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2022

Dublino

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Per il ponte dell’Immacolata ho deciso di visitare Dublino. Non essendo riuscito a trovare nessuno che volesse passare fuori quei quattro giorni, e non volendo viaggiare in solitaria, mi sono affidato ad Avventure nel Mondo (link qui).

8 Dicembre

Il piano voli non è stato efficientissimo ma comunque siamo partiti nel primo pomeriggio con Ryanair per arrivare verso le 17,30 a Dublino. Da Roma partivamo in due, mentre da Milano partivano i restanti sette partecipanti.

Guardando le previsioni meteo ci eravamo attrezzati per un clima rigido. Ce lo avrebbero spiegato poi, ma il clima era particolarmente avverso per l’Irlanda con cielo sereno o coperto e temperature sempre tra i -2 ed i 2 gradi centigradi ed il rischio di qualche spruzzata di neve anziché, come sempre, temperature più alte con pioggerellina quasi costante. Insomma un buon clima per visitare la città a patto di essere ben coperti.

Quindi, ben bardati, siamo atterrati in orario ed abbiamo preso l’autobus per raggiungere il centro (esiste una linea dedicata chiamata Dublin Express) dove avevamo la nostra sistemazione: Staycity Aparthotels Tivoli (link qui).

Il tempo di rassettarci e ci siamo affrettati ad andare a cena. Come sempre nel nord Europa gli orari dei locali sono più stringenti dei nostri ma avevamo una prenotazione per le 23 al Bull & Castle (link qui), una steakhouse di fronte Christ Church.

E… sorpresa… mentre siamo affrettandoci a piedi per strada è iniziata a cadere la neve. Dopo cena molte auto parcheggiate erano imbiancate e a causa del freddo bisognava stare attenti a non scivolare sul ghiaccio.

9 Dicembre

Giornata tutta dedicata alla visita di Dublino. Con guida! Perché, lo vogliate o no, è impossibile avere un’idea di una città e di una cultura senza qualcuno che, vivendo lì, ti accompagni per mano spiegandoti quei particolari e quei dettagli che la rendono unica.

E la nostra è una guida d’eccezione: Fulvio Rogantin. Triestino, ingegnere informatico che dal 2015 ha cambiato vita e vive a Dublino alternando l’attività di guida ai suoi interessi culturali, in primis quello per James Joyce. Un interesse profondo quello di Fulvio per James Joyce che lo ha portato a pubblicare una traduzione del Monologo di Molly in dialetto triestino ed a sviluppare il progetto Cities of Joyce, una piattaforma che vuole riunire una documentazione completa sui luoghi abitati da Joyce: Dublino, Trieste, Zurigo e Parigi (link qui). Se foste interessati potete trovare qui tutte le informazioni per contattarlo.

Incontriamo Fulvio davanti alla Cattedrale di Saint Patrick (link qui). Immaginate la scena. La strada è ghiacciata, il prato del parco della cattedrale è ghiacciato, noi siamo intabarrati con cappelli, guanti, sciarpe, giubbotti e scarpe pesanti. E Fulvio sorridente ci aspetta con una giacchetta, una sciarpa, un cappello a coppola ed ai piedi un paio di mocassini. Noi senza parole prendiamo coraggio e gli facciamo: “Maaaaaa non hai freddo?!?” Lui: “Ma no! Sai, uno all’inizio, quando viene a vivere qui, si veste a cipolla e si mette e toglie gli indumenti. Poi ti stanchi e la mattina ti vesti per tutto il giorno e va bene così“. Noi con ancor meno parole di prima serriamo sciarpe e giubbotti 🧣🧤🥶

Ancora shockati lo seguiamo dentro la Cattedrale. La prima cosa che ci fa notare Fulvio è che ci sono delle bancarelle che vendono merchandising sul fondo della navata principale. Uno distrattamente sarebbe anche portato a non farci caso perché indossa gli occhi del turista. Ma siamo in un luogo sacro! Nelle chiese cattoliche non mancano banchetti e bancarelle, ma sono siti all’esterno della chiesa. Nelle chiese anglicane invece il sacro si manifesta solo durante la funzione. Nel resto del tempo le chiese sono edifici che possono venir utilizzati per altro. Per vendere souvenir, per cerimonie laiche come l’assegnazione di diplomi. Come mi ritorna in mente da un servizio televisivo dell’anno scorso, per ospitare hub vaccinali durante una pandemia.

