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2007

Hawaii

Casio Exilim

Intanto una premessa. Che le Hawaii siano il paradiso non è uno slogan pubblicitario degli anni ’40. Sono l’unico posto finora, insieme a Manhattan, dove ho mai pensato di poter vivere fuori dall’Italia. Un po’ costoso come paradiso certo… Ma sicuramente più economico dell’East Side di Manhattan 😂 e forse più completo come varietà di paesaggi 😎 C’è la metropoli, Honolulu, con tutti i servizi di cui potremmo avere bisogno. C’è il mare con le sue lunghissime spiagge. Ci sono le giungle lussureggianti, tanto che serie tv come Lost o film come Indiana Jones sono stati girati in quelle isole. Ci sono le montagne, in realtà vulcani spenti che arrivano anche a raggiungere i 4000 metri. E c’è il vulcano ancora attivo di Big Island, il Kilauea, con un paesaggio così particolare ed unico da lasciare col fiato mozzato.

Un viaggio di ventitré giorni dalla parte opposta della Terra rispetto all’Italia. Le Hawaii infatti hanno esattamente una differenza di dodici ore di fuso orario rispetto a noi. Quando qui è notte, lì è giorno. Quando ci alziamo la mattina in Italia, il nostro “oggi” lì è ancora “ieri”. E’ una cosa molto divertente quando la vivi.

27 luglio

Dopo un primo scalo ad Amsterdam, abbiamo viaggiato con la Korean Air, la compagnia di bandiera della Corea del Sud. Due lunghe tratte: da Amsterdam a Incheon (Seoul) e da Incheon ad Honolulu. Dall’Italia è indifferente passare dall’America o dall’Asia per raggiungere le Hawaii, tanto la distanza è la stessa. Di fatto se ne vanno due giorni di viaggio ed è preferibile trascorrerli a bordo della Korean piuttosto che a bordo di una compagnia statunitense, dove il servizio a bordo tradizionalmente non ha mai brillato. Quando ripresi la Korean due anni più tardi per andare alle Fiji, anche i loro standard erano in calo. Ma vi assicuro che nel 2007 era strepitosa. Il personale era molto attento alle esigenze dei passeggeri, a parer nostro anche per una diversa impostazione culturale. Comunque sia le hostess erano sempre su e giù per i corridoi, tanto che le avevamo ribattezzate le api operaie. Non solo le copertine che fornivano erano molto grandi, ma anche in economy erano previste mascherina per gli occhi, spazzolino e dentifricio monodose, calzini. Le api operaie erano così attente ai passeggeri che rimasi molto colpito quando, sonnecchiando, vidi una di loro rimboccare la copertina ad un passeggero. A bordo i pasti erano a scelta: internazionale o coreano. Il pasto coreano prevedeva alghe ed altre cose che tipiche di quei luoghi.

28 luglio

L’aeroporto di Incheon fu una sorpresa. Pulito, arioso, concepito per avere posti sufficienti per far riposare i passeggeri in transito. Anni dopo vidi il tanto decantato aeroporto di Dubai, dove è sicuramente possibile comprare una cover in oro per il cellulare o un set completo di mazze da golf. Ma dove non è così facile trovare un posto dove sedersi per riposare.

29 luglio – Ohau

Arrivammo ad Honolulu dopo pranzo, verso le 15. Subito due intoppi, per non farsi mancare nulla ed iniziare in maniera più interessante il viaggio. Quattro di noi vengono fermati dalla sicurezza: io ed un altro amico fummo fermati per spiegare meglio il nostro lavoro. Dire che si lavora per un’industria farmaceutica mette in allarme gli agenti di frontiera. Se poi spieghi che sei un drug seller allora tutto torna a posto. Un’altro componente del gruppo fu fermato perché aveva dichiarato di essere un agronomo. In realtà dopo il diploma aveva intrapreso la carriera dell’insegnamento. Buon per lui perché i farmer hanno una procedura particolare per l’ingresso negli Stati Uniti. Chiarito l’equivoco anche lui viene rilasciato. All’ultima persona invece in uno degli scali avevano rotto la rilegatura del passaporto e gli agenti volevano chiarimenti sulla questione. Una volta rilasciati raggiungiamo gli altri al ritiro bagaglio. Dove manca un bagaglio!!! Scopriamo che è rimasto ad Amsterdam. Ci raggiungerà dopo una settimana a Big Island. Per fortuna che siamo in un posto caldo e con un costume e due magliette si tampona tranquillamente il problema.

