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2023

Georgia

Nikon D750, Nikkor 24-70, iPhone 12 Pro

Sono stato una settimana in Georgia, una delle repubbliche ex sovietiche del Caucaso, con un tour “tutto compreso” di Avventure nel Mondo (link qui). Il “tutto compreso” si riferisce al fatto che il tour è stato appaltato ad un’agenzia locale, la Omnes Tour (link qui) che si è occupata di tutto: guida parlante italiano che ci ha accompagnato, bus con autista, prenotazione alberghi e ristoranti per la cena.

La Georgia è un paese in bilico tra uno storico legame culturale e commerciale con la Russia e l’attrazione verso l’Occidente. Subito dopo la dissoluzione dell’URSS due sue provincie (l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud) si sono ribellate al nuovo status nazionale e, con l’appoggio della Federazione Russa, si sono autodichiarate indipendenti. Poi nel 2008 un nuovo conflitto è deflagrato tra Georgia ed Ossezia del Sud che, sempre con l’appoggio russo, ha portato alla sconfitta militare della Georgia. La spaccatura tra le due anime è costantemente visibile viaggiando nella Georgia, per chi volesse andare oltre le apparenze. Sebbene il russo sia una lingua più diffusa o diffusa quanto il georgiano (si parla russo a scuola, al lavoro, per molti è di fatto la prima lingua), questo viene rifiutato dai più giovani che preferiscono imparare l’inglese. Noi abbiamo avuto una guida, Sasha, persona molto colta e molto tranquilla che per i nostri canoni potremmo definire tranquillamente un filo russo. Una fidanzata a Mosca, la prospettiva di trasferirsi lì, una famiglia di ex militari dell’Armata Rossa, un lavoro che, a parte i mesi estivi, lo porta ad avere clienti quasi solo russi. Un uomo pacifico che ci ha raccontato di aver vissuto da piccolo gli effetti di tre guerre (scarsità di cibo, blackout improvvisi, ecc) e che non desidererebbe vederne una quarta. In antitesi una Tiblisi piena di bandiere ucraine dipinte sui muri e sulle magliette dei camerieri di un locale di Mestia la rivendicazione di quel venti per cento del territorio nazionale occupato manu militari dalla Russia.

La Georgia al di là del russo, che come lingua franca la accomuna a tutto lo spazio ex sovietico, ha una sua propria lingua con un suo proprio alfabeto (dalla grafia diversa sia dal latino che dal cirillico). Sasha inoltre ci faceva notare come, oltre a russo e georgiano ufficiale, nelle valli più remote si parlassero molti dialetti prettamente orali.

8 Agosto

Partiamo nel pomeriggio con Turkish Airlines da Roma e da Milano. Il gruppo si riunisce all’aeroporto di Istanbul e di lì ripartiamo la sera per Tiblisi (ve lo dico qui, abbiamo scoperto che in georgiano Tiblisi si scrive Tbilisi ma che comunque si pronuncia tibilisi). Pernottiamo (o meglio sveniamo per la stanchezza, visto che arriviamo in albergo alle 4,30 del mattino) al Biography Tbilisi (link qui) 😴

Anche per questo viaggio ho attivato una esim con Airalo (link qui), sebbene scopriamo di avere addirittura un wifi sul nostro bus! Comunque mentre smanetto sulle mappe dopo aver attivato la esim, mi salta all’occhio che a Tiblisi esiste una via dedicata a George W. Bush. Sempre a riprova di quanto questo sia un paese in bilico tra due poli opposti.

9 Agosto

Appuntamento in albergo alle 9 con la nostra guida Aleksandre Giorgadze, detto Sasha. Sasha è un ex seminarista che parla molto bene l’italiano, avendo frequentato per anni un seminario a Verona. Sasha ha un tono di voce sommesso e pacato ma lo compensa con un’erudizione ed una cultura da far paura.

Iniziamo il nostro tour dal centro storico di Tiblisi. Già di prima mattina l’afa si fa sentire. Il clima torrido effettivamente non l’avevo considerato quando avevo programmato il viaggio. Uno pensa: vado sul Caucaso, in montagna… ma poi si, vai anche in montagna ma quando sei giù a valle fa caaaaaaldo 🔥

Sasha ci fa presente che nella nostra settimana in Georgia vedremo per lo più chiese e castelli. Anzi, più chiese che castelli. E che le chiese saranno di due tipologie: armene o georgiane. Come distinguerle? Dai campanili. Le chiese di rito armeno hanno il campanile posto sopra la chiesa stessa. Quelle di rito georgiano o ne hanno uno posto al lato o, in mancanza di un campanile, alloggiano le campane su una struttura in ferro al lato della chiesa.

Esiste una grande diatriba tra georgiani ed armeni su quale dei due antichi regni si sia convertito per primo al cristianesimo. Gli storici sembrano concordare che il primo regno cristiano al mondo fu quello armeno. Incerto resta chi sia stato il secondo tra il Regno di Georgia e l’Impero Romano. Comunque resta il fatto che il cristianesimo attecchì molto presto nelle valli del Caucaso e che vi sia rimasto nonostante i vari tentativi di eradicarlo attuati dai persiani zoroastriani, dai mussulmani arabi e turchi o dagli atei sovietici.

