farci caso. Dopo le foto di rito andiamo al Millenium Park dove, oltre a molto verde, trova sede il Cloud Gate, altrimenti noto come “il fagiolo di Chicago”. Ispirata al mercurio liquido e somigliante a un fagiolo di 100 tonnellate, la scultura è formata da 168 lastre di acciaio inossidabile saldate insieme in modo che la sua lucidissima superficie non mostri saldature visibili e rifletta, deformandolo, lo skyline della città.

Dopo aver fatto una lunga e piacevole passeggiata lungo il fiume Chicago (Chicago Riverwalk) ed un tratto della sponda sul lago siamo andati ad una delle due attrazioni turistiche sconsigliate ai deboli di cuore!

Sto parlando del 360 Chicago Observation Deck (link qui). L’osservatorio è ospitato al 94esimo piano del John Hancock Center, un grattacielo di 100 piani che con i suoi 344 metri di altezza è il terzo più alto di Chicago (ed il settimo degli Stati Uniti).

La vista panoramica è molto bella. Si vede la città e si possono ammirare le spiagge sul Lago Michigan. Per un piccolo extra (8$) si può accedere al TILT, una sezione con delle finestre che vanno dal pavimento al soffitto. Ci si regge a due sbarre ai lati della finestra, mentre si viene proiettati lentamente all’esterno dell’edificio di 30 gradi. Ve lo dico: la cosa più istintiva che farete sarà allungare le braccia per non affacciarvi sul vuoto 😂

Fatto trenta, fai trentuno dice il proverbio ed allora via verso l’altra attrazione: lo Skydeck (link qui) della Willis Tower (che per la cronaca è il nuovo nome della Sears Tower). Qui si sale più in alto: la torre è di 442 metri e lo Skydeck è al 103mo piano, 412 metri. Ma cos’è Skydeck? Sono quattro scatole di vetro che sporgono dalle pareti del grattacielo. Puoi letteralmente mettere i piedi sul vuoto!

Per cena entriamo in una pizzeria per provare la specialità culinaria locale: la deep-dish pizza. Che in pratica è una pizza normale che in questo caso viene cotta al forno nello stampo di una torta, risultando ancora più pesante di quanto possa esserlo una pizza americana. Volete un consiglio? Prendetene giusto una per tavolo se proprio volete provarla, ma non di più. Soldi buttati 😉

3 agosto

Illinois

Si parteeeeeee per la nostra lunga avventura. Abbiamo tre auto, delle grosse Dodge da sette posti, rigorosamente a benzina – qui il diesel è poco diffuso. Prima sosta: Joliet. Ci fermiamo davanti il Dick’s Towing, la storica sede di una ancora esistente azienda di servizi di rimorchio (hanno anche un sito qui).

La sede è tutta addobbata di auto d’epoca. E con tutta addobbata non intendo che le auto siano solo nel piazzale ma… anche sul tetto!!! Lì vicino c’è anche la Rich and Creamy Ice Cream Stand con le statue di Jake ed Elwood Blues che ballano sul tetto.

Seconda tappa Wilmington col suo Gemini Giant, una statua in fibra di vetro di un astronauta alto circa 9 metri. La statua è l’insegna pubblicitaria del The Launching Pad, un fast food (link qui), e fu eretta negli anni ’60, in piena corsa verso lo spazio. Il nome “Gemini” infatti si rifà alle missioni Gemini della NASA, missioni che testarono tecnologie come la passeggiata nello spazio che furono propedeutiche alle missioni Apollo per la conquista della Luna.

Tappa successiva a Dwight per la Ambler’s Texaco Gas Station. Con 66 anni di attività è stata la stazione di rifornimento più longeva della Route 66. A livello commerciale è un ottimo esempio dei servizi e dei prodotti di rifornimento che venivano venduti agli automobilisti che percorrevano la Route tra gli anni ’60 ed i ’70.

Dopo Dwight è la volta di Pontiac e dei suoi murales dedicati al mito della Route. I murales sono tanti e di diverse dimensioni – anche se spesso enormi.

Una sosta è d’obbligo alla Funks Grove Pure Maple Sirup, produttore storico di sciroppo d’acero (link qui). L’azienda è gestita dalla famiglia Funk sin dal 1891 e lo sciroppo qui prodotto viene da loro chiamato “Sirup” con la i anziché con la y proprio per distinguere il vero sciroppo d’acero da quello commerciale basato su sostanze zuccherine. Sebbene in fin dei conti sia solo una fattoria con un piccolo shop dove acquistare bottiglie di sciroppo e merchandise della Route, è anche un posto fresco e lontano dalla città dove fare una sosta rilassante.

Springfield, non Chicago, è la capitale dello stato di Illinois. Oltre agli edifici governativi, nel centro città campeggia la Abraham Lincoln Presidential Library and Museum (link qui). Come non notare l’enoooooorme statua che celebra la fama di legislatore del sedicesimo Presidente degli Stati Uniti?!? Infatti l’abbiamo notata 😉 E poi: come non commentare la mise dimessa dell’americano medio a confronto con l’austero ed iconico vestito ottocentesco di Lincoln?!? Tranquilli, abbiamo commentato, abbiamo commentato… 😎

Per non farci mancare nulla ceniamo lungo la Route, nella cittadina di Litchfield all’Ariston Cafè, un locale storico aperto fin dal 1935 (link qui).