Superate le traversie iniziali, finalmente siamo arrivati a destinazione e la nostra avventura può finalmente iniziare. Intanto sfatiamo un mito. Gli aeroporti hawaiani non sono pieni zeppi di belle donne sfaccendate che non vedono l’ora di appendere collane di frangipane al collo dei turisti. Se alloggiate in un hotel che prevede l’accoglienza, allora le troverete. Anche se vorrete pagarne qualcuna per una foto ricordo, la troverete. Alla peggio ci sono delle macchinette automatiche che anziché snack elargiscono collane di fiori. I prezzi esatti non li rammento, ma mi è rimasta la sensazione che fossero molto care. Lasciato l’aeroporto prendiamo le stanze nel nostro alberghetto a Waikiki, un posto decente ma misero, soprattutto se confrontato col vicino e lussuosissimo Hilton, che potete rimirare qui sotto.

Quando Honolulu era una piccola cittadina, Waikiki era una spiaggia incantevole. Qui sotto potete vedere un’immagine del 1940. Calcolate che tutto quello che vedete dai vecchi alberghi a Diamond Head (l’enorme cratere sullo sfondo) ora è zeppo di abitazioni.

Mi sembra di ricordare che ben il sessanta per cento della capacità ricettiva delle Hawaii sia concentrata a Waikiki. I grattacieli svettano ovunque e il mare non è quello che ti aspetteresti in un posto così decantato. Per legge non possono esserci attività commerciali sulle spiagge delle Hawaii. Visiteremo quattro isole nel nostro viaggio ed esclusi gli alberghi di Waikiki, costruiti proprio sulla spiaggia, e un resort a Big Island non vedremo un solo stabilimento balneare. In compenso lo stato garantisce, a distanze prefissate, bagnino, bagni (con carta igienica), fontanelle con acqua potabile e docce. Ma questo lo scopriremo nei giorni successivi. Disfatti i bagagli e messi i costumi scendiamo in spiaggia per un po’ di meritato relax. Dopodiché un po’ di vita notturna per Waikiki. Pay attention, please: qui si cena presto. Dalle 17 alle 20. Alle 20 le porte dei locali vengono chiuse. Chi è dentro viene comunque servito. Ma chi rimane fuori rischia di non cenare. A Waikiki in realtà si trovano molti locali che servono pietanze fino a mezzanotte, ma è un’eccezione. Durante il viaggio spesso restavamo in spiaggia fino al tramonto, andavamo a cena e solo dopo cena tornavamo a casa per le docce. Alle Hawaii la lingua corrente è l’inglese. L’hawaiano è parlato da poche persone. A parte tre parole che hanno sostituito le corrispettive inglesi. Aloha prende sempre il posto di hallo. Mahalo prende sempre il posto di thank you. Per dire benvenuti invece si usa quasi sempre l’inglese welcome, ma a volte potrete trovare la formula hawaiana E Komo Mai.

30 luglio

Giornata di defaticamento dopo i due giorni di aereo: si va a Pearl Harbour. La fila sembra lunga, ma si entra a gruppi – il sacrario è nel mezzo della baia e debbono riempire i battelli. Fatto il biglietto si è liberi di aspettare l’orario di partenza del proprio battello o di visitare un sottomarino risalente alla Seconda Guerra Mondiale. Ovviamente approfittiamo per visitare il sottomarino.

Prima di farci salire sui battelli, ci fanno assistere ad un breve documentario che spiega come non siamo in un luogo di divertimento ma in un luogo dove sono morte tragicamente moltissime persone. Il sacrario è stato costruito proprio nel mezzo della baia, esattamente sopra il relitto dell’Arizona, la corazzata la cui Santa Barbara esplose durante il bombardamento uccidendo in un sol colpo tutti gli uomini dell’equipaggio. Navigando verso il sacrario si nota come in acqua siano ancorate le sagome delle altre corazzate e ci si rende conto di quanto fossero addossate l’una con l’altra. Una cosa che nessun film riesce a rendere. Dev’essere stato veramente terribile trovarsi qui quel giorno di così tanti anni fa.