Fulvio ci fa notare una seconda cosa a cui non avevamo assegnato la giusta importanza mentre all’esterno ci faceva un rapido cenno alla zona dove sorge la chiesa. Siamo in una chiesa protestante nella capitale della cattolicissima Irlanda. A Dublino esistono due cattedrali: Saint Patrick e Christ Church. Due cattedrali entrambe protestanti e nessuna cattedrale cattolica. Questo sempre per la disfida secolare tra le due religioni. Le cattedrali furono erette sotto il dominio britannico ed i cattolici vorrebbero fosse ceduta loro una delle due. I protestanti al contrario invitano i cattolici ad erigerne una tutta loro.

La tradizione vuole che Saint Patrick sia stata eretta sul Pozzo di San Patrizio, con la cui acqua il santo battezzava gli abitanti pagani della città. Molto più facilmente la leggenda del pozzo è legata a grotte o a sepolture comuni che insistevano nella zona dove fu eretta la cattedrale e che davano l’idea che “al di sotto” ci fosse molto di più che sola terra.

Fulvio ci ha raccontato molte cose durante la visita della chiesa. Alcune mi sono rimaste impresse più di altre e di queste parlerò brevemente.

Il primo monumento che Fulvio ci illustra è all’estremità ovest della navata centrale ed è il Monumento Funebre della famiglia Boyle. Fu eretto nel 1632 da Richard Boyle, Primo Conte di Cork. Che per la cronaca era il padre di quel Robert Boyle che ha dato il suo nome ad una legge della fisica, la legge di Boyle sui gas appunto. E che “dovrebbe” essere ritratto bambino in una nicchia sotto il talamo dei genitori. La storia di questo monumento è esemplare della gestione della chiesa protestante. Erano infatti le famiglie abbienti a mantenere le comunità ecclesiastiche e Boyle aveva fatto erigere il monumento in una posizione preminente vicino il coro. Complice fu anche il fatto che la moglie fosse nipote di Robert Weston, decano della cattedrale stessa. Ma successivamente al cambio dei rapporti di forza fu un suo potente avversario, Lord Wentworth, a costringere Boyle a smontarlo (notare che è in pietra dipinta e non in legno come a prima vista potrebbe sembrare) e a spostarlo nell’attuale posizione, sicuramente più anonima.

Proseguendo nella visita ci spostiamo lungo il lato nord della navata centrale e passiamo davanti una serie di monumenti funebri di illustri gentlemen sormontati da statue in marmo per poi raggiungere le cosiddetta Porta della Riconciliazione. Si tratta della porta capitolare, abbastanza antica, rovinata e con un foro nel mezzo, che commemora la conclusione amichevole della faida tra due famiglie: i Butler di Ormonde ed i FitzGerald di Kildare. Nel 1492 le due famiglie vennero alle armi nel contendersi la carica di Lord Deputy, delegato del monarca e capo dell’esecutivo irlandese sotto il governo inglese. Messi in difficoltà, i Butler si rifugiarono nella Sala del Capitolo barricandovisi. I FitzGerald li inseguirono fin lì e li invitarono ad uscire per riappacificarsi. Temendo una trappola i Butler si rifiutarono ed allora il capo della famiglia Kildare, Gerald FitzGerald, fece aprire una breccia nella porta e vi infilò il braccio in segno di pace, noncurante del rischio di aggressione. Questo gesto dissipò i timori dei Butler e le due famiglie si riconciliarono. Da questo gesto deriva l’espressione “to chance your arm“, ovvero “rischiare il braccio”.

Noi, colpiti da questa storia, subito decidiamo di metterci in mostra replicando il gesto – evitando però la zuffa iniziale.

Fulvio ci fa notare che le volte del transetto nord della chiesa sono addobbate da bandiere… una delle differenze con le chiese cattoliche è che in quelle protestanti c’è sempre una zona dedicata alla commemorazione dei caduti militari. Nel caso specifico due bassorilievi ricordano i soldati irlandesi caduti nelle guerre in Cina, Afghanistan e Birmania al servizio dell’Impero Britannico. Sulle volte gotiche fanno mostra di se le bandiere di vari reggimenti. In contrapposizione a questi monumenti che rappresentano un’epoca in cui la guerra era spesso esaltata e la morte attraverso il conflitto descritta come “gloriosa”, in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale è stato eretto l’Albero del Ricordo. Un monumento molto più in linea con il sentimento moderno verso la guerra, volto a sottolineare quanto tragica possa essere la perdita di ogni vita umana. Un albero nero, devastato, fatto di nudo metallo e circondato alla base da filo spinato. I visitatori sono invitati a ricordare una persona cara colpita da un conflitto compilando un piccolo biglietto a forma di foglia e lasciandolo alla base dell’albero. Molto toccante.