La sera sul tardi arriviamo a Saint Louis, Missouri, dove dormiamo al Courtyard St. Louis Downtown West (link qui).

In questa prima serata ci imbattiamo in un problema che si ripresenterà altre volte e che ci costringerà quindi ad alcuni compromessi con la nostra tabella di marcia. Alcune delle strutture che abbiamo prenotato grazie a Booking.com non garantiscono le stanze se non si effettua il check-in entro le 18,00. OVVIAMENTE su Booking.com queste strutture non fanno menzione di questa “politica aziendale”. Abbiamo segnalato a Booking.com il problema, ma, non essendo risolvibile nell’immediato, abbiamo subito non pochi disagi durante il viaggio.

Nel caso dell’albergo che avevamo originariamente prenotato a Saint Louis, il Pear Tree Inn St. Louis Near Union Station (non vi metto il link e NON CI ANDATE), la situazione posta in essere dalla reception, a seguito della mancata disponibilità delle stanze prenotate, ha avuto addirittura risvolti grotteschi. In sintesi hanno tentato di lucrare su di noi proponendoci una sistemazione di minor livello allo stesso prezzo di quella da noi prenotata. Alle nostre proteste e alla nostra reiterata richiesta di contattare il responsabile dell’albergo, il ragazzo della reception ha provato a farci intimidire dalla guardia giurata! La scenetta è stata divertente perchè lo ha guardato e gli ha fatto un cenno con gli occhi. A quel segnale il tizio della security ha lasciato la sua postazione per venire da noi! Ora… a parte che parliamo di un classico Big Jim palestrato con una stella di latta al petto (giuro!) ed una pistola ben in vista al cinturone, il poverello ha avuto l’ardire di invitarci a parlare uno per volta e con toni calmi. Quando uno alla volta e con toni calmi gli abbiamo fatto presente che il suo collega si rifiutava di aiutarci e lo abbiamo interrogato sul cosa pensasse della situazione (di cui non sapeva nulla) il novello Chuck Norris si è rapidamente defilato, non sapendo come porsi 😂 A quel punto abbiamo iniziato a chiederci come mai un albergo avesse bisogno di un personaggio del genere e di un segnale convenuto per farlo intervenire… Quindi abbiamo riconsiderato le ragazze che facevano ciclicamente la spola tra l’esterno e la reception senza motivo durante la nostra lunga discussione… e che subito si allontanavano con fare annoiato… i gruppi di soli uomini che rientravano ilari, lasciando una scia dal sentore alcolico alle loro spalle… ed abbiamo capito che il finto poliziotto serviva a gestire situazioni ben diverse 👫🥃 Alla fine, mentre alcuni di noi discutevano al bancone, altri hanno trovato sempre grazie a Booking.com una sistemazione più consona a cinquecento metri da questo postaccio.

4 agosto

Missouri

L’America è piena di stranezze ed eccone una: il Missouri. Ha una capitale che si chiama Jefferson City. Una sua città più grande che è Kansas City (la parte al di qua del fiume e del confine che la separa dalla omonima città del Kansas). E l’area metropolitana più estesa che appartiene a Saint Louis. Che a sua volta è si nel Missouri ma amministrativamente non dipende da una contea ma direttamente dallo Stato! Ok, a noi in questo racconto non cambia nulla ma quando l’ho scoperto mi son detto che tutto questo andava per lo meno accennato 🤪

Fondata da coloni francesi, Saint Louis è una città importante perchè ha ospitato l’Esposizione Universale del 1903 e la III Olimpiade nel 1904. Ma soprattutto è famosa per il Gateway Arch. L’opera vuole rappresentare la porta verso la frontiera, verso l’Ovest, tanto che spesso viene chiamato Gateway to the West. L’opera fu costruita tra il 1963 ed il 1967, nel pieno della corsa verso la Luna e quindi della sfida americana all’Unione Sovietica, in prossimità del luogo da dove partì la spedizione di Lewis e Clark, la prima spedizione a raggiungere via terra la costa pacifica (1804-1806). Con i suoi 192 metri di altezza è il monumento più alto mai realizzato dall’uomo nell’emisfero occidentale ed una vera sfida ingegneristica. Al di là del fatto che piaccia o meno, debbo ammettere che guardare gli spezzoni dei video della sua realizzazione rende l’idea della vastità della sfida e del talento umano necessario ad ideare e costruire l’Arch. Grazie a due cremagliere che salgono all’interno dei lati dell’arco è possibile raggiungere la sommità e di lì ammirare il panorama. Nel video qui sotto potete avere un’idea della grandezza del Gateway Arch.

Di fronte il Gateway Arch si può ammirare l’Old Couthouse, palazzo di giustizia passato alla storia perchè qui fu discusso il Dred Scott Case. In soldoni questo caso legale, che si trascinò per anni e finì alla Corte Suprema del Missouri, fu uno degli ultimi atti che nel 1861 portarono gli Stati Uniti alla Guerra di Secessione. Da qui siamo andati a visitare la Cathedral Basilica of St. Louis, la cattedrale appunto. Molto bella al suo interno per i mosaici ma anche per qualche statua moderna all’esterno (come The Angel of Harmony)

Spostandoci verso Cuba (Missouri, non l’isola ovviamente 😅) facciamo sosta al Missouri Hick BBQ, un piccolo ristorante sulla Route pieno di targhe e chincaglierie legato al mito della 66.