La prima tappa che tocchiamo a Tiblisi è la Chiesa di Metekhi, uno dei monumenti più antichi della città. Il nome completo della chiesa in realtà è Chiesa della Vergine Maria Assunta di Metekhi (che in georgiano si scrive così მეტეხის ღვთისმშობლის შობის ტაძარი ma giuro che non farò mai più copia ed incolla dei nomi georgiani perché tanto sono il primo a guardare basito le lettere della lingua senza saperle nemmeno pronunciare 🤪) ed è una chiesa ortodossa georgiana di origine medioevale, costruita tra il 1278 ed il 1289 d.C.. Distrutta e ricostruita più volte, come Tiblisi del resto, si erge su una rocca che domina il fiume Kura e fungeva sia da fortezza che da residenza dei re georgiani. Ospita la tomba di Santa Shushanik (o Susanna) regina georgiana di fede cristiana che fu uccisa dal marito per essersi rifiutata di abiurare la propria fede in favore dello zoroastrismo.

Dopo aver visitato la chiesa ci affacciamo sulla balconata che domina il fiume Kura ed il centro di Tiblisi. Su questa piazza, prospiciente la chiesa, è eretta la statua equestre del Re Vakhtang Gorgasali, fondatore della città di Tiblisi e riorganizzatore della chiesa ortodossa (autocefala apostolica) georgiana. Dopo esserci goduti la vista, scendiamo dallo sperone roccioso su cui è eretta la chiesa ed attraversiamo il Ponte Metekhi o dei Centomila Martiri Georgiani. Secondo la Cronaca di cento anni, una cronaca del XIV secolo, questi martiri furono messi a morte per non aver rinnegato la fede cristiana a seguito della presa di Tiblisi da parte dello scià corasmio Jalal al-Din nel 1227.

Passato il ponte raggiungiamo il quartiere delle terme, chiamato Abanotubani. Il significato di “Tbilisi” è “luogo caldo” ed è legato proprio alle sue sorgenti sulfuree. La leggenda narra che il re Vakhtang I Gorgasali, durante una battuta di caccia al falcone che lo aveva portato in questa zona, vide il fagiano cacciato riemergere guarito da una delle pozze. Il re, incuriosito, si accorse che l’acqua della pozza era calda e decise dunque di fondare proprio in quel luogo una nuova città. Si narra che nel XII secolo fossero ben 65 i bagni sulfurei presenti in città e le terme di Tiblisi hanno avuto per lunghissimo tempo un ruolo molto importante nella vita dei georgiani, divenendo luogo dove celebrare matrimoni e fidanzamenti o altre occasioni speciali. Non a caso le sale dei bagni più antichi sono molto ampie, affrescate e decorate con mosaici, nonché dotate di ampi salottini con tavolini e poltrone per bere e mangiare in compagnia. Oggigiorno sono solo sette i bagni termali ancora in funzione. Gli Orbeliani Baths attirano subito la mia attenzione per i forti richiami all’architettura uzbeka – d’altronde è passato giusto un anno dal mio viaggio in Uzbekistan (link qui).

Attraversando due ponticelli ribattezzati Bridge of Love (anche qui è arrivata la moda per le coppiette di attaccare lucchetti ai ponti) percorriamo un profondo canyon che si chiude con un po’ di refrigerio dovuto alla Cascata Leghvtakhevi.

Ritorniamo sui nostri passi e ci inoltriamo nelle vie del centro per raggiungere la vicina Chiesa Armena di San Giorgio, dove è sepolto il poeta Sayat Nova, considerato il più grande poeta armeno del ‘700.

Dopo aver visitato la chiesa scendiamo nel Meidan Bazaar, un mercato ipogeo che, grazie alla sua natura, ci regala qualche minuto di frescura rispetto all’afa dell’esterno. Oltre ad una mappa della Tiblisi medievale dipinta sulla volta, ammiriamo molta produzione artigianale locale, nonché molte bottiglie di vino in vendita, sia di vinificazione europea che qvevri.

La Georgia è famosa per il suo vino. Sebbene si trovi molta produzione con vinificazione europea, la fama del vino georgiano è legata al metodo qvevri (ქვევრი). Questa tecnica, che risale ad epoca preistorica, prevede che il mosto fermenti in giare di terracotta poste sotto terra. La forma delle giare è un segreto che gli artigiani si trasmettono di generazione in generazione. La tecnica qvevri produce un vino secco e di gradazione sostenuta, con un gusto diverso da quello a cui siamo abituati con la vinificazione europea.

Tappa successiva è la Cattedrale Sioni (o della Dormizione), una chiesa medievale che porta il nome del Monte Sion di Gerusalemme (era una tradizione in uso nella Georgia medievale quella di dare alle chiese il nome dei luoghi della Terra Santa). Oltre ad affreschi ed icone qui è conservata la Croce di Santa Nino, che si narra essere stata forgiata dalla santa in persona.

