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Un giorno da paziente

Eccomi quà. Reduce dalle sofferenze della mia prima colica renale. Mitica colica renale. Il commento unanime di chiunque abbia interpellato è stato: è il dolore più intenso dopo il parto. Ma io del parto dubito di poterne provare il dolore. Per cui è stata una bella sofferenza. E, passata la bufera, volevo riderne quì con voi.

Notte. Dormo beato nel mio lettone. Uhmmm… dormivo in effetti. Sono le 5 del mattino e mi sveglio con un dolore al basso ventre. Mah… sarà un problema gastrointestinale. Col mestiere che faccio spesso mi becco qualche acciacco che mi fa passare la notte in bianco e poi mi manda al lavoro senza scuse valide per mettermi in malattia.

Insomma inizio a cercare una posizione più comoda. Macchè! Nel letto un tormento. In piedi un tormento. Seduto un tormento. Butto giù anche un po’ di fermenti lattici. Dessero una mano al problema gastrointestinale? Probabile, se ne avessi avuto uno 🙂
Eh, si, perchè a poco a poco dentro di me si faceva strada l’idea che avessi una famosa – o famigerata, fate voi – colica renale.
Il dolore non era costante. Un paio di volte mi aveva fatto ben sperare diminuendo e facendomi intravedere la fine dell’agonia. Illuso, io…
Tra un tentativo di essere stoico ed una falsa illusione si fanno le 8 del mattino. E allora si scatena il colpo definitivo. Piegato in due sul divano decido che urge andare al pronto soccorso. Senza se e senza ma! In realtà alle 7,30 avevo inviato un sms alla mia dottoressa per chiederle se, prima di aprire l’ambulatorio, potesse passare da casa per visitarmi. Ma alle 8 ne mando un altro: vado al ps! E telefono ad un bravo vicino per implorare un passaggio al Sant’Eugenio.
Ovviamente nella vita bisogna essere fortunati ed il vicino è disponibile. Con un po’ di premura perchè in azienda arriva il capo di Milano e non può farmi compagnia in ospedale.
Poco male. Arranco nel Pronto Soccorso ed al triage mi assegnano un codice verde. Chiedo un antidolorifico. Mi rispondono di andare in sala d’attesa. Ci siamo io ed un ragazzo dell’est che si lamenta di non riuscire a respirare. Gentile. Io sono piegato dal dolore e lui, di sua iniziativa, mi va a prendere una bottiglietta d’acqua.
Il tempo passa, io mi alterno tra momenti di quasi quiete e picchi di dolore. Lui affanna seduto sulla sedia. Dopo si scoprirà che ha la polmonite.
Compare un altro signore. Pure lui dell’est. Io sono lì sofferente e lui, uscito dal pronto soccorso con tre impegnative, mi chiede il favore di aiutralo a prenotare le visite al RECUP. Sa, parlo male l’italiano. Lì per lì penso: ma è scemo?!? Non lo vede che stò male? Poi però il dolore era poco e penso che così magari mi distraggo e non sento nemmeno quel poco dolore.
Mi da il suo cel e chiamo il CUP. Spiego alla signorina la situazione (io: colica, pronto soccorso, niente antidolorifico. Lui: non parla bene l’italiano) e prenotiamo la prima visita. Nel mentre, subdolo, il dolore cresce di nuovo. Seconda impegnativa. Tra una frase e l’altra, sottovoce, faccio presente le mie pene. La signorina, dolce, mi fa: soffro per lei. Terza impegnativa. Colica lancinate. Verso la fine della telefonata non ce la faccio più. Rido il cel al signore e mi spezzo letteralmente in due: praticamente urlavo! Il tipo con la polmonite si alza e urla agli infermieri del triage: c’è quello che urla per il dolore, perchè non gli date un antidolorifico? Già, perchè mi chedevo anch’io… L’altro tizio, preso da furore mistico, inizia a ringraziare me e la signorina del RECUP: l’Italia è un paese fantastico, siete stupendi, altro che crisi. Botta assurda di colica: sono in lacrime! Mi alzo e mi trascino nella stanza del triage, poggio la fronte sul vetro della guardiola e intimo: voglio un buscopan. Senza scomporsi l’infermiera alza il telefono e chiama la dottoressa. La colica è peggiorata, sei libera? No? Che gli faccio? Un Toradol, va bene.
Puntura di Toradol e barella nel triage. Dopo un quarto d’ora il mondo riassume i suoi colori.
A metà mattina finalmente è il mio turno. Foglio in mano vado al pronto soccorso. Porta chiusa, citofono rotto. Per fortuna che il Toradol ormai ha fatto effetto, sennò avrei aspettato lì davanti accasciato lungo il muro.
Ad un certo punto qualcuno esce ed io mi infilo. La dottoressa assegnatami mi ordina un’ecografia. Ha bevuto? ‘nsomma. Beva finchè non le viene lo stimolo. Tiro giù quattro litri d’acqua. Si perchè tra lo stomaco e la vescica non ti regoli bene su quanto bere.
Nel frattempo arrivano i primi colleghi chiamati a conforto. Tutti a supportarmi mentre mi scolo bottigliette d’acqua una sull’altra.

Faccio l’ecografia e poi, prelevato pure il sangue, mi mettono parcheggiato su una barella. Vi dirò: rilassante. Il tempo passa, tu non fai assolutamente nulla e va bene così: sei un paziente! Nel mio caso dopato di antidolorifico 🙂
E’ ora di pappa però: Lucciola? Minestrina, purè e ben due omogeneizzati al posto della frutta. Vada per il purè, il resto lo lascio.


Alla fine sono le 15 passate e vengo dimesso. Anzi, non del tutto: torni domani mattina per la consuleza urologica. E torniamo domani mattina…

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