Lungo la strada approfittiamo per una breve visita ad una delle cose che molto spesso attraggono la nostra attenzione mentre percorriamo la provincia americana: i cimiteri dalle tombe immerse in prati ben curati. Il Meramec Hills Memorial Lawn in Cuba è proprio lungo la strada. E’ un posto tranquillo dove piccole targhe poste al suolo, adornate da fiori, ricordano chi riposa per sempre in quel luogo. Un approccio con la morte, quello protestante, ben diverso da quello cattolico a cui siamo da sempre abituati.

Visto che era stata fonte di curiosità – non riuscivamo a capire dallo strano nome che tipo di cimitero fosse – ho scoperto che Meramec Hills Memorial Lawn è in realtà il nome di una società che gestisce cimiteri strutturati in guisa di prato.

Arriviamo finalmente a Cuba, sonnolenta cittadina famosa anch’essa per i suoi murales. E quando dico sonnolenta, intendo che non c’è nessuno in giro e quindi potrebbe essere veramente che siano tutti a dormire 😂

Sempre nei dintorni di Cuba possiamo ammirare la seconda sedia a dondolo più grande del mondo. Si chiama proprio così: World’s (Second) Largest Rocking Chair. Che fantasia, vero?!? 🤪

Tappa finale la Bob’s Gasoline Alley, una vecchia pompa di benzina trasformata in museo all’aperto: insegne vintage di varie marche di carburante, vecchie pubblicità di bevande alcoliche ed analcoliche, insegne al neon di marchi esistenti e scomparsi. Insomma un tripudio di tutto ciò che possa essere legato alla Route 66 tra gli anni ’50 e ’60.

Al tramonto raggiungiamo la Gay Parita Sinclair Station, un’altra storica pompa di benzina sullo stile della Bob’s Gasoline Alley. Qui però al centro della strada campeggia un enorme stemma della Route! Foto d’obbligo prima che il sole finisca di tramontare.

Per dormire lasciamo il Missouri ed arriviamo a Claremore, in Oklahoma. L’albergo è il La Quinta Inn & Suites by Wyndham Claremore (link qui)

5 agosto

Oklahoma e Texas

Prima tappa della giornata: Tulsa. E’ la seconda città dell’Oklahoma e ne vorremmo visitare la cattedrale. Ma scopriamo che il lunedì mattina è evidentemente chiusa 🤷🏻‍♂️

Dopo aver visto il Route 66 West Arch (esistono due mezzi archi commemorativi dedicati alla Route, ad ovest e ad est della città) andiamo al Desert Hills Motel, un classico motel in attività dal 1953 (link qui). Tra le sue peculiarità, oltre alla targa al neon (carina ma che ahimè vediamo di giorno, quindi spenta) ci sono le stanze tutte allineate in diagonale, una soluzione per avere molte stanze spaziose tentando di risparmiare terreno. Nei pressi, su un muro di cinta, apprezziamo vari bei graffiti raffiguranti il nome di tutti gli stati americani attraversati dalla Route.

Per finire andiamo al Golden Driller. Lo so, voi non ci crederete ma si: è proprio una enorme statua dorata di un addetto alle trivellazioni!!! Perché?!? L’economia di Tulsa si è sempre retta sul settore energetico e nel 1953 in occasione dell’International Petroleum Exposition la statua fu eretta per magnificare Tulsa, la Oil Capital of the World.

Prima di lasciare l’Oklahoma facciamo una sosta nella cittadina di Erick da Harley & Annabelle – The Mediocre Music Makers (link qui). Harley è una forza! Ha un museo di chincaglierie dedicate alla Route, come ce ne sono tanti. Ma la differenza l’ha fatta lui suonando e cantando con la chitarra e coinvolgendoci nel suo spettacolino. Bello, bello, bello

Proseguiamo fino ad Amarillo, in Texas. Il panorama già da Erick è cambiato. Abbiamo abbandonato le immense, infinite Grandi Pianure coltivate fino a perdita d’occhio e siamo entrati nelle brulle zone desertiche del sud. Anche qui orizzonti infiniti ma grosse nubi temporalesche che ogni tanto si scaricheranno su di noi – sia qui che in New Mexico. La cena è d’obbligo al Big Texas Steak Ranch (link qui). Chi aveva fatto la Route mi aveva detto: vai!!! Posto bello, carne buona e poi… c’è la gara!!! La Free 72oz Steak. In pratica chi vuole sale su una pedana predisposta con tavolo e timer ed avrà 60 minuti di tempo per finirsi una bistecca da 72 once appunto (2 kg di carne) più contorni. Chi ce la fa non paga il conto.