Il coro è magnifico, decorato ed intarsiato: veramente magnifico. Tentare di descriverlo ne sminuirebbe la bellezza. Un’altra cosa che Fulvio ci fa notare è come sull’altare non sia presente la Bibbia. Questo sempre perché per i Protestanti la chiesa è sacra solo durante la funzione e quindi la Bibbia viene portata via al termine della stessa.

Fulvio ci fa notare come di fronte al coro ci siano gli scranni per la Presidenza della Repubblica irlandese, con tanto di stemma nazionale, un’arpa dorata su sfondo blu. Blu, e non l’onnipresente verde, perché il blu è il colore di San Patrizio, patrono d’Irlanda, e dello stemma nazionale. E il verde che colora qualunque cosa intorno a noi allora?!? Ne riparleremo più tardi a fine giornata…

Altra differenza tra le chiese protestanti e le cattoliche: lo spazio per i giochi!!! C’è in un transetto una zona con touch screen educativi, costruzioni per ricreare le volte gotiche, calchi per colorare col carboncino le silhouette dei santi su fogli di carta, ecc.

E poi il gran finale della visita è dedicato al decano più famoso di Saint Patrick: Jonathan Swift. L’autore de I Viaggi di Gulliver.

Oltre a due maschere mortuarie ed al teschio di Swift la cattedrale conserva il suo pulpito. Per darvi un’idea del caratterino che potesse avere, il pulpito originariamente era montato su delle ruote. Questo perché un sagrestano potesse spostarlo davanti all’incauto fedele che si fosse addormentato durante la predica, che nel caso di Swift poteva durare tranquillamente un’ora e mezza 😬

Lasciata la Cattedrale passiamo attraverso i suoi prati coperti ancora di brina e ci riscaldiamo tagliando attraverso il Centro Commerciale Stephen’s Green con le sue architetture liberty per raggiungere il St. Stephen’s Green Park (link qui). Polmone verde della città ebbe il suo fulgore nel XVIII secolo per poi vedere un periodo di abbandono all’inizio del XIX secolo. Fu solo nel 1877 che Lord Ardilaun rilevò la proprietà del parco per donarlo alla città. Il parco ospita un laghetto abitato da cigni, germani reali ed altri uccelli, varie passeggiate e monumenti, tra cui il Famine Memorial, memoriale creato da Edward Delaney e dedicato alle vittime della grande carestia che si abbattè sull’Irlanda tra il 1845 ed il 1849, carestia causata dalla peronospora della patata (principale alimento dei contadini irlandesi) che causò la morte di un milione di persone e l’emigrazione all’estero di un altro milione.

Passiamo poi davanti al palazzo del governo, davanti al quale campeggia una targa con la doppia scritta: Roinn an Taoisigh e Department of the Taoiseach (link qui). E qui approfondiamo con Fulvio una cosa che avevamo già notato appena arrivati. Il bilinguismo di qualunque indicazione (gaelico ed inglese) a fronte del fatto che non abbiamo mai sentito parlare nessuno in gaelico. Questo perché di fatto il gaelico è una lingua morta. Ci sono nelle contee periferiche dei dialetti che derivano dal gaelico ma il bilinguismo viene portato avanti solo per una questione di identità nazionale. Sempre prima la scritta in gaelico (che tra l’altro non si pronuncia come si scrive) e poi in inglese. E per accedere ad un posto nella pubblica amministrazione bisogna superare necessariamente un esame di gaelico.

Ci spostiamo poi a Merrion Square Park di fronte la casa di Oscar Wilde, che era in realtà irlandese e si chiamava per intero Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde. Nel parco di fronte la casa c’è una bella statua policroma – attenti, non è dipinta ma composta di marmi colorati – che cambia espressione a secondo del lato da dove la si guarda. Si narra che porti fortuna accarezzare il laccio della scarpa dell’artista. Di fronte, su due piedistalli, la statua della moglie incita ed il busto di un giovinetto e sui piedistalli alcuni degli aforismi di Wilde.