Santa Nino (o Cristiana) predicò ed introdusse il Cristianesimo in Georgia ed è una dei santi più venerati della chiesa georgiana. La sua croce ha le braccia orizzontali fatte di tralci di vite e per questo pendenti verso il basso. La tradizione però attribuisce la curvatura al peso dei peccati dei fedeli.

Usciti dalla Cattedrale Sioni raggiungiamo il vicino fiume per ammirare il Ponte della Pace, un ponte pedonale in acciaio e vetro, progettato da Michele De Lucchi (link qui).

Tornati nei vicoli di Tiblisi visitiamo la Basilica di Anchiskhati, la più antica chiesa di Tiblisi. Costruita dal Re Dachi di Iberia tra il 522 ed il 534 d.C. fu, come tutte le chiese locali, danneggiata e ricostruita più volte.

Il territorio del Caucaso anticamente era diviso in tre zone: Colchide, Iberia ed Albania. La Colchide corrispondeva all’attuale costa georgiana sul Mar Nero ed al suo entroterra. L’Iberia (o Iberia Caucasica per distinguerla dalla penisola iberica di Spagna e Portogallo) era il nome dato dagli antichi Greci e Romani all’antico regno georgiano di Cartalia, corrispondente all’incirca alle parti orientali e meridionali dell’odierna Georgia. L’Albania (anche lei Caucasica per distinguerla dall’odierna Albania balcanica) corrispondeva più o meno all’odierno Azerbaigian.

In questa chiesa ci imbattiamo per la prima volta in un’icona di San Giorgio che uccide anziché il drago… l’Imperatore Diocleziano! Scopriremo che si tratta di un’iconografia largamente diffusa nel Caucaso, su cui ho reperito un interessante paper su Academia.edu (lo trovate liberamente qui). San Giorgio, che secondo le leggende locali era cugino di Santa Nino, l’evangelizzatrice della Georgia, fu martirizzato proprio sotto il regno di Diocleziano. Il ritorno dalla morte per vendicarsi del proprio uccisore sottolineava la manifestazione di una protezione ultraterrena, una protezione che si proiettava anche oltre una sconfitta momentanea nel mondo terreno.

Lasciata anche questa chiesa andiamo alla Torre dell’Orologio del Teatro Gabriadze (link qui). Costruita nel 2010 da Renzo Gabriadze a fianco del teatro delle marionette, la torre ha una struttura sbilenca ed è decorata da centinaia di piastrelle ideate dall’autore stesso.

Da lì raggiungiamo il Bazar Orbeliani, un centro commerciale dove poterci dividere per pranzare. Dovendo dopo pranzo fare sosta alla sede della Omnes Tour, approfittiamo anche per visitare la vicina Cattedrale dell’Assunzione della Vergine, una chiesa cattolica.

A questo punto raggiungiamo Piazza della Libertà ed il centrale Viale Rustaveli. Sulla piazza si affaccia il Municipio di Tiblisi ed al centro della sua rotonda sorge la Statua di San Giorgio, una alta colonna con sopra la statua equestre del santo (qui il santo uccide il canonico drago). Il monumento è dedicato all’indipendenza e alla libertà del popolo georgiano. Percorrendo il Viale Rustaveli passiamo davanti il Museo Nazionale ed il Parlamento fino a raggiungere la Statua dedicata ad Ilia Chavchavadze e Akaki Tsereteli, poeti e figure importanti nella storia nazionale georgiana.

Torniamo sui nostri passi percorrendo vie più interne rispetto alla rinnovata e linda Rustaveli. Passiamo davanti a vecchi edifici dissestati dai terremoti e a condomini polverosi. Raggiungiamo così la Betlemi Street Stairs: una lunga scalinata che collega la valle alla sommità della collina su cui sorge la Kartlis Deda. La scalinata consta di 120 scalini che con questo caldo non sono proprio il massimo. Ma ci rivela una chiesetta deliziosa, la Upper Betlemi, dove un fumo di incenso e la luce che filtra diagonalmente attraverso una finestra ci regalano una visione a dir poco mistica dell’ambiente. Dopo questa sosta riprendiamo la salita e finalmente raggiungiamo la fine della scalinata, proprio ai piedi della Kartlis Deda. La Madre dei Kartli (i georgiani) è una statua di alluminio alta 20 metri realizzata nel 1958 per celebrare i 1500 anni dalla fondazione della città.

Da lì torniamo al punto di partenza della mattina, grazie alla cabinovia che collega la zona della statua con Piazza Europa, ai piedi dello sperone su cui sorge la chiesa di Metekhi. Torniamo in albergo per una sana doccia e ceniamo al Ristorante Ortachala (link qui).

10 Agosto

Lasciamo Tiblisi per la città di Mtskheta (si pronuncia mizcheta). Questa è una delle più antiche città della Georgia e fu la capitale del regno di Iberia fra il III secolo a.C. e il V secolo d.C..