Noi le bistecche le abbiamo ordinate una per due persone 😅 ma un paio d’avventori hanno concorso e in una cinquantina di minuti a testa hanno spazzolato il piatto! Io per non sbagliare, visto che eravamo arrivati nella terra dei cowboys, mi sono comprato un cappello in stile – anche perchè il sole picchia da quelle parti. Dormiamo al Baymont by Wyndham Amarillo East (link qui)

6 agosto

Texas e New Mexico

Prima di lasciare Amarillo andiamo a vedere il Cadillac Ranch, una installazione all’aperto del 1974 composta da dieci auto Cadillac, tutte pitturate con spray dai colori vivaci, messe in modo da dare l’impressione di essere piantate nel terreno.

Prima tappa della giornata Adrian, il midpoint della Route 66: 1139 miglia per Chicago come per Los Angeles.

Dopo le foto di rito andiamo a Tucumcari per vedere il Blue Swallow Motel (link qui), uno dei classici motel anni 50 che ha fatto la storia della Route. Pensate che ai proprietari, Floyd e Lillian Redman, si deve la realizzazione della famosa insegna ad arco dove, con orgoglio, si pubblicizzava la presenza nelle camere di aria condizionata a refrigerazione (100% Refrigerated Air). Uno slogan che da lì si è diffuso per tutta l’America!

Per ora di pranzo siamo a Santa Fe, un pezzo di Messico trapiantato negli Stati Uniti. Costruzioni in adobe costellano il centro storico, la old town. Pranziamo al chiuso per evitare un violento acquazzone che investe la città. Dopo pranzo giriamo per la città vecchia e visitiamo The Cathedral Basilica of St. Francis of Assisi (link qui), la chiesa madre dell’arcidiocesi di Santa Fe. Nella piazza centrale è in corso una festa con musica dal vivo. Si balla e le forze dell’ordine (pompieri, SFPD, ecc) fanno montare le persone sui loro mezzi per scattare foto.

Raggiungiamo in serata Albuquerque e dormiamo all’Econo Lodge Downtown (link qui)

7 agosto

Arizona

La tratta più lunga del viaggio: 700 km per raggiungere in Arizona, attraverso il deserto di Sonora, la città di Tucson (qui pronunciano tùson) ed il suo Saguaro National Park (link qui, mappa qui).

Il Saguaro è un cactus di grandi dimensioni che cresce solo in questa zona tra New Mexico e Messico ed è caratterizzato da tipici bracci a candelabro. E’ un panorama veramente particolare, fa molto film western. Ah vero… ci siamo nel West ormai 😇

Seguiamo il Loop Drive del parco con l’auto facendo qualche sosta alle piazzole per percorrere parte dei sentieri e ci godiamo il tramonto dalla cima di Signal Hill.

Dormiamo a Tucson al Country Inn & Suites by Radisson (link qui)

8 agosto

Arizona

Iniziamo a spostarci verso un paesaggio più montuoso e sembra sempre di più di essere dentro un film western. Poi noi abbiamo anche i cappelli giusti comprati in Texas per cui ci sentiamo nella parte. Raggiungiamo il Petrified Forest National Park (link qui) ed iniziamo la nostra visita nella zona del Painted Desert.

Per la cronaca parliamo di una regione arida caratterizzata da calanchi di rocce contenenti ferro e manganese che di conseguenza le colorano con sfumature di colore rosso e giallo di varie tonalità. Spet-ta-co-la-re! Ah… magari neanche voi, come me, sapete cosa sia un calanco 😬 Eccovi la definizione: i calanchi sono un fenomeno geomorfologico di erosione del terreno che si produce per l’effetto di dilavamento delle acque su rocce argillose degradate, con scarsa copertura vegetale e quindi poco protette dal ruscellamento. Molto più diffuso il termine inglese: badlands. Rende anche meglio l’idea.

Dalla zona del Painted Desert con l’auto (sebbene diviso in due zone, siamo sempre nello stesso parco nazionale) ci spostiamo nel Petrified Forest. La foresta più antica del pianeta con i suoi 225 milioni di anni ed una straordinaria varietà di vegetali fossili, tra cui grandi tronchi trasformati in pietra. Il tutto dovuto ad una violenta esplosione vulcanica che, in epoche remote, ha sommerso prima di cenere e poi di lava la zona nel giro di pochi istanti. Ci godiamo il tramonto in questo posto veramente unico al mondo.

Dormiamo a Gallup al Comfort Inn (link qui).

9 agosto

Utah

Oggi è il giorno della Monument Valley (link qui). Siamo nella Riserva Navajo, a 1700 metri in un panorama… vabbè in questa zona del mondo viene sempre da dire unico! Il tempo non è un granché – con il sole il rosso delle rocce sarebbe molto più acceso di quello di cui godiamo. Ma la meraviglia che desta questo posto non cala certo per le nuvole e la pioggia che ci coglie verso la fine del nostro giro all’interno della valle.

Dormiamo a Moab al Moab Valley Inn (link qui). Memorabile la cena al The Blue Pig (link qui) con tanto di musica dal vivo!!!

10 agosto

Utah

Tappa principale della giornata: Arches National Park (link qui, mappa qui). Come si può dedurre dal nome, in questo parco abbondano… archi rocciosi. Anzi, qui c’è la più alta densità al mondo di tali formazioni. Parliamo di più di 2000 archi da quelli più piccoli fino al più alto che raggiunge circa i 97 metri. Un mix tra rocce con differenti composizioni ed erosione hanno permesso la creazione di queste meraviglie. Facciamo qualche piccola passeggiata – dire trek mi parrebbe eccessivo 😬 – e girovaghiamo tra varie zone del parco.