Raggiungiamo la vicina National Gallery per ammirare un Caravaggio fortunosamente rinvenuto in quel di Dublino. Una storia intrigante. Nel 1990 Sergio Benedetti, curatore della National Gallery of Ireland, aveva ricevuto l’incarico da un convento di gesuiti di esaminare una serie di quadri al fine di poterne effettuare un restauro a scopo commerciale. Si ritrovò così davanti a una grande tela, Il tradimento di Cristo, di Gerard van Honthorst, noto anche come Gherardo delle Notti. Lui però era convinto che fosse un Caravaggio e segretamente lo inviò a Londra per far comparare la composizione chimica dei colori con un altro Caravaggio lì conservato presumibilmente coevo. Avuta la conferma “scientifica” della autenticità, era però necessario verificarla ricostruendo la storia del quadro e a questo contribuirono due, all’epoca, dottorande dell’Università di Roma, Francesca Cappelletti e Laura Testa. Durante una lunga ricerca le due ritrovarono all’interno di un antico e mal ridotto registro custodito negli archivi della famiglia Mattei, a Recanati, un’attestazione di una Cattura di Cristo che ne documentava un pagamento a Michelangelo Merisi. Il quadro era stato donato ai gesuiti nel 1930 dalla pediatra Marie Lea-Wilson, personaggio molto noto nella Dublino di quegli anni, che l’aveva acquistato dagli eredi del nobile scozzese William Hamilton Nisbet, che a sua volta aveva acquistato il quadro a Roma dalla famiglia Mattei nel 1802. Tenete a mente il cognome Lea-Wilson, perché a fine giornata ritornerà per chiudere un cerchio di casualità senza le quali il Caravaggio non sarebbe mai stato rivelato come tale. Scoperta l’importanza del quadro i gesuiti decisero di darlo in prestito perenne alla National Gallery.

Lasciata la National Gallery siamo passati davanti la statua di Molly Malone, personaggio di fantasia, pescivendola che poi arrotondava come prostituta e che morì di tifo o forse di malattie veneree. Sembra che porti fortuna abbracciarla con trasporto 🤪 Molly Malone è un personaggio molto amato ed una canzone a lei dedicata, Cockles & Mussels, è considerata l’inno non ufficiale di Dublino.

Da lì siamo andati al calduccio nel Powerscourt Townhouse Centre, antico palazzo per le feste dei Visconti Powerscourt – palazzo concepito per le feste della famiglia e quindi del tutto privo di stanze da letto – che adesso ospita uno shopping centre (link qui) di lusso con gioiellerie, negozi di moda, ecc.

Dopo una rapida visita al Castello di Dublino – del vecchio castello è rimasta solo una torre originaria ed essendo stato sede della guarnigione inglese non era una struttura amata dai repubblicani – siamo andati a pranzo da Beshoff Bros (link qui), patria del fish and chips. Che per la cronaca per i vecchi irlandesi è un piatto italiano 🤷🏻‍♂️ Sembra infatti che fossero tutti italiani i primi a commercializzarlo in massa e di lì l’equivoco.

Dopo pranzo è ora di andare al Trinity College, università protestante dove nessun vero indipendentista irlandese ha mai messo piede! Il Trinity ospita due cose che a mio parere dovete assolutamente vedere: il Libro di Kells e la Old Library.

Entriamo nelle sale dedicate al Book of Kells. Tre sono i santi venerati in Irlanda: Patrizio, Brigida e Columba. Questo evangelario, unico per l’eccellenza tecnica della sua realizzazione e per la sua bellezza, fu redatto in ottant’anni nell’Abbazia di Iona, sulle Isole Ebridi. Iona era la sede di una delle comunità monastiche più importanti della regione, tanto che San Columba, il grande evangelizzatore della Scozia, ne aveva fatto il suo principale centro missionario nel VI secolo. Quando la moltiplicazione delle incursioni vichinghe finì per rendere l’isola di Iona troppo pericolosa, la maggior parte dei monaci si trasferì nell’Abbazia di Kells, che divenne il nuovo centro delle comunità fondate da Columba. Successivamente intorno all’anno 1000 il manoscritto fu rubato a causa della sua preziosa rilegatura ma fortunatamente fu ritrovato qualche mese più tardi sotto un mucchio di terra, privato della sua rilegatura in oro e pietre preziose. Nel 1654 fu trasferito a Dublino.

Nel corso dei secoli il libro è stato rilegato più volte e alcune miniature sono state “tagliate”. Non si può fotografare ma ne esistono fac simili a prezzi modici – si fa per dire… la copia che vedete in foto è conservata nella Old Library.