Prima tappa, il Monastero di Jvari (jvari, un nome che ricorre spesso nella toponomastica, vuol dire croce). Narra la tradizione che all’inizio del IV secolo Santa Nino, evangelizzatrice della Georgia, eresse una grande croce di legno su quello che allora era il sito di un tempio pagano. La croce era ritenuta miracolosa e quindi attirò numerosi pellegrini provenienti da ogni parte del Caucaso. Una piccola chiesa fu eretta sui resti della croce di legno e successivamente l’edificio fu ampliato nella forma attuale.

Dopo la visita al Monastero di Jvari risaliamo sull’autobus ed scendiamo in città per visitare la Cattedrale di Svetitskhoveli. Conosciuta come il luogo in cui sarebbe stata sepolta la tunica di Gesù Cristo, la chiesa è stata per lungo tempo il principale edificio di culto del paese e rimane tuttora uno dei luoghi più venerati della Georgia. L’attuale struttura fu costruita nel corso dell’XI secolo sul sito in cui era stata edificata una prima chiesa nel IV secolo. La cattedrale è spettacolare, con un Cristo Pantocratore che riempie le mura dell’abside ed un grosso ciborio del XVII secolo interamente affrescato. È il luogo più santo della Cattedrale, sotto cui è sepolta una donna di nome Sidonia. Leggenda vuole che nel I secolo un ebreo di nome Elias, tornato da Gerusalemme, portò con se la tunica di Gesù, dopo averla comprata da un soldato romano. La sorella di Elias, Sidonia appunto, appena toccò la tunica fu presa da sgomento e morì sul colpo, stringendo così forte la tunica che fu impossibile separarla da essa. Furono sepolte insieme e sulla tomba di Sidonia crebbe negli anni successivi un enorme cedro che fu tagliato solo nel IV secolo da Santa Nino. Con il legno ricavato dal cedro Santa Nino costruì una chiesa intorno alla tomba di Sidonia, appoggiata su sette colonne. Una di queste però si sollevò da terra e rimase sospesa! Santa Nino allora pregò per tutta la notte finché la colonna non tornò al suo posto. La colonna poi, vuole la tradizione, iniziò a piangere e curò tutti gli abitanti di Mtskheta dalle malattie.

La chiesa è magnifica, piena zeppa di affreschi, tombe, reliquie ed icone. La visitiamo tutta e restiamo estasiati.

Torniamo sul bus e ci spostiamo ad Uplistsikhe, un’antica città scavata nella roccia a 10 km da Gori. Secondo gli archeologi questa location sarebbe uno dei più antichi insediamenti urbani della Georgia. Fu per molto tempo una delle roccaforti del regno, fino al declino causato dalle invasioni mongole. Fatale per le rovine fu il terremoto del 1920, che fece crollare molte parti del complesso, come la volta della chiesa ipogea. Sebbene la maggior parte delle grotte di Uplistsikhe sia priva di decorazioni, alcune delle strutture più grandi del complesso hanno soffitti con delle volte a cassettoni in pietra scolpita a imitazione di tronchi in legno.

Dopo aver visitato la città rupestre ed esserci fermati presso una cantina inserita nel parco archeologico per una veloce degustazione (di giorno, con quel caldo, sarebbe stato meglio evitarla 😬) andiamo a Gori per visitare il museo della casa di Stalin (link qui).

In realtà la città natale di Iosif Vissarionovič Jughashvili, noto prima come Koba e poi come Stalin, ha dedicato al suo figlio più famoso un museo suddiviso in tre sezioni.

La prima consiste in un palazzo con cimeli veri o presunti del dittatore (che non abbiamo potuto visitare per questioni di tempo). La seconda sezione consiste in un padiglione con colonne in stile greco che protegge una casetta di legno. Qui nacque nel 1879 e visse fino all’età di quattro anni Stalin. La piccola struttura è composta da due ambienti al piano terra e di un seminterrato. Il padre di Stalin, Vissarion Jughashvili, un calzolaio locale, affittò la stanza sul lato sinistro dell’edificio e mantenne un laboratorio nel seminterrato. La casetta originariamente faceva parte di un quartiere di abitazioni simili, che fu sgomberato in epoca sovietica per far posto ad alloggi più moderni, a una piazza e al museo. La terza sezione del museo è composta dalla carrozza ferroviaria personale di Stalin. Una carrozza Pullman verde, blindata e del peso di 83 tonnellate, che fu utilizzata da Stalin dal 1941 in poi, comprese le sue partecipazioni alla Conferenza di Yalta e alla Conferenza di Teheran.

Il poco tempo messoci a disposizione da Sasha è dovuto alla distanza che ci separa dalla destinazione finale della giornata:, la città di Akhaltsikhe. Situata a mille metri di altezza ci porta molto vicini al confine con la Turchia.

Alloggiamo all’Hotel Tiflis (link qui) e ceniamo al Ristorante Dubli (link qui).

11 Agosto

Prima tappa della mattina è il Castello di Khertvisi. Il castello è una delle più antiche fortezze della Georgia. Il primo nucleo della fortificazione fu eretta nel II secolo a.C.. Le mura attuali invece risalgono al 1354. In realtà non andiamo a visitare il castello. Lungo la strada esiste un’area di sosta ai piedi della collina su cui sorge il castello stesso. Da lì con un ponte tibetano si attraversa il fiume Kura (sì, è lo stesso fiume che passa a Tiblisi: nasce in Turchia, percorre Georgia ed Azerbaigian e sfocia nel Mar Caspio) e si può ammirare il castello incorniciato nel paesaggio circostante.