In rada è ancorata la corazzata Missouri, la nave sulla quale l’Impero Giapponese firmò la resa incondizionata che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale. Non più operativa è ormai un museo liberamente visitabile.

Non paghi della visita a Pearl Harbour decidiamo di prendere l’autobus per raggiungere il cratere di Diamond Head. Diamond Head tecnicamente è una base della Guardia Nazionale, la fortezza posta a difesa di Honolulu in caso di un’invasione – roba dei tempi della Guerra Fredda. La cima del cratere però è un parco naturale ed è visitabile. Ma siamo negli Stati Uniti e alle 17,00 gli uffici pubblici chiudono! Noi arriviamo troppo tardi ed appunto troviamo chiuso. Ragion per cui torniamo a Waikiki a goderci il tramonto in spiaggia.

31 luglio

E’ ora di abbandonare Honolulu e ti tuffarsi nel mondo da cartolina per cui abbiamo affrontato così tante ore di volo. Oahu è un’isola ben servita dai mezzi pubblici, per cui prendiamo un autobus e andiamo verso la punta nord dell’isola. Pay attention, please: gli autobus hanno l’aria condizionata. Rischiate di morire di freddo o di prendervi una bronchite 🙁 Quindi conviene avere sempre una felpa nello zaino.

Prima tappa Turtle Bay. Ehm… ancora nulla di che… un po’ di sole, piccolo bagno… sono perplesso… riprendiamo l’autobus. Scendiamo lungo la strada, la Kamehamea Highway, alla fermata di Sunset Beach. La spiaggia non si vede perché è dopo un lussureggiante palmeto. Attraversiamo allora il sentiero immerso nel verde e… il paradiso!

Ora si che si ragiona! Sunset Beach è l’inizio della Pipeline, una serie di spiagge che finiscono con quella di Banzai e che in inverno sono famose per i surfisti (come molte altre qui alle Hawaii). Di fronte a questo spettacolo improvviso e mozzafiato la corsa in acqua è immediata ed incontrollata. Come vi accennavo l’unica cosa che si trova sulle spiagge, oltre ai servizi essenziali, sono delle case private. Invidia pura! I palmeti abbondano, per cui nessuno si porta l’ombrellone. Basta ritirarsi sotto l’ombra delle palme per godere di un po’ di refrigerio – e se dovesse cadere una noce di cocco, alla fine qui è un buon posto per morire… Pay attention, please: portatevi da mangiare in spiaggia. Trovare un posto dove comprare un panino può essere una missione impossible! Decidiamo di farci una passeggiata fino a Banzai Beach per riprendere l’autobus da lì. Grave errore: siete all’equatore e camminare sotto il sole all’ora di pranzo può essere devastante…

Sopravvissuti alla Pipeline ci spostiamo a Waimea Beach. Waimea è indubbiamente uno dei posti più belli di Oahu. Il mare è cristallino e la spiaggia stupenda è divisa in due dalla foce di un fiumiciattolo. Alle sue spalle, risalendo il corso del fiume stesso, si visita uno spettacolare giardino botanico che termina con un laghetto. Il laghetto forse è la cosa meno bella, ma un bagno anche lì non ce lo leva nessuno.

Al tramonto ci stendiamo sulla spiaggia di Waimea e… comprendiamo subito il perchè sulle targhe delle auto lo Stato della Hawaii venga chiamato The Rainbow State. Esistono queste simpatiche nuvole solitarie che, cariche d’acqua e sospinte dal vento, ti inzuppano da un momento all’altro e poi scompaiono lasciando di nuovo spazio al sole. Che gioia però nel tardo pomeriggio salire bagnati fradici su un autobus con l’aria condizionata a palla per tornare all’imbrunire ad Honolulu… grrrr

1 agosto

Fallita la prima escursione a Diamond Head, ci alziamo presto per scalare di prima mattina il cratere. Solito problema dell’autobus congelato… scopriamo che la piccionaia è l’unico posto dove sopravvivere: i sedili in fondo sono a ridosso del motore e fa meno freddo. Il sole picchia e la scalata è abbastanza pesante. Comunque ne vale la pena. Qui sotto avete la vista su Waikiki.