Magnifica la Old Library con le sue scaffalature di legno, i suoi libri antichi, il fac simile del Book of Kells fotografabile di cui vi accennavo prima e l’arpa di Brian Boru, la più antica arpa irlandese. La vedete riprodotta sullo stemma della birra Guinness ed invertita sullo stemma dell’Irlanda – questioni di brevetti e colonialismo: Guinness era arrivato prima della Repubblica 😬

Giro nel quartiere di Temple Bar dove Fulvio, appassionato di Joyce, ci fa ammirare le decorazioni sulle facciate del Blooms Hotel, tutte dedicate ai personaggi dell’Ulisses. Passiamo il fiume per raggiungere la Statua di Joyce dove Fulvio ci parla della difficile trama dell’Ulisses, ci legge il finale per farci apprezzare il flusso di pensiero con cui Joyce lo conclude e ci recita una sua traduzione in dialetto triestino del monologo di Molly.

Fulvio legge il finale dell’Ulisses
Fulvio legge il monologo di Molly in triestino

Ultima fermata il Post Office, l’ufficio postale principale. Dal 24 al 29 Aprile del 1916 fu protagonista della Easter Rising, la rivolta con cui l’IRA tentò di scacciare gli inglesi già duramente impegnati nella Prima Guerra Mondiale. L’esercito represse nel sangue la rivolta e bombardò con i cannoni l’Ufficio Postale centrale dove si erano asserragliati i nazionalisti. I fuggiaschi furono catturati, umiliati e fucilati dai soldati e dai poliziotti inglesi. Tra questi poliziotti ve n’era uno di nome Percival Lea-Wilson. Ricordate che quando vi parlavo del Caravaggio ritrovato vi avevo detto di tenere a mente questo cognome?

Micheal Collins, una delle figure di spicco dell’indipendenza irlandese, vide Lea-Wilson umiliare Tom Clarcke, uno dei firmatari della dichiarazione di indipendenza in fuga dal bombardamento (link qui). Giurò di vendicarsi e dopo quattro anni l’ufficiale fu assassinato da un commando dell’IRA alla stazione ferroviaria di Gorey. La sua vedova, Marie Lea-Wilson, come ringraziamento per il conforto avuto di padri gesuiti per il suo lutto, donò loro un quadro che aveva acquistato ad un’asta: La Cattura di Cristo di Gherardo delle Notti… e senza questo omicidio probabilmente il quadro di Caravaggio non sarebbe stato scoperto e non sarebbe alla National Gallery!!!

Nel Post Office tutto e decorato col verde irlandese e Fulvio ritorna a quello che ci disse in Saint Patrick sui colori dell’Irlanda. Lo stemma ha il fondo blu perché appunto è il colore di Patrizio, patrono d’Irlanda. Ma la bandiera è un tricolore dove l’arancio rappresenta gli unionisti ed il verde rappresenta i nazionalisti. È proprio per l’acceso nazionalismo della repubblica che si utilizza sempre il verde ed il blu è relegato allo stemma presidenziale e poco più.

Ultimissima tappa una macelleria F. X. Buckley (link qui). Fulvio ci tiene a spiegarci che qui gli animali vivono tutti allo stato brado e quindi la carne è più saporita che da noi. Il che può essere o meno un vantaggio a seconda dei gusti. A mio gusto è molto buona 😉

Ceniamo a Temple Bar al The Boxty House (link qui) e passiamo la serata nei pub tra pinte di birra e musica dal vivo.

10 Dicembre

Andiamo a fare colazione da Brewbaker, a Frederick Street. Dicono che gli scones siano buoni ma visto il freddo preferisco una colazione continentale.

Poi treno per Howth. In origine un semplice villaggio di pescatori alla base di un promontorio, ora è una località turistica dove percorrere facili sentieri che permettono di ammirare la costa e le scogliere. Con questo freddo cane (ci saranno un paio di gradi) c’è pure gente che fa il bagno.

Dopo una passeggiata per ammirare il faro di Baily torniamo al paesino e pranziamo al Beshoffs The Market & Beshoffs Sea Grill (link qui).

Nel pomeriggio torniamo in città e ci dividiamo: mi godo un po’ la città gironzolando per Temple Bar ed andando al Christmas at the Castle (link qui), fiera natalizia con canti, giochi, negozietti e tanta allegria al Castello di Dublino.

Cena tutti insieme da J.W. Sweetman (link qui), pub con produzione di birra propria (consigliata la red ale). Sul maxischermo partita Francia-Inghilterra. Per odio profondo verso gli inglesi, il pubblico irlandese tifa Francia senza se e senza ma.

11 Dicembre

Visita alla Guinness Storehouse (link qui) dove un percorso guidato illustra le fasi della preparazione della famosa birra. Visita conclusa con pinta di birra al Gravity Bar, bar panoramico al settimo piano con vista su tutta Dublino.

Siamo agli sgoccioli ormai. Pranzo rapido in un pub e poi tocca tornare a casa.