Ci spostiamo quindi in una delle location più notevoli del viaggio: la città rupestre di Vardzia.

Vardzia è un monastero rupestre scavato nel fianco del monte Erusheti, sulla riva sinistra del fiume Kura. Fu fatto costruire del Re Tamara nel 1185.

Tamara era una donna ed è considerata tra i più grandi monarchi georgiani, dato che il suo regno vide la conquista di quasi tutti gli stati confinanti di religione musulmana. Tamara usava di proposito il titolo di diritto al sovrano maschio, facendosi appunto chiamare Re. Alla sua morte fu seppellita nel monastero di Gelati a Kutaisi, anche se non è stato ancora individuato il punto preciso.

Successivamente, anche per resistere alle incursioni mongole, la struttura fu ampliata con la costruzione di abitazioni civili, di strutture difensive e di una rete di approvvigionamento idrico. Nel suo momento di massima espansione la città rupestre consisteva di seimila stanze disposte su tredici piani, tutte scavate nella rocce e nascoste alla vista. Tutto finì con il violento terremoto del 1283 che distrusse approssimativamente due terzi della città, espose le stanze alla vista esterna e fece collassare il sistema di irrigazione.

Al momento il monastero è mantenuto attivo da un ristretto gruppo di monaci che fondamentalmente custodisce la Chiesa della Dormizione della Vergine Maria. Una chiesetta ipogea spettacolare, con pareti alte 9 metri che conservano gli affreschi dipinti al momento della sua costruzione con molte scene del Nuovo Testamento e, sulla parete nord, Giorgio III e Tamara prima di sposarsi. Dei tredici piani originari ne sono rimasti accessibili solo 8, collegati da scale e tunnel. Il campanile che si intravede in alcune foto fu costruito successivamente al crollo della parete rocciosa per mantenere attiva la chiesa.

Tornati al parcheggio, pranziamo al ristorantino lì presente. Ci accomodiamo a dei tavolini all’ombra di alcuni alberi, lungo il fiume. Ad uno dei tavolini sta già pranzando un gruppetto di tre georgiani che parlano un po’ di italiano. Stanno mangiando khinkali (ravioli ripieni), hanno delle bottiglie di vino bianco mezze finite ed una bottiglia di plastica che NON contiene acqua. Sono gentili, chiacchieriamo ed insistono per offrirci, dalla bottiglia di plastica che NON contiene acqua, della chacha (grappa a 60 gradi). Poi gentilissimi, prima di andare via, vanno all’interno del locale e ci regalano una bottiglia di vino bianco a tavolo! Poi ci raggiunge Sasha, che ha pranzato all’interno del locale per chiacchierare con gli avventori. Ha una bottiglina da mezzo litro che aveva contenuto acqua, ma che ora contiene la chacha fatta dai proprietari del ristorante (ad 80 gradi).

In tutto lo spazio ex sovietico si beve vodka, spesso a temperatura ambiente e durante il pasto. In Georgia, dove si produce vino, è invece diffusa la grappa, detta chacha. A noi turisti (considerati dai locali astemi 🤪) la servono a 40 gradi. Loro generalmente la bevono a 60 gradi. Poi, quando vogliono bere sul serio, hanno quella ad 80 gradi! L’alcolismo è una piaga sociale marcata. In Russia si stima che metà della popolazione sia alcolizzata. Anche qui in Georgia non perdono occasione per bere superalcolici e per vantarsi di quanto reggano l’alcol – tipo noi quando siamo adolescenti. Sasha, la nostra guida, quando la sera si trova con i suoi connazionali, beve abitualmente. Lo stesso autista del bus beve tre bicchierini di chacha dopo cena “per rilassarsi ed addormentarsi”.

Dopo pranzo ci spostiamo per visitare il Castello Rabati (o Akhaltsikhe, link qui), una fortezza del IX secolo, originariamente chiamata Lomsia (leone). Nata come roccaforte georgiana, resistette all’assalto delle truppe di Tamerlano. Nel 1590 però il territorio fu annesso dall’Impero Ottomano, che lo perse nel 1938 a favore della Russia zarista. La caratteristica unica del castello è avere al suo interno, oltre ai giardini, al maschio e alle strutture tipiche di una fortezza, una chiesa ortodossa, una moschea ed una sinagoga. Completamente restaurato, il castello rivela al visitatore gli elementi caratteristici delle diverse culture georgiana, ottomana, russa, ebraica ed armena sottolinenando la tolleranza religiosa e culturale di questa regione.