Bene. A questo punto siamo di nuovo pronti per il mare e ci spostiamo ad est, vicino Kailua. Sebbene non sia la stagione del surf cercavamo un po’ di onde e ci dicono che in questa stagione su quel lato dell’isola il mare sia più promettente.

In effetti è vero. Per non essere la stagione giusta per il surf a Kailua ci si diverte con dei bei cavalloni.

2 agosto – Big Island

E’ ora di lasciare Oahu per Big Island. In realtà Hawaii è il nome dell’isola maggiore dell’arcipelago. Ma avendo poi dato il nome all’intero arcipelago orami tutti la chiamano Big Island.

Dal finestrino rivedo Waikiki e Diamond Head. Colpisce vedere con comodo dall’alto un posto dove il giorno prima arrancavi… Atterriamo nel capoluogo di Big Island, Hilo. Qui e sulle successive isole avremmo sempre delle auto a nolo. Che dite? avevamo preso un po’ di sole ad Oahu? 😜

Prendiamo posto in un alberghetto… strano… materassi rivestiti di cellophane… nolo di video hard al piano terra… ma dove siamo finiti?!? Vabbè! Ci dobbiamo dormire solo una notte, non è il caso di farsi troppi problemi! Con le auto infatti faremo il giro di Big Island, dormendo ogni sera in un albergo diverso. E comunque ve lo anticipo: gli altri alberghi saranno meglio, mooolto meglio di questo. Approfittiamo del pomeriggio per salire sul Mauna Kea. Ora, noi non è che avessimo ben presente dove stessimo andando. Sei alle Hawaii. Fa caldo. Sei rilassato. Sei a bordo di un suv americano, con il climatizzatore che mantiene la temperatura sempre costante. Le vie sono sempre dritte. Ti dicono: muoviti che dobbiamo andare qui! e tu, che sei alla guida, prendi e vai senza pensarci troppo…

Tu chiacchieri. Ti distrai… poi arrivi e scendi. E sei ancora in maglietta e costume. Ma sei a duemila metri con un freddo cane ed il vento che ti taglia in dueeeeeee

Il Mauna Kea è un vulcano alto ben quattromila metri e alla sua sommità ospita un famoso osservatorio astronomico. A metà altezza c’è un rifugio da dove sono gestite in remoto le apparecchiature poste sulla sommità del monte. C’è anche un bar con merchandising tra cui delle provvidenziali felpe! Acquistate a man bassa dal gruppo!

3 agosto

Iniziamo il periplo dell’isola percorrendo la Peepekeo Scenic Drive, una via panoramica molto suggestiva. La prima tappa è allo Hawaii Tropical Botanical Garden.

Guardando la mappa sopra approfitto per una digressione. Pay attention, please: la lingua hawaiana ha un pregio, si legge come si scrive. Ma ha anche un difetto. Sebbene abbia le nostre stesse vocali, utilizza meno consonanti. Il risultato è che i nomi alla fine si ripetono. Waimea per esempio è un toponimo che esiste in tutte le isole. Ad Oahu è una località sul mare, a Big Island è una cittadina in una zona desertica dell’interno, a Kawai è un enorme e spettacolare canyon. Quando nominate un posto nelle Hawaii, aggiungete sempre l’isola in cui si trova, così da evitare confusione. Ma torniamo all’Hawaii Tropical Botanical Garden. Un giardino botanico spettacolare. Creato da Dan Lutkenhouse e dalla moglie e donato allo Stato della Hawaii, il giardino botanico è costellato da vari sentieri immersi un una vegetazione rigogliosa. Per gli amanti delle piante è una meta obbligatoria. Io sono rimasto invece molto colpito dalla leggenda che circonda questi due scogli. Era riportata su una targa su un viewpoint e ve la riporto per come la ricordo.