Nel pomeriggio ci spostiamo al Dead Horse Point (link qui). Racconta la leggenda che spesso i cowboys (qui li chiamano anche wranglers) spostavano mandrie di cavalli selvaggi attraverso gli stretti sentieri del canyon, sfruttando i picchi scoscesi come efficaci recinzioni. Per ragioni sconosciute un gruppo di cowboys scelsero i cavalli migliori e andarono via lasciando gli altri legati, senza tornare mai più indietro. Rimasti senza acqua né cibo, le bestie morirono nella maniera più atroce. Chi ne trovò i resti – siamo sul finire del 1800 – diede alla zona appunto il nome di Dead Horse Point. Il panorama restituisce una vista magnifica sul fiume Colorado che si stende sinuoso nel centro del canyon. Capitiamo tra l’altro per caso tra le scene di un matrimonio! I novelli sposi hanno scelto questo canyon illuminato dalla calda luce del tramonto per le foto di rito.

Per gli amanti del film Thelma & Louise è qui che le due protagoniste terminano la loro avventura e non nel Grand Canyon come spesso si pensa.

Per la sera grande spostamento in auto per avvicinarci al Bryce Canyon. Dormiamo ad Escalante al Canyon Country Lodge (link qui).

11 agosto

Utah e Arizona

Dedichiamo tutta la mattina allo spettacolare Bryce Canyon (link qui, mappa qui). Il Bryce è uno dei più famosi e più bei canyon della zona, con i suoi pinnacoli i cui colori sfumano dal rosso all’arancio e al bianco. Che poi più che un vero canyon, il Bryce è un anfiteatro che va dai 2400 ai 2700 metri di altezza.

Nel pomeriggio cavalcata nel deserto per raggiungere il Lake Powell e la cittadina di Page. Corsa a perdifiato per il tramonto all’Horseshoe Bend (link qui), l’ansa a ferro di cavallo formata dal fiume Colorado e resa famosissima da Instagram. Il tramonto qui è bello ma che folla…

Dormiamo al Baymont by Wyndham Page Lake Powell (link qui)

12 agosto

Arizona

Facciamo un salto la mattina di nuovo all’Horseshoe Bend. Se volete andarci di giorno vi consiglio però le ore centrali, perchè le rocce a picco rischiano di fare ombra sulla stretta ansa.

Ma oggi è la giornata che aspetto di più: la visita al Lower Antelope Canyon. Gli Antelope Canyon sono due: Upper e Lower. La differenza? L’Upper è la parte più famosa e visitata, fondamentalmente per due ragioni: è facilmente accessibile e presenta con più frequenza il fenomeno della penetrazione dei raggi di luce. Il percorso è di andata e ritorno nello stesso canyon, e spesso bisogna fermarsi per far passare il gruppo che va nella direzione opposta. Nel Lower l’accesso è un po’ più impegnativo, mediante scalette di ferro e un percorso non semplicissimo. Tuttavia anche il Lower Canyon, pur essendo meno profondo, è molto bello da ammirare e presenta un vantaggio non da poco: la presenza di molti meno turisti e, in alcuni casi, la possibilità di trattenersi all’interno per un po’ più di tempo in caso di poca affluenza. Inoltre, a differenza dell’altro, il Lower Antelope Canyon è un percorso di sola andata. Noi non abbiamo avuto difficoltà a scegliere: oggi c’era posto solo nel Lower 😎 Abbiamo prenotato con Dixie Ellis (link qui). Sulle guide che ti accompagnano nel canyon bisogna essere fortunati. Buona parte del gruppo era con una guida molto preparata che spiegava bene il come ed il perchè si fosse formata questa meraviglia. Ma non sempre si è così fortunati 😅 Comunque siamo nel tour delle 11-11,30 che è il momento migliore per apprezzare la particolare illuminazione di Antelope. Un’esperienza spet-ta-co-la-re. Da ritornarci.

Per la sera raggiungiamo il Grand Canyon e dormiamo a Williams al Grand Canyon Inn & Motel (link qui)

13 agosto

Arizona e Nevada

Il Grand Canyon (link qui, mappa qui) è appunto vaaaaaaasto. Ne ammiriamo qualche scorcio da alcuni viewpoint del South Rim ma in effetti rende poco. Quello che serve per abbracciarlo tutto con lo sguardo è librarsi a volo d’uccello sopra di esso. Ecco perchè qualche giorno dopo essere arrivati in America alcuni di noi hanno prenotato una mezz’oretta di volo in elicottero (link qui). Ed allora si che uno lo apprezza veramente il Grand Canyon 😉

Ci avviamo verso Las Vegas ma facciamo una sosta a Seligman, un’altra cittadina piena di motel e locali storici dedicati alla Route 66. Ah… ci sono anche le auto di Cars.

Tappa finale: Las Vegas – che è sicuramente pacchiana ma merita comunque sempre una serata 💸 La Strip (la via principale con i casinò più famosi) è scintillante di luci e di neon, i giochi d’acqua della piscina del Bellagio meritano di essere visti e buttare qualche dollaro alle slot machine o alla roulette non ammazza nessuno.