Altra tratta in bus e raggiungiamo Kutaisi, la prima capitale della Georgia. Prendiamo le nostre stanze all’Hotel Sani Kutaisi (link qui) ed andiamo a cena in centro, al Ristorante Papavero (link qui). Visto che siamo già lì, dopo cena approfittiamo per fare un giro del centro. C’è molta gente nelle strade e ci godiamo le temperature più basse della sera. Raggiungiamo il Kutaisi Park, su cui si affaccia il Teatro dell’Opera. All’altro capo del parco raggiungiamo Piazza Agmashenebeli, una rotonda al cui centro sorge illuminata la Fontana di Colchis. La fontana, costruita nel 2011, è decorata con modelli ingranditi di gioielli in oro rinvenuti durante gli scavi archeologici nel vicino sito di Vani. Le statue della fontana rappresentano leoni, cervi e cavalli ma il loro aspetto stilizzato e la superficie dorata mi richiamano alla mente il mito di Giasone e del vello d’oro, mito greco ambientato proprio in questa terra.

12 Agosto

Ecco, quel richiamo a Giasone ed al vello d’oro ritorna di prima mattina, mentre carichiamo i bagagli sull’autobus. Nel giardino dell’hotel stanno costruendo la nave degli Argonauti! 🤪

Stamane visitiamo Kutaisi, che si traduce in: visitiamo due monasteri prima e poi andiamo al mercato per immergerci un po’ nella vita locale.

Prima tappa il Monastero di Motsameta, il cui nome vuol dire “luogo dei martiri”. I martiri sono Davide e Costantino Mkheidzes. Nel 735 Marwan ibn Muhammad capeggiò un’incursione araba con lo scopo di soggiogare queste zone. I Mkheidzes furono sconfitti in battaglia e presi prigionieri. Fu concessa loro salva la vita in cambio della conversione all’Islam. Rifiutata la conversione furono torturati, uccisi ed i loro corpi gettati nel fiume Rioni. Leggenda vuole che i georgiani li recuperassero e li seppellissero nel luogo dove ora sorge il monastero. Successivamente i due martiri furono riconosciuti come santi dalla chiesa ortodossa. Il monastero è molto pittoresco, situato sulla cima di un promontorio che svetta sull’ansa del fiume Tskaltsitela.

Il monastero è composto da una chiesa, un campanile, due torri, una recinzione e una casa per i monaci. I corpi di Davide e Costantino sono sepolti nella chiesa, alla sinistra dell’altare.

Ci spostiamo poi al Monastero di Gelati, uno dei principali centri culturali della Georgia medievale. Fu fondato nel 1106 dal più famoso dei re georgiani, Davide II di Georgia, detto “Il Costruttore”. Il monastero era dotato di un’accademia in cui lavoravano i maggiori scienziati del paese, soprattutto teologi e filosofi, molti dei quali prima avevano studiato o lavorato all’estero, soprattutto a Costantinopoli. Tale era la fama raggiunta da questa accademia, che i contemporanei la chiamavano “la nuova Grecia” o “il secondo Monte Athos”.

Il re Davide II (non so perché ma si trova anche come Davide IV 🤷🏻‍♂️) è considerato il restauratore del Regno di Georgia per essere riuscito a scacciare gli invasori selgiuchidi e per aver attuato profonde riforme in campo militare ed amministrativo. Grande sostenitore della Chiesa e della religione cristiana, venne canonizzato dalla Chiesa ortodossa georgiana. Alla sua morte, come era nelle sue volontà, venne seppellito sotto una pietra posta all’ingresso principale del monastero di Gelati, in modo tale che chiunque entrasse in quel luogo fosse obbligato a posare il piede sulla sua tomba, dando così dimostrazione di profonda umiltà.

Il monastero ospita tre chiese: la chiesa della Natività e due chiese più piccole, la chiesa di San Nicola e quella di San Giorgio. Le chiese sono decorate con affreschi che risalgono per lo più ai secoli XVI e XVII ed ospitano numerose tombe reali, tra cui quella del Re Tamara e varie dei sovrani della dinastia Bagrationi.

La dinastia dei Bagrationi fu una delle dinastie più importanti nella storia della Georgia ed esercitò il suo influsso su questa regione a partire dal primo Medioevo fino al XIX secolo. Con l’occupazione zarista la dinastia perse il trono ma si trasformò in una importante famiglia dell’aristocrazia russa. La figura più famosa di questa seconda fase fu il principe Pyotr Bagration, generale dell’esercito imperiale, che si distinse nelle guerre napoleoniche. Del generale, sul lungofiume a Tiblisi, esiste anche una statua a cavallo. Il suo nome fu utilizzato durante la II Guerra Mondiale dall’Armata Rossa per l’operazione che portò alla distruzione del Gruppo Armate Centro della Wehrmacht e che consentì all’esercito russo di riconquistare la Bielorussia e di raggiungere la Vistola.

Prima di lasciare il monastero accettiamo di assistere ad una rappresentazione di un gruppo musicale folkloristico che canta per noi alcune canzoni tipiche georgiane.

Torniamo in centro a Kutaisi – così vediamo anche di giorno la Fontana di Colchis e ci spostiamo al mercato. Situato vicino il Ponte Rosso, il mercato coperto conserva una tipica facciata decorata in epoca sovietica. Nel mercato si vende di tutto: frutta, verdura, abbigliamento, dolci.