La leggenda racconta che nella valle di Onomea, dove sorge il giardino botanico, vi fosse un villaggio. Ed in questo villaggio ci fosse una coppia di giovani amanti. Tutto andava per il meglio quando un giorno comparvero all’orizzonte le navi di una tribù nemica, pronta a sbarcare per saccheggiare il villaggio. Gli abitanti chiesero consiglio allo sciamano. Questi interrogò gli dei ed il loro responso fu che due persone del villaggio si sarebbero dovute sacrificare per la salvezza di tutti. Lo sciamano disse che quella sera tutti dovevano restare chiusi nelle loro capanne e che solo i volontari dovevano scendere sulla spiaggia. I due giovani amanti decisero di sacrificarsi e seguirono le istruzioni dello sciamano. Il giorno dopo di loro non c’era più alcuna traccia ma nel mezzo della baia erano sorti dal nulla questi due scogli che avevano cambiato le correnti ed impedito lo sbarco dei nemici. Lasciato il giardino botanico siamo andati alle Akaka Falls e da lì alla Waipi’o Valley.

Una precisazione da qui in avanti. Le Hawaii sono strapiene di splendidi giardini botanici e di fantastiche cascate. Sono veramente molto belli. Solo che dopo una ventina di giorni – come dire – uno si satura di fiori e cascate. Le Akaka sono molto belle e valgono la sosta. Ma quel giorno per me la vera meraviglia fu Waipio.

Waipio è stata la prima spiaggia nera della mia vita. Abituato alle spiagge dorate del tirreno o a quelle fatte di scogli, non ero mai stato sulla spiaggia di un’isola vulcanica.

La discesa è ripidissima e solo i mezzi 4×4 sono autorizzati a scendere. Noi lo facciamo a piedi. Il mare è pieno di sassi e scogli, per cui niente bagno. Dopo aver preso un po’ di sole ed esserci riposati ed aver fatto un’immancabile partita ad Uno (giocheremmo ad Uno dall’inizio alla fine del viaggio, peggio di una droga!) chiediamo un passaggio a qualche pickup per risalire – e per sfuggire al solito temporale passeggero delle Hawaii. Dormiamo ad Honokaa, forse al Honokaa Club. Ricordo solo che era l’alberghetto più antico del posto, tutto in legno. E che a colazione avevamo dei mango favolosi. La signora che ce li serviva era vietnamita e ci fece provare una spezia del suo paese, una polverina da spargere sui mango che li rendeva ancora più buoni. Ma è passato troppo tempo perché io possa ricordare di più…

4 agosto

Dopo la colazione di cui serbo ancora il ricordo, ci avviamo ad un’altra turtle beach. Eh si, perché le acque delle Hawaii sono piene zeppe di tartarughe marine.

Il posto non lo ricordo, però amo ricordare la mia casa ideale. la vedete sopra. Immaginate di fronte a voi un breve sentiero sugli scogli (da cui scatto la foto) e subito un mare azzurro. Vetrata, poltroncine, amaca. Che vita!

A questo punto ci spostiamo al Pu’ukohola Heiau National Historic Site, che è quello sotto, ovviamente approfittando per qualche bagno prima e dopo…

Fondamentalmente il sito consiste del basamento di un tempio (lo vedete). Il tempio era in legno e non ne è rimasto nulla. Ed in più c’è una ricostruzione di un villaggio di pescatori. Perché il sito è importante? Ok. Ora mi tocca parlarvi di Kamehamea I il Grande, primo re delle Hawaii. Kamehamea secondo me aveva sviluppato un brutto carattere a causa della lunghezza del suo nome. Sicuramente sarà cresciuto pieno di complessi e li ha sfogati verso i suoi parenti appena ne ha avuta l’occasione. E l’occasione arrivò quando divenne re della sua tribù. Decise di erigere questo tempio dedicato agli dei ed all’inaugurazione invitò altri capi delle tribù di Big Island. Molti dei quali suoi parenti. E li massacrò. Iniziò così il cammino di conquista che portò Kamehamea ad unificare Big Island prima e a conquistare le altre isole dell’arcipelago poi. Proseguiamo per spiagge e valli fino a Kona. Kona è famosa per il caffè. Ovviamente l’abbiamo provato. Rispetto alla sciacquatura di piatti che trovi in giro per il mondo in effetti è già un passo avanti. Non avendo però con noi una moka non posso dire se sia veramente buono.