Dormiamo al The Westin Las Vegas Hotel & Spa (link qui) a due passi dalla Strip.

14 agosto

California

Oggi si entra in California attraverso la Death Valley, o Valle della Morte che dir si voglia (link qui, mappa qui). Il luogo più caldo, più arido e nella sua parte centrale anche il più basso di tutto il Nord America. E noi ci arriviamo per mezzogiorno 💪🏼 Quando uno si vuole bene… 😈 La prima sosta è a Zabriskie Point. Fa relativamente fresco, circa 103 gradi Fahrenheit. Una quarantina di gradi Celsius. Tutta la zona della Valle è stata formata dai sedimenti generati dal prosciugamento un lago preistorico, lago che ovviamente ora non esiste più. Zabriskie Point in particolare offre ai visitatori uno scenario naturalistico irreale. Dopo le foto di rito viaaaaa verso Badwater Basin, il punto più basso del Nord America, ad ottantasei metri sotto il livello del mare! Badwater Basin è un bacino dove l’acqua evapora formando poligoni di sale. Parcheggiamo al lato del bacino e con calma ne raggiungiamo il centro a piedi camminando sul sale. Il tutto ad una cinquantina di gradi Celsius. Un forno. Un forno ventilato, ventilato da un bel vento caldo. Niente ombra – e per fortuna ho il mio cappello da cowboy 🤠 Ultima sosta a Furnace Creek per un panino veloce e poi è ora di uscire dalla Valle.

Fuori dalla Death Valley facciamo sosta per un rifornimento di benzina in una cittadine sperduta: Trona. Ve ne parlo perchè è una di quelle città dell’America più profonda dove il tempo scorre letteralmente con ritmi sempre uguali. Trona è una città mineraria – prende il nome da un minerale, il trona, utilizzato nella produzione della soda. Scopriamo addirittura da Wikipedia che qui intorno sono state girate scene di alcuni film (link qui). Ma non è questo a colpirci, quanto il concetto per cui le apparenze ingannino. Trona è una cittadina cadente, polverosa, con molte case abbandonate, con relitti di automobili lasciati arrugginire nei cortili. La scena alla pompa di benzina non ci rassicura. Sono le 17,30 e sulla veranda dello spaccio c’è un gruppo di operai che beve chiassosamente birra – in tutta l’America profonda che abbiamo attraversato i ritmi lavorativi sono scolpiti nella pietra: dalle 9 alle 17, 9 to 5. Avventori con abbigliamento che eufemisticamente definirei molto casual parcheggiano, entrano nello spaccio e risalgono in macchina bevendo lattine di birra. Come se non fossimo in quella America puritana dove rischi l’arresto per un’azione del genere. Noi riforniamo le auto, sfruttiamo il bagno, ci mettiamo in fila per pagare acqua e snack. Ed uno di questi operai, con una confezione di lattine di birra da portare al gruppo fuori, mi cede il posto e con la massima educazione mi chiede – come sovente c’è capitato in questo viaggio – chi fossimo, dove andassimo e soprattutto come mai ci fossimo fermati a Trona! Le apparenze ingannano: rudi operai, un posto poverissimo ma comunque è la provincia americana dove tutti sono educati, gentili e dove la microcriminalità praticamente non esiste.

Guidiamo per le strade della California fino a sera ed arriviamo a Exeter, dove dormiamo al Best Western Exeter Inn & Suites (link qui)

15 agosto

California

Oggi visitiamo il Sequoia National Park (link qui, mappa qui) – in America i parchi sono immensi, questo in realtà sarebbe il Sequoia & King Canyon National Park ma ci siamo limitati a visitare una piccola parte del Sequoia, quella intorno alla zona chiamata Giant Forest. Ragazzi, che colpo d’occhio guidare attraverso gli immensi tronchi delle sequoie!

Comunque non ci facciamo mancare una piccola escursione a piedi per salire sulla cima del Moro Rock, una cupola di granito che domina la San Joaquin Valley (tranquilli, siamo in America e nei parchi più gettonati tutto è pensato per essere privo di rischi, per cui si raggiunge la vetta grazie a delle comode scale 😬).

Poi è il turno del The General Sherman Tree, l’albero con il volume più grande al mondo: vuol dire che ce ne sono di più alti ma questo è quello con più legno in assoluto! Misure: 83 metri di altezza per 11 metri di larghezza – ma la suolo questa cresce a 31 metri! Età stimata: 2600 anni. Duemilaseicentoanniiiiiiiiiii 🔝🌲

La sequoia fu chiamata General Sherman dal naturalista James Wolverton, che aveva servito come sergente nel 9th Indiana Cavalry sotto Sherman durante la Guerra di Secessione Americana. In linea con questa nomenclatura militaresca la seconda sequoia più grande, nel vicino Kings Canyon, si chiama come un altro famoso generale unionista: General Grant

Dopo essere rimasti a lungo a guardare senza parole l’immensità del Generale Sherman facciamo un salto al Tunnel Log, un tunnel ricavato nel tronco di una sequoia caduta. Una enoooorme sequoia ovviamente. Enorme! Vabbè, avrete capito che mi sono sentito un lillipuziano oggi 🤷🏻‍♂️

Si dorme a Mariposa, l’ingresso dello Yosemite, al Miners Inn Motel (link qui).