Dopo averlo girato ed aver fatto qualche acquisto di cibarie e dolciumi, attraversiamo il fiume Rioni sul Ponte Rosso ammirando l’architettura tradizionale delle case che si affacciano sulle sponde del fiume.

Lasciando in autobus la città passiamo davanti il Palazzo del Parlamento Georgiano (o meglio ex palazzo del parlamento). La struttura avveniristica fu progettata dall’architetto Alberto Domingo Cabo e fu voluta dal Presidente Mikheil Saakashvili per stimolare l’economia della seconda città del paese, decongestionando al contempo in parte Tiblisi. Ospitò il Parlamento dal 2012 al 2019, per poi essere abbandonato quando in quell’anno il nuovo governo decise di riportare a Tiblisi la sede del Parlamento.

Ci aspetta un lungo viaggio, più di 200 km, per lasciare la regione dell’Imereti, attraversare quella di Samegrelo e salire fino a 1500 metri sul Caucaso nello Svaneti.

A metà strada ci concediamo una sosta alle Cascate Delpak. Appena superato il tornante dopo lo spiazzo dove sono le cascate la vista si apre sull’invaso creato dalla Diga di Enguri. Costruita in epoca sovietica con i suoi 272 m è la quarta diga più alta del mondo, la seconda tra quelle ad arco in calcestruzzo, e da vita ad un enorme invaso lungo ben 30 km.

Arrivati a Mestia prendiamo le nostre stanze all’Hotel Chubu (link qui) che ci fornisce anche una cena a buffet.

13 Agosto

Oggi lasciamo a riposo il nostro autobus ed il nostro autista, perché la meta odierna richiede dei 4×4 per essere raggiunta. Abbiamo un suv e due pulmini, che ci recuperano davanti il nostro albergo.

La nostra prima tappa è la Torre dell’Amore. Ora… una premessa sulle torri dello Svaneti. Le case nei villaggi dello Svaneti erano troppo distribuite nel territorio per poter essere inglobate all’interno di mura difensive, e quindi ogni casa ha dovuto attrezzarsi per diventare una vera e propria fortezza a se stante. Le case-torri erano quindi contemporaneamente abitazioni e rocche fortificate a difesa dei proprietari, dei loro animali e dei loro beni. La maggior parte di queste case-fortezza risale al IX-XII secolo.

Nel caso di questa torre solitaria si aggiunge anche una leggenda a darle il nome di Torre dell’Amore. C’era una volta una giovane coppia felice di sposini. Arrivò la guerra ed il giovane marito, andato a combattere, morì. La moglie, disperata, non volle credere alla notizia e si fece costruire dal padre questa torre. Vi si rinchiuse dentro e qui morì aspettando il ritorno del suo amato.

Entriamo nella torre e saliamo per i suoi quattro piani, arrampicandoci sulle sue strette scale a pioli. All’interno le stanze sono tutte in penombra, scarsamente illuminate da strette finestre.

Ripresa la marcia raggiungiamo la nostra agognata meta: Ushguli. Siamo a 2000 metri in quello che si vanta essere il villaggio più alto d’Europa (con buona pace delle cartine che posizionano la Georgia in Asia con la catena montuosa del Caucaso a fare da confine tra i due continenti 🤷🏻‍♂️). Ushguli conta 37 torri e 70 famiglie, suddivise in quattro agglomerati. Buona parte delle abitazioni è adibita a b&b.

Iniziamo la nostra visita dalla zona più in alto del villaggio, quella dove sorge la Chiesa di Lamaria. Davanti a noi troneggia il Monte Shkhara, che con i suoi 5.200 m è il più alto della Georgia. Dal suo ghiacciaio nasce il fiume Enguri, quello della diga. Entriamo nel recinto che circonda la chiesa e subito veniamo accolti da un truculento racconto che ben caratterizza il carattere degli abitanti di Ushguli. Questa regione faceva parte del regno di Georgia, però non era sotto il dominio di nessuno. Ad un certo punto un uomo molto abile in battaglia cercò di acquistarne il dominio. La gente del villaggio lo accolse amichevolmente ed organizzò un banchetto in questo spiazzo, facendogli bere molto vino. Una volta che fu ubriaco, lo uccise sparandogli da un piccolo buco di questo muro.

La Chiesa di Lamaria (o della Madre di Dio) risale al IX o X secolo. La caratteristica delle chiese dello Svaneti è che recavano affreschi anche sulle mura esterne. Se anche questa chiesetta ne avesse avuti, non si sono preservati. Visitiamo ovviamente la cappella, dove invece gli affreschi sono presenti e sono molto belli.

Dopodiché scendiamo verso valle attraversando il villaggio che tanto ci ricorda il nostro San Gimignano. Ci racconta Sasha che il benessere di questa zona era legato all’essere il salvadanaio dei nobili georgiani. Remota, difficile da raggiungere, fortificata, conservava parte delle ricchezze dei nobili così da preservarle dalle razzie dei nemici. Sasha ci racconta anche che lungo il corso del fiume Enguri c’era l’abitudine di setacciare il limo con la pelle di pecora in cerca di pagliuzze d’oro. Questa tradizione avrebbe dato vita al mito del vello d’oro cercato da Giasone e compagni.