La città è piccolina e sonnacchiosa – come tutte quelle delle Hawaii. La chiesa lignea di St. Peter merita una visita. E’ una zona più turistica, con vari resort sulla spiaggia. Ricordo che mi son trovato bene a Kona. E’ un posto che mi trasmetteva serenità.

5 agosto

La mattina facciamo sosta al Pu’uhonua o Honaunau National Historical Park – va bene che l’hawaiano si pronuncia come si scrive ma a volte è difficile lo stesso!!!

Un’oasi stupenda di pace. Da lì proseguiamo diretti a South Point, la punta più meridionale di tutto l’arcipelago. Da Kona in poi ormai la natura recente dell’isola è molto evidente, con colate laviche molto evidenti che arrivano in mare.

La sera entriamo nel parco del vulcano Kilauea e raggiungiamo la nostra casa a 1000 metri.

Giardino lussureggiante, vasca idromassaggio sul patio, dondolo… Non volevamo più andarcene via! Perdiamo tempo tra idromassaggio, docce e relax pensando di non fare la spesa e di comprare una pizza per cena. Ancora ricordo che la pizza era talmente cattiva che alla fine non l’ho neanche finita…

6 agosto

Andiamo a vedere la caldera spenta del vulcano. Nella vita bisogna essere fortunati. E noi questa volta non lo siamo stati. Il Kilauea è un vulcano attivo. Da anni aveva queste due colate di magma che cadevano in mare. Una settimana prima della nostra partenza le due colate si sono chiuse e si è aperta una nuova bocca. I ranger ci hanno spiegato che al momento si era creato un lago di lava ed erano in attesa che la lava trovasse la sua via per il mare. La lava delle Hawaii è molto fluida e corre velocemente, riuscendo a sopravanzare e circondare facilmente un uomo. Ragion per cui la zona era off limits. L’unica possibilità di vedere il lago di lava sarebbe stato con un aereo da Hilo. Bloccati anche i sorvoli con gli elicotteri per le forti correnti generate dal calore del lago di lava. Nulla da fare quindi, niente lava per noi. Ma anche la parte spenta del vulcano è veramente eccezionale.

La vegetazione intorno alla caldera è lussureggiante, mentre la piana è priva di verde. La lava solidificata è piena di aria, intrappolata a causa della consistenza molto liquida della lava calda, e risulta leggerissima. Potrei parlavi per ore della caldera, ma è un paesaggio in cui bisogna camminare per percepirne la bellezza.

Come vi dicevo questa lava è molto liquida e spesso scorre sotto terra in dei tunnel detti lava tube. Può scorrere per chilometri così e, quando d’improvviso il flusso si interrompe, il livello della lava cala velocemente arrivando a solidificarsi sul fondo, creando quindi una specie di pavimento abbastanza regolare. Quello che vedete su è un breve tratto visitabile. Noi poi armati di torce abbiamo percorso un lungo tratto per conto nostro. Molto, molto bello.

Sopra vedete un’antica colata che era andata dritta a mare, lasciando intatti i boschi sui lati.

L’arco di lava che vedete sopra era un getto di lava che sgorgava da un lava tube. Chiusosi improvvisamente il getto, la lava è solidificata man mano dando vita all’arco.

La vecchia via girava intorno all’isola lungo la costa. Quella attuale passa alle spalle del Kilauea…

7 agosto

Il giorno dopo ci avviamo verso Hilo. La prima sosta la facciamo in un posto dove creano bonsai.  

Ricordo due cose di quel posto. Il signore che ci faceva da guida che ci spiegava che spesso i bonsai non attecchiscono nelle nostre case perché scegliamo varietà di piante diverse da quelle che possono vivere alle nostre latitudini. Ci facciamo guidare dall’estetica senza considerare che se una pianta necessita di un certo clima, ne avrà bisogno anche se di dimensioni ridotte. L’altra cosa era che lì assemblavano delle strane palle con degli strani gamberetti… avevo visto il mio microcosmo prima che ne sentissi parlare e lo comprassi!!!