16 agosto

California

Yosemite National Park (link qui, mappa qui e mappa del canyon del Visitor Center qui). Intanto partiamo dalla pronuncia. Ognuno lo pronuncia come vuole. Comunque la dizione giusta sarebbe iosèmiti. Ora… l’ho detto che questi parchi sono immensi e che con una giornata non ne vedi che una minima parte?!? Bene. Non mi ripeto allora. Comunque la Bridalveil Fall ed El Captain sono un must e le vediamo. Consiglio anche di salire come noi fino a Glacier Point per dominare con lo sguardo la Yosemite Valley.

E comunque El Captain, questo enorme sperone di granito che svetta nel mezzo della valle rende poco in foto. E’ visto dal vero che emana tutta la sua magnificenza! Lo guardo e penso a Free Solo, il documentario in cui Alex Honnold lo scala a mani nude!

E poi viaaaa verso la costa della California: San Franscisco! Abbiamo deciso di prendere un’intera casa grazie ad Airbnb a Daly City, appena fuori del comune di San Francisco. Abbiamo una metropolitana vicino casa, ma siamo anche a mezz’ora di auto da Union Square, il centro di Frisco.

17 agosto

San Francisco

Primo giorno a San Francisco. Una veloce corsa via Uber che ci lascia a Union Square. Andiamo a piedi a vedere la Grace Cathedral e poi con uno dei classici tram visti in tanti film raggiungiamo Lombard Street – o quantomeno quella piccola porzione di Lombard Street dotata di qualche curva 😅 Girare a piedi o via tram per San Francisco è sempre piacevole, vista la architettura in stile europeo di molti palazzi. Andiamo a pranzo alla mitica Crab House (link qui) al Pier 39. Dal molo rimiriamo la baia con l’isola di Alcatraz ed il Golden Gate sullo sfondo. Dopo pranzo ci spostiamo all’Alamo Square Garden per ammirare The Painted Ladies, una serie di magioni in stile vittoriano ed edoardiano che circondano la piazza e che contrastano fortemente con lo sfondo modernissimo dei grattacieli che svettano in lontananza alle loro spalle.

Ci spostiamo a Crissy Field per il tramonto ma il tempo – che a San Francisco è variabilissimo e ad Agosto tende al freddo – è già cambiato da metà pomeriggio e ci regala una bruma che rende spettrale la baia ed il Golden Gate. Da quando a metà pomeriggio è andato via il sole per far posto alle nubi e al vento fa veramente freddo!

Ma dato che appunto il tempo cambia repentinamente in due, temerari, ci avviamo nottetempo con reflex e cavalletti per Battery Spencer, una ex postazione di artiglieria al di là del Golden Gate, per qualche scatto notturno. L’aria è limpida ma accipicchia che vento che tira!

18 agosto

San Francisco

La mattina gita con le auto a Sausalito, una amena località turistica ed una delle zone residenziali più ricche della zona.

Nel pomeriggio abbiamo la gita ad Alcatraz, prenotata da tempo dall’Italia qui (per Agosto bisogna prenotare con netto anticipo per trovare posto). E lo debbo dire: è stata una visita veramente bella. La audioguida che forniscono è fatta molto bene. Mentre ti invita a girare nelle varie zone della prigione ti racconta la sua storia, la rivolta (sedata a cannonate dalla costa) e la famosa fuga poi raccontata nel celeberrimo film Fuga da Alcatraz con Clint Eastwood. Film che poi mi sono rivisto appena rientrato in Italia. E debbo sottolineare come non ci si renda conto dalle immagini di quanto possa essere claustrofobica e dura la vita in quegli ambienti ristretti e sempre uguali. Questo vale per ogni carcere immagino. Ma Alcatraz era un carcere di massima sicurezza, un posto dove la sorveglianza era costantemente rigorosa. Insomma ne sono rimasto molto colpito.

Nel gift shop della prigione era anche in corso un “incontro con l’autore”. Il libro in questione è Alcatraz #1259 di William G. Baker. Un ottantacinquenne vecchietto dall’aria mite che finì ad Alcatraz nel 1957, a 23 anni, dopo aver aggredito una guardia carceraria durante un tentativo di evasione. A bad, bad boy come si definisce nella quarta di copertina del libro. Restò per quattro anni ad Alcatraz e nel libro racconta la sua esperienza dentro quelle mura.

19 agosto

California

Lasciamo San Francisco e seguiamo la costa lungo la Highway 1. Incontriamo molte auto storiche lungo la strada perchè, come scopriremo più tardi, il giorno prima c’è stato un grosso raduno a Monterey. Monterey e Carmel by the Sea sono il buen retiro di artisti, poeti e scrittori. E dall’opulenza delle case si nota subito che siamo in un posto da vip.