Pranziamo al Cafè Koshki (link qui) e torniamo a valle per poter visitare il Museo Etnografico dello Svaneti (link qui) a Mestia. Qui Sasha supera se stesso, lasciandoci a bocca aperta. Letteralmente dà prova di conoscere tutti i reperti esposti, sapendoci dire qualcosa praticamente su ogni icona od oggetto.

Scopriamo per esempio che qui le icone sono dipinte direttamente sul legno. E che, al contrario che nel resto della Georgia, qui in Svaneti gli artisti firmavano le icone, richiedendo una preghiera per loro. In Svaneti i personaggi delle icone hanno menti allungati. Un po’ perché è una caratteristica fisionomica di queste genti, un po’ per giustificare la barba. Le fronti invece sono sempre rappresentate piccole. Questo perché qui è diffuso il cappello svani che si porta calato fin sulle ciglia. Protegge dal vento e dall’acqua – e quindi previene la sinusite. Nelle rappresentazioni i capelli prendono il posto del cappellino e quindi le fronti sono rappresentate piccole. Ovviamente non riesco a prendere appunti su tutto quello che ci racconta, ma sono restato veramente impressionato dalla cultura di Sasha.

C’è anche una mostra fotografica di Vittorio Sella, che effettuò tre spedizioni sul Caucaso nel 1889, 1890 e nel 1896. Le foto sono spettacolari, rendendo veramente l’idea di quella che era la vita dei pastori di questi villaggi.

14 Agosto

Tocca tornare a Tiblisi ed impiegheremo tutto il giorno per farlo. Effettuiamo una sosta culturale per visitare la Chiesa di San Giorgio ed il suo Monastero ad Ubisa, dove un pope molto amichevole si fa fotografare con piacere insieme a noi. Il monastero fu fondato nell’820 d.C. e gli affreschi all’interno della chiesa sono uno dei migliori esempi della cosiddetta pittura religiosa in stile Paleologo, eseguite nel XIV secolo dall’artista Gerasim, rappresentante della scuola artistica locale.

Arrivati a Tiblisi riprendiamo posto al Biography Tbilisi e ceniamo al Ristorante Bread House (link qui).

15 Agosto

Oggi percorriamo al Strada Militare Georgiana. Questa strada corre tra Tiblisi (Georgia) e Vladikavkaz (Russia) e segue il percorso tradizionale utilizzato dagli invasori e dai commercianti nel corso dei secoli.

La nostra prima sosta è per ammirare l’invaso generato dalla Diga di Zhinvali – un posto zeeeeeeppo di bancarelle e location arredate da fiori e cuori per foto instagrammabili.

Più interessante la tappa successiva, la Fortezza Ananuri. Il complesso, che affaccia anch’esso sull’invaso Zhinvali, consiste di due castelli uniti da un muro di cortina merlato. All’interno del complesso, tra gli altri edifici, spiccano due chiese.

Dopo aver visitato le chiese, torniamo a bordo del nostro bus per raggiungere il Monumento all’Amicizia dei Popoli di Russia e Georgia (o Panorama Gudauri). Questo è un monumento realizzato dall’artista Zurab Cereteli ed inaugurato nel 1983 per celebrare il bicentenario del trattato di Georgievsk e l’amicizia tra i popoli della Repubblica Socialista Sovietica Georgiana e della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. È costituito da una grande struttura semicircolare in pietra e cemento. La parete interna del monumento è decorata con un grande murale di piastrelle decorate che raffigurano alcune scene della storia della Georgia e della Russia.

Proseguiamo e svalichiamo il Jvari Pass a 2395 m per fermarci poco dopo al Travertine Mineral Springs, una sorgente di acqua ferrosa che percola sulla roccia al lato della strada.

Raggiungiamo finalmente Stepantsminda, a 15 km dal confine con la Federazione Russa. Anche qui lasciamo il nostro bus per delle auto che ci portano velocemente fin su alla Chiesa della Trinità di Gergeti, a 2170 metri. La sua posizione isolata, sulla cima di una ripida montagna, circondata dalla vastità del paesaggio naturale ha reso la chiesa un autentico simbolo della Georgia. Fu costruita nel XIV secolo e, a causa della sua posizione remota ed isolata, nei momenti di pericolo accoglieva le preziose reliquie custodite a Mtskheta.

La sera a Tiblisi l’agenzia Omnes Tour ci offre una cena nel Ristorante Mravaljamieri (link qui), dove alle portate si alternano balli folkloristici georgiani (ai quali ovviamente ci uniamo anche noi 😎).

16 Agosto

Mattina libera a Tiblisi, con obbligo di essere di ritorno in albergo per ora di pranzo per andare in aeroporto. Mi unisco al gruppo che vuole visitare il Museo Nazionale Georgiano. Interessante la sezione dedicata all’occupazione sovietica e alla storia del movimento di liberazione nazionale della Georgia

Di ritorno tagliamo per una via più interna rispetto al lungofiume, cosa che ci permette di apprezzare un po’ di brutalismo architettonico sovietico. Cosa che non guasta mai 🤪