Seconda tappa il Lava Tree State Park. Avete una sensazione di deja vù guardando gli alberi della foto sopra? Tranquilli, li avete già visti. Jurassic Park, quando i bambini si perdono e trovano le uova di dinosauro. Dormono col professor Grant sugli alberi e la mattina sono svegliati dai brontosauri. La passeggiata è molto bella tra alberi pietrificati e vegetazione lussureggiante.

Ma un bagno in acqua termale che non lo fai?!? 😜

8 agosto – Maui

Lasciamo Big Island per Maui. Arriviamo nel pomeriggio e troviamo una comoda sistemazione in un paio di bungalow fronte mare. Aggiungiamo alla nostra fornitura di auto anche una Harley Davidson.

A quel punto… mare. Troviamo una spiaggia attrezzata di rete da beach volley. Partita, bagno, due chiacchiere…

Primo aneddoto: siamo sulla spiaggia che tentiamo di organizzare i successivi giorni a Maui. Immaginateci in piedi, in circolo. D’improvviso in mezzo a noi compare un signore. Volto giovanile, capelli bianchi, avete presente quelle persone che trasmettono calma? Ecco, una di quelle persone. Costui, in perfetto italiano: “fumate, fate chiasso: Italiani. Vi riconosco ovunque”. E noi: “Buonasera! Come sta?”. Insomma, gentilissimo ci spiega dove poter cenare, dove converrebbe andare, ecc. Alla fine gli facciamo: “Scusi, ma lei come si chiama?”. E lui: “Shaido”. E noi: “E il nome italiano?”. Lui: “Quello è morto da tanto tempo!”. Ci saluta e se ne va… Secondo aneddoto: vi ricordate quando vi dicevo che stavamo in spiaggia fino al tramonto ed andavamo direttamente a cena? Ecco. Lasciamo la spiaggia che ancora ci interrogavamo su Shaido ed entriamo in un locale, una specie di fast food gestito da cingalesi o pakistani, non rammento bene. Eravamo gli unici presenti ed eravamo con i costumi e le magliette. Aria condizionata a palla! I pinguini stavano da dio. Noi un po’ meno. Avvolti negli umidi teli da mare iniziamo a trattare con i camerieri per far spegnere l’aria condizionata. “Non è possibile: l’avete pagata”. “Appunto: è nostra! La vogliamo spegnere”. “Ma non si può!” “Ci chiama il boss?”. Arriva il boss. “Vogliamo spegnere l’aria condizionata”. “Non è possibile: l’avete pagata”. “Appunto: è nostra! La vogliamo spegnere”. “Ma non si può!” Ve la faccio breve: siamo riusciti a farla diminuire ma non spegnere. Un freeeeeeddooooooo

9 agosto

Questo è il giorno della Road to Hana. Hana è un posto di fricchettoni a nord est di Maui. Per raggiungerla bisogna percorrere un centinaio di chilometri fatti di curve e tornanti, dicono almeno 600 curve. Da un lato una scogliera a strapiombo sul mare. Dall’altro la giungla equatoriale. Cascate, spiagge, villaggi di pescatori, negozietti, una miriade di diverse attrazioni costellano la strada per Hana.

Partiamo all’alba per tornare dopo il tramonto. Una giornata spettacolare, imperdibile.

Con la sorpresa finale delle pool, la foce di un fiume che si allarga in una serie di piscine naturali.

10 agosto

La mattina a Big Beach, la spiaggia più famosa di Maui, con la sua sabbia soffice.

Il pomeriggio gita nel nord di Maui con cena a Lahaina, cittadina famosa per le sue gallerie d’arte. Uno degli artisti più quotati era Christian Riese Lassen (sito qui), che dipinge i suoi quadri sfruttando il luminol, cosicchè variando l’illuminazione sugli stessi si possono apprezzare particolari effetti cromatici. Varie gallerie esponevano le sue opere, tra l’altro in vari formati. Dai piccoli a 400 dollari ai grandi a 1600 dollari.

Abbiamo anche conosciuto due italiani, i Bugagiar Twins (sito qui). Erano molti anni che si erano trasferiti lì ed ormai si consideravano affermati. Addirittura lavoravano solo cinque giorni su sette! Avevano una casa loro ed una barca con cui d’inverno andavano sulla Na Pali Coast, dove svernano le balene.

11 agosto – Kauai

Lasciamo Maui per Kauai. Prendiamo casa a Lihu’e e giriamo un po’ i dintorni.  

Kauai è la più selvaggia delle isole che giriamo. Le sue cittadine sono le più sonnolente e la natura è spettacolare ovunque ci si giri.

12 agosto

Ci addentriamo nel Waimea Canyon, percorrendone il bordo. La terra di kauai è incredibilmente rossa.

Il canyon procede a lungo verso l’interno arrivando a ridosso dei contrafforti della Na Pali Coast.

Dopo aver fatto qualche passeggiata nella giungla torniamo sulla costa nel Polihale State Park e… fatto sfogare il solito diluvio universale di passaggio: bagno!

Una lunga spiaggia bianca che si perde all’orizzonte… E che vuoi di più?!?

13 agosto

Vi sono piaciuti il Waimea Canyon e la Na Pali Coast da terra? E non volete vederli dall’elicottero?

Sei intrepidi avventurieri rischiano il collo ed il portafoglio per non perdersi questa avventura!

Sopra potete vedere la via percorsa il giorno prima in auto. Fa un certo effetto vederla dall’alto… Ma forse questo già l’ho detto?!?

Confessatelo: avete ancora quella sensazione di deja vù? Jurassic Park 2, quando il T-Rex insegue i protagonisti fin dentro la cascata!

Nella foto sopra siamo all’interno di uno dei canyon che da vita alla Na Pali Coast. Il simpatico pilota ha virato e cambiato quota all’improvviso per entrare nel canyon pieno di queste cascate filiformi. Belle, eh? Peccato che il mio stomaco abbia proseguito lungo la linea della costa… Che sensazione strana! Per fortuna che non soffro di nessun mal (d’aria, di macchina, ecc) per cui a parte la brutta sensazione non ho avuto alcuna conseguenza. Pomeriggio mare. Tutti a prendere il sole in spiaggia, foca monaca compresa.

Na Pali Coast dal catamarano! Non poteva mancare, no?

14 agosto

Avete un’altra sensazione di deja vù? Tranquilli, avete visto il faro (si chiama Kilauea Lighthouse) nel film Pearl Harbour. C’è una scena in cui lei, passeggiando sul faro, legge una lettera di lui che le racconta la guerra in Inghilterra.

Siamo a nord dell’isola di kauai. Nella zona del faro c’è una riserva naturale, santuario di fregate ed albatros. Ma traaaaanquilli. Non manca un bagno! Haena Beach.

Lo volete fare strano? Il bagno intendo. C’è il Queen’s Bath

Con l’alta marea pesci e tartarughe entrano nel cratere e vi restano bloccati durante la bassa marea. Ma attenti. Il posto può essere molto pericoloso. Noi abbiamo giocato con le onde all’ingresso (vedete quel piccolo canyon) e ci siamo fatti poco male. Qualche taglietto e qualche contusione. Le onde sono forti. Ma c’è anche chi si è fatto molto male perché le onde possono essere violente ed improvvise e l’acqua, compressa nel bacino, può risalire di molto.

15 agosto

Brutto tempo. Il ciclone di cui parlavano i notiziari quando eravamo a Big Island ha raggiunto le Hawaii. E’ stato declassato a tempesta tropicale, ma il tempo è comunque brutto.

Un lava tube che si apre in mare diventa un blow hole. Praticamente ti fai la doccia al ritmo delle onde 😀 Niente, arriva la pioggia e ripieghiamo in un Wall Mart…

16 – 17 -18 agosto

Honolulu-Icheon-Zurich-Roma. Questo è quanto. Spero di essermi ricordato abbastanza cose da rendere utile, oltre che gradevole alla lettura, questo diario di viaggio.