E poi arriva quello che non ti aspetti. L’incomparabile bellezza della costa di Big Sur. Sì, perchè io sono rimasto folgorato dagli scenari che mi si aprivano dinnanzi gli occhi tra le curve a picco sul mare del tratto di costa a sud di Carmel. Parliamo del Pfeiffer Big Sur State Park (link qui). Un posto praticamente disabitato – attenti, la ricezione alberghiera è veramente scarsa – dove i Monti Santa Lucia, alzandosi a picco sul mare, danno vita a questo panorama eccezionale. Il parco offre molte occasioni per l’escursionismo e l’alpinismo, mentre se fermate l’auto in una delle piazzole lungo la costa potete scendere tra le rocce fino alla spiaggia e godervi l’oceano nella più completa solitudine.

Facciamo anche una sosta casuale all’Henry Miller Memorial Library (link qui), un’oasi di pace dedicata dal suo migliore amico all’autore statunitense. Ma attenzione! Non parliamo della classica “biblioteca” a cui tutti penseremmo…

Scrisse Miller: La propria destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose. E quindi la biblioteca non è un posto dove prendere in prestito un libro, né un sacrario con reliquie polverose, ma nemmeno una libreria o un negozio di cianfrusaglie pieno di magliette della costa, tazze, manichini e cappellini. E non è neppure la vecchia casa di Henry Miller. E’ un mix di tutto questo ma principalmente un centro artistico ed un negozio di libri focalizzati alla promozione delle opere letterarie e artistiche di Henry Miller. Insomma un posto nascosto che vale la pena visitare, anche solo capitandoci per caso come è successo a noi.

Lungo la costa di Big Sur ammiriamo anche le McWay Falls – anch’esse facilmente visibili da una piazzola lungo la Highway 1 – che precipitano direttamente sulla spiaggia della omonima baia.

Dormiamo a San Simeon al Motel 6 San Simeon – Hearst Castle Area (link qui)

20 agosto

California

Si va a Los Angeles ma senza rinunciare ad una sosta in spiaggia a Santa Barbara. Che è una città turistica zeppa di negozi e col classico pontile commerciale che si protende in mare.

Riprese le auto dopo pranzo, raggiungiamo finalmente Los Angeles e…

… dopo aver manifestato un certo entusiasmo per l’arrivo a Malibu, come si può evincere dal video qui sopra 😂 ci godiamo un meritato aperitivo al tramonto a Santa Monica.

Anche a L.A. abbiamo preso una casa con Airbnb in zona MacArthur Park.

21 agosto

Los Angeles

Giornata losangelina. Iniziamo con Beverly Hills e la sua Rodeo Drive. Poi il Chinese Theatre e la Holliwood Walk of Fame, per poi salire al Griffith Observatory da cui vedere la scritta Holliwood e la città dall’alto. E quindi mare: Santa Monica – la End of the trail della Route 66 – e Venice Beach. Dove dopo un fugace giro in alcuni negozi di souvenir ed aver visto qualche evoluzione sulla pista di skating, mi butto sulla riva del mare a cuocere per qualche ora al sole della California 🌞

22 agosto

da Los Angeles all’Italia

Beh l’ultimo giorno è come tutti gli ultimi giorni, un lungo ritorno verso casa. Ci si alza prestissimo perchè dobbiamo riconsegnare le auto a nolo e poi abbiamo le solite procedure degli aeroporti. Un paio di voli, prima da Los Angeles a Chicago e poi da Chicago a Fiumicino. Pro e contro del viaggio? E’ stato un viaggio lungo e faticoso, le miglia da percorrere sono state tante e si sono accumulate molte ore in auto, forse troppe. Ad un certo punto era un po’ come quando vai in barca a vela: alla lunga, mette alla prova il carattere!

L’America profonda, quella delle Grandi Pianure, è stata una scoperta – o meglio: una conferma di quanto ti viene raccontato, ma che comunque va’ visto di persona. Mi è piaciuta molto, con i suoi orizzonti sconfinati ed i suoi abitanti, gentili, cordiali ed ignari del mondo oltre il loro circondario. Una delle frasi più celebri che abbiamo registrato lungo la Route la sentimmo in un posto qualsiasi dell’Illinois. Ci eravamo fermati ad una pompa di benzina ad una ottantina di miglia da Saint Louis. Il benzinaio ci pone le classiche domande che uno un po’ annoiato pone a degli sconosciuti in questi casi: chi siete? dove andate? E noi: veniamo dall’Italia, abbiamo noleggiato queste auto a Chicago per andare in California. Stasera dormiamo a Saint Louis. E lui ci guarda… ci pensa un po’ su… e poi: io non sono mai andato oltre Saint Louis. Eccola l’America profonda. Un territorio così immenso da dare l’illusione che non ci sia bisogno di andare oltre dove puoi arrivare con una giornata di auto!!! Poi, ovvio, i parchi tra Arizona, Utah e California sono così famosi che non serve decantarne le meraviglie. Ma un posto nel mio cuore se lo è riservato, continuo a dirlo, il percorrere la Highway 1 attraverso Big Sur. I monti che precipitavano ripidi verso il mare, la vegetazione dalle variegate tinte di verde e quell’oceano splendido. Guidavo e pensavo, chissà perchè poi, alla meraviglia che dovevano aver provato quei primi coloni spagnoli che avevano risalito la California fin su alla baia dove poi fondarono San Francisco. Big Sur è un posto dove voglio tornare. E dove tornerò, per godermelo